ANTELLA (BAGNO A RIPOLI) – È tornato a casa nel pomeriggio il ventitreenne dell'Antella che è stato ricoverato nei giorni scorsi, per meningite C, all'ospedale Santa Maria Annunziata di Ponte a Niccheri.
È ancora debole, come lo si può essere in ogni convalescenza, ma i suoi genitori lo hanno guardato con la gioia negli occhi mangiare da solo, alzarsi dal letto.
Parlano di un miracolo avvenuto davanti a loro: “Possiamo dire che la meningite la si può vincere, ma tanto è merito del vaccino che nostro figlio aveva fatto otto anni fa e molto è merito anche degli ottimi medici che lo hanno seguito”.
Il padre del ragazzo chiede di non scrivere i loro nomi, ma vuole ringraziare i medici e gli infermieri del pronto soccorso e quelli dei reparti che si sono presi cura del figlio: “Sono stati professionali, ci hanno dimostrato vicinanza e in quei momenti, quando ti casca il mondo addosso, quando cambi atteggiamento anche verso la tua religione, è importante avere accanto persone così”.
Tutto ha avuto inizio un sabato sera, la malattia arriva all'improvviso, nausea e febbre alta, tutti pensano a un'influenza, lo pensano il ragazzo e i suoi genitori, ma anche la guardia medica chiamata alle 5 del mattino e lo sospetta il medico del 118.
Ma le medicine per calmare febbre e urti di vomito non bastano. La mattina di domenica 31 gennaio la famiglia è costretta a chiamare l'ambulanza per andare al pronto soccorso: “Per fortuna abitiamo a un chilometro dall'ospedale, se fossimo stati più lontani non so come sarebbe andata a finire”, racconta il padre con il pensiero a quei momenti con il cuore in gola.
Perché in quei pochi minuti dall'arrivo dell'ambulanza il ragazzo perde i sensi, il battito si fa debole, sono pochi istanti, al pronto soccorso subito fanno la Tac, gli danno gli antibiotici. “Sono stati encomiabili”, ripete il padre. La diagnosi è di quelle che atterriscono: infezione da meningococco di tipo C, il batterio più aggressivo.
Serve il coma farmacologico, il paziente reagisce bene alle cure dopo soli due giorni, “nulla di questo era prevedibile”.
E il reparto di terapia intensiva festeggia insieme alla famiglia: “La soddisfazione è stata grande per tutti – racconta il padre – non sono riuscito però ad andare subito a vederlo, prima è accorsa da lui sua madre”.
E alla mamma il ragazzo appena ripresa la lucidità: “Era meglio se facevo il richiamo”, ha detto. Perché quando aveva quindici anni e studiava al tecnico turistico il ragazzo di sua iniziativa decise di farsi il vaccino contro la meningite.
“C'era stato qualche caso allora, ma sporadico – racconta la famiglia – pensò comunque che fosse meglio vaccinarsi anche per i viaggi e le attività che avrebbe fatto con il suo indirizzo di studi”.
Quella sua intuizione potrebbe averlo salvato, perché, dicono i medici, aver avuto gli anticorpi per affrontare l'infezione l'ha sicuramente aiutato e portato verso la guarigione.
“Il messaggio che deve arrivare a tutti è che il vaccino serve – conclude il padre del ragazzo – è necessario che tutti facciano la vaccinazione. E forse un ragionamento va fatto anche sul richiamo”.
di Lisa Baracchi
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