TAVARNELLE – 118 giorni. E 2723 chilometri a piedi. Si conclude così il pellegrinaggio da piazza Matteotti alla meta sacra di una giovane coppia di tavarnellini.
Il coraggio di mettersi alla prova in una vera e propria impresa. La soddisfazione di aver ottenuto il risultato prefisso. E la dimostrazione che, con impegno e determinazione, anche il sogno più surreale può avverarsi.
Queste le sensazioni che la straordinaria esperienza di Chiara Corti e Marco Frosali, ormai in direzione Chianti, trasmette. Raggiunto e addirittura oltrepassato il capolinea, i ragazzi si sono proprio superati.
Forse ancora non realizzano l’eccezionalità di quanto hanno compiuto. Ma, se sul pullman di ritorno avranno occasione di fare un tuffo con la memoria negli ultimi quattro mesi, a casa se ne renderanno certo conto.
Mentre si riposano (meritatamente) nel paese di Finisterre, tra una cartolina e l’altra ci chiamano per l’ultima volta… dalla Spagna. E a caldo tirano le fila del percorso fatto a livello non solo fisico, ma anche interiore.
“Avendo allungato il passo – iniziano Chiara e Marco – domenica 25 settembre abbiamo varcato l’ingresso di Santiago. Più che l’arrivo in sé è stata emozionante l’attesa dei giorni precedenti. Ormai avevamo toccato il traguardo”.
“Vivace il centro storico – dicono – accoglie moltissimi pellegrini. Bello ritrovare nella piazza della cattedrale le persone incontrate durante il cammino. Abbiamo partecipato alla messa del pellegrino a mezzogiorno e visitato la cripta di San Giacomo”.
"Abbiamo conosciuto un empolese che sta per trasferirsi a Firenze – proseguono – Rimasto colpito dalla nostra avventura, ci ha invitato a scrivere un libro. Prendendolo come uno spunto da cogliere, rimarremo senza dubbio in contatto”.
“Dopo un giorno di riposo – raccontano – abbiamo camminato per altri tre giorni. All’inizio pensavamo che quella fosse una cosa in più. Ma poi è stato fantastico scollinare e scorgere l’oceano”.
“Seguendo il sole – spiegano – per quasi tutto il viaggio ci siamo diretti verso ovest. Da Cabo Finisterre non si può andare più ad occidente. Nel Medioevo, quando ancora non era stata scoperta l’America, questa era considerata la fine del mondo”.
“Arrivati al faro – dicono ancora – abbiamo guardato il tramonto. Realizzando che da lì ogni passo sarebbe stato verso casa. E’ stato il giro di boa. Ora cominciamo a muoverci con i mezzi. Ci impiegheremo una ventina di giorni”.
“Cerco di godermi la fine di questa esperienza e metabolizzare quello che è accaduto – è Chiara a parlare – Con la consapevolezza che, una volta a Tavarnelle, dovrò pensare al futuro. Mi sono fatta qualche idea, ma niente di certo”.
“Il pellegrinaggio mi ha insegnato tanto – aggiunge – In primis il fatto che si può vivere con poco: il necessario sta dentro ad uno zaino. Mi ha aiutato ad acquisire fiducia nelle persone o al contrario a volte a prenderne le distanze”.
“Adesso penso solo a tornare – interviene Marco – In questi mesi ho capito quali sono i miei limiti. Rispetto alla vita normale penso più lentamente. Spero di portare nella quotidianità tutto ciò che ho imparato”.
di Noemi Bartalesi
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