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venerdì 26 Aprile 2024
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    Motociclista morto a Castellina: il ricordo degli amici della squadra di calcio

    Nicola Mencarelli, 32 anni, giocava nella squadra senese del Vico Alto. Era il portiere: "Giovedì festeggiavi con noi"

    CASTELLINA IN CHIANTI – Non aveva ancora compiuto 32 anni Nicola Mencarelli, il motociclista di Siena che domenica 19 febbraio, alla guida della sua Ducati 998, è morto sul colpo dopo lo scontro con la Mercedes Classe A guidata da un 19enne, sulla SR429.

     

    Saranno le indagini a cercare di definire al meglio la dinamica dello scontro avvenuto in località Pestello, lungo quella strada panoramica che degrada giù verso Poggibonsi. Già luogo in passato di numerosi incidenti. Anche mortali.

     

    Di sicuro è che in quella domenica maledetta il destino di due giovani si è drammaticamente incontrato lungo quel nastro d'asfalto. Che è diventato una "sliding door" terribile per Nicola.

     

    Senese, Nicola Mencarelli giocava nella squadra del Vico Alto. Era il portiere: e i suoi compagni lo hanno ricordato con questo commovente ricordo postato su Facebook. Ve lo proponiamo qui sotto.

     

    Era soltanto giovedì sera. E dopo l’ennesima vittoria sofferta, in pieno stile Vico Alto, era entrato negli spogliatoi festante, intonando lui per primo i cori di giubilo per il sorpasso in classifica a lungo rincorso.

     

    Nicola aveva il classico carattere da portiere. Un po’ matto, forse, eppure capace di tirar fuori all’improvviso un guizzo inaspettato.

     

    In questi tre anni nei quali ha giocato con noi, se c’è una cosa che abbiamo capito di lui, è che Nicola aveva un cuore grande. Così grande che a volte in campo esagerava con gli atteggiamenti.

     

    Tante volte abbiamo discusso, litigato, sbraitato. Anche aspramente. Negarlo, adesso, sarebbe una mancanza di rispetto. Eppure a Nicola abbiamo sempre voluto bene, cercando in ogni situazione di aiutarlo e di supportarlo.

     

    Un vero e proprio lavoro di squadra che stava cominciando a dare i suoi frutti, anche grazie a lui e ai suoi sforzi.

     

    Nicola giovedì sera ha salvato il risultato parando con il piede un tiro insidioso a incrociare. Quello stesso piede con cui cambiava le marce della sua Ducati, un’altra delle sue passioni assieme al calcio e alla Roma.

     

    Ecco, la Roma. La viveva in maniera viscerale, alla sua maniera. Spesso, nelle tante cene post-partita che si prolungavano fino a tardi (nonostante ognuno di noi dovesse alzarsi presto al mattino), ne discutevamo.

     

    Ognuno schierato nel suo avamposto di tifoso incallito. Gli interisti della squadra, ma anche gli juventini e i milanisti, lo prendevano in giro dandogli del laziale. Una volta a Natale, per scherzo, avremmo voluto regalargli delle mutande biancocelesti. Non abbiamo avuto il coraggio di farlo. Chissà che fine avrebbero fatto. Chissà che fine avremmo fatto noi dopo avergliele consegnate.

     

    E chissà dove sei adesso, Nico. In momenti come questi si rimane sconvolti, senza parole. E sembra che ogni parola sia inutile e banale, persino cinica e irrispettosa. Sembra quasi che ogni cosa perda di significato e che l’unica azione da mettere in atto sia quella di chiudersi nel proprio silenzio.

     

    A volte, però, le parole possono servire a lenire il dolore. Non a cancellarlo, ma almeno a farci forza. Te ne sei andato in un attimo, poche ore dopo aver giocato quella che nessuno sapeva essere l’ultima tua partita con la maglia del Vico Alto.

     

    Eri il nostro portiere. Non certo Buffon, e neanche Szczesny. Così come noi non eravamo e mai saremo Bonucci o Manolas. Eppure ci volevamo bene, insieme scendevamo in campo per superare le difficoltà e sconfiggere ogni avversario. Adesso, battere il dolore sembrerà impossibile.

     

    Ma dovremo provarci, Nico. Così come in campo provavamo a rialzare la testa, insieme, dopo ogni gol preso. Ci arrabbiavamo, imprecavamo, ma sempre con l’obiettivo di tornare all’attacco.

     

    E tu col tuo vocione da dietro ci richiamavi, ci incitavi, ci rompevi le scatole per farci sputare anche l’ultima goccia di anima. Era solo calcio amatoriale, eppure era una metafora della vita. Che ci impone di andare avanti, sempre.

     

    Anche in momenti come questo. Ci fermeremo a ricordarti, non proveremo neanche per un attimo a dimenticarti. Questa è la nostra promessa e il nostro grazie, sincero, per il pezzo di vita che abbiamo trascorso insieme.

     

    Ciao Portierone, e sempre Forza Vico Alto

    di Matteo Pucci

    © RIPRODUZIONE RISERVATA

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