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venerdì 29 Marzo 2024
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    “ChiantiBanca, preoccupati per la direzione presa”: 16 soci scrivono al presidente

    "Nessun trasparenza, dipendenti usati come capri espiatori, gestione per agevolare interessi di parte"

    SAN CASCIANO – Sulla scelta della holding si sta preparando, in ChiantiBanca, una sorta di sfida finale.

     

    Nei giorni scorsi il ricorso firmato da nove soci che chiedono al giudice di annullare la votazione sull'adesione a Cassa Centrale Banca (holding trentina) nell'assemblea del 14 maggio scorso.

     

    Oggi invece una lettera, firmata da sedici soci, rappresentativi delle varie aree di diffusione della banca, è stata indirizzata al presidente Cristiano Iacopozzi.

     

    Sono Alberto Bellini (San Casciano), Lidia Bellucci (Pistoia); Ferdinando Berti (San Casciano); Luciano Borri (San Casciano); Jacopo Borri (San Casciano); Gianluca Breghi (Siena); Vinicio Cacciatore (Empoli); Massimo Celandi rl STIRMAX (Prato); Elisabetta Cellai (Prato); Caterina Ciulli (San Casciano); Matteo Corradossi (Pistoia); Giordano Gambi (Pistoia); Luigi Giannini rl Artedili (Pistoia-Carmignano); Aldo Fagioli (Pistoia); Giulio Ghellini (Siena); Leonardo Zorzet (Firenze).

     

    Una lettera che esordisce esprimendo al presidente "la nostra preoccupazione sulla direzione che la “nostra” banca ha preso da quando Lei ne ha assunto la presidenza, dopo l’assemblea del 14 maggio scorso".

     

    "Nel suo programma – ricordano – aveva indicato come punto fondamentale la trasparenza. In questi quattro mesi, di trasparenza ce n’è stata ben poca, soprattutto nei confronti dei 26mila soci. Apprendiamo le notizie sulla “nostra” banca sopratutto dalla stampa o da voci di corridoio".

     

    "In questo modo – esemplificano – abbiamo appreso delle dimissioni di Giampiero Castaldi da consigliere, con motivazioni non comprensibili, in quanto se c’erano delle incompatibilità, sarebbe stato corretto, per rispetto dei soci e del regolamento elettorale, individuarle prima".

     

    # ARTICOLO / Consiglio di amministrazione di ChiantiBanca: si è dimesso Gian Pietro Castaldi

     

    "Abbiamo inoltre appreso dai giornali – proseguono – delle sanzioni a carico di alcuni dipendenti ed in particolare del licenziamento di due di questi. Decisione di estrema gravità e senza precedenti per la nostra banca cooperativa, dove i dipendenti dovrebbero essere difesi, piuttosto che usati come capro espiatorio per colpe di altri. Non è un caso che l’ispezione di Banca d’Italia abbia determinato le dimissioni del direttore generale Andrea Bianchi e degli amministratori che erano in carica nel 2015, in particolare dell’allora presidente Claudio Corsi e del vice presidente Stefano Mecocci, ora indagati dalla Procura di Firenze".

     

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    "Sempre dai giornali – continuano i 16 soci – abbiamo saputo che, adesso, la nostra banca nutre ancora perplessità sull’adesione al Gruppo Trentino. Ricordiamo perfettamente la chiara e dettagliata esposizione, nell’assemblea del 18 dicembre 2016, dei vantaggi e svantaggi della scelta al Gruppo Trentino, da parte dell’allora dg Andrea Bianchi, con la decisione finale presa  praticamente all’unanimità dei partecipanti (oltre 3.500 contro 4). Abbiamo altresì appreso che tale decisione è stata poi messa in atto con assenso altrettanto unanime del consiglio di amministrazione, inclusi i tre consiglieri che fanno adesso parte del Consiglio da lei presieduto. A seguito di quelle consapevoli decisioni, Cassa Centrale Banca ha sottoscritto un prestito a tassi vantaggiosi per ChiantiBanca e si sono costituiti i gruppi di lavoro per l’integrazione".

     

    # ARTICOLO / ChiantiBanca, nove soci presentano ricorso in merito all'assemblea di maggio

     

    "Nell’assemblea del maggio scorso – scrivono ancora rivolti al presidente Iacopozzi – lei aveva chiesto una “pausa di riflessione” per valutare, entro lo scorso mese di giugno, i rischi legali, finanziari, operativi e reputazionali di un eventuale cambiamento di indirizzo. Sono passati tre mesi dalla scadenza, e vogliamo sperare che la decisione sia coerente con quanto espresso dall’assemblea straordinaria dei soci del dicembre 2016. Riteniamo che il ricorso recentemente presentato da nove soci, la maggior parte dei quali era peraltro presente nell’assemblea dello scorso anno, ed espresse voto favorevole alla proposta di aderire a Cassa Centrale Banca, sia pretestuoso, e irrilevante riguardo alla scelta fatta. Come possono 9 persone mettere in dubbio la presenza e il voto favorevole di migliaia di soci? In ogni caso, non possiamo pensare che la decisione venga presa se non al solo fine del bene della nostra banca, dei suoi soci e del territorio!".

     

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    "Del resto – evidenziano – un eventuale scelta verso “Roma” (Federcasse) favorirebbe sopratutto: le altre BCC toscane di federcasse, che avrebbero un concorrente in meno sul territorio; la Federazione delle BCC, che continuerebbe a beneficiare della cospicua quota associativa a loro favore (ca 500 mila euro/anno ?); alcuni ex amministratori, la cui difesa di fronte alla Procura e alla Banca d’Italia è stata assunta proprio dalla Federazione".

     

    "Non sarebbe tuttavia – tengono a specificare – una scelta oculata, attenta, scrupolosa, basata su elementi “imprenditoriali”, ma piuttosto basata su valutazioni esclusivamente politiche e/o di opportunità per gli stessi soggetti di sempre, ignorando completamente gli interessi legittimi dei dipendenti, delle comunità e del territorio. Noi vogliamo una banca forte, vicina ai bisogni dei soci, del tessuto economico, dei lavoratori, presente in Toscana all’interno di un gruppo solido ed efficiente come quello Trentino, col quale ChiantiBanca ha lavorato da anni e che quindi è ben conoscito, rispetto alla prospettiva di un ridimensionamento generale, anche di personale, oltre che ad eventuali consistenti penali per la disdetta di impegni già presi".

     

    "Abbiamo il ragionevole dubbio – accusano – che le scelte del consiglio di amministrazione siano influenzate più dalla salvaguardia di interessi di parte che di quelli della banca, delle quale  siamo orgogliosamente soci. Siamo rimasti sorpresi infatti che nel comunicato emesso dalla banca a seguito del ricorso presentato da qualche socio riguardo allo svolgimento dell’ultima assemblea, il Cda non sia entrato nel merito e non abbia chiarito le scelte pendenti da tempo, ma si sia limitato a chiarire che il ricorso non riguardava le poltrone del CdA stesso, che sarebbe rimasto in carica". 

     

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    "Inoltre – rimarcano – ci domandiamo come possa, Presidente, affermare che “l’Assemblea Straordinaria non serve a nulla”, come ha fatto in una recente intervista al Gazzettino del Chianti? Riteniamo che l’Assemblea dei Soci, come quella del Dicembre scorso, sia l’unica, legale e autentica occasione per i soci di incontrarsi, dibattere e decidere su questiomni così importanti per il futuro della nostra banca".

     

    "Non ci aspettiamo che lei si dimetta per un ricorso signor presidente – concludono – ma che insieme al consiglio gestisca ChiantiBanca nell’interesse generale, e non di alcune parti solamente, con trasparenza ed equità, soprattutto nei confronti dei dipendenti e dei soci".

    di Matteo Pucci

    © RIPRODUZIONE RISERVATA

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