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venerdì 29 Marzo 2024
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    Dal 1958 ad oggi: l’ultimo giorno di padre Sisto alla Certosa del Galluzzo

    E' sempre stato il "mago" nel restauro di libri (anche bruciati): maestro anche per stanti studenti

    CERTOSA (FIRENZE) – Dal 1958 padre Sisto oltre alla preghiera, ha dedicato gran parte del tempo al restauro dei libri nelle stanze della Certosa del Galluzzo.

     

    Anche per lui, come per gli altri monaci cistercensi che tantissimi hanno apprezzato in questi decenni, quello di giovedì 14 dicembre sarà l'ultimo giorno in questo luogo che ha fatto la storia.

     

     

    Lo incontrammo nel suo laboratorio circa un anno fa nel pieno della sua attività. Era lui infatti il "mago" dei restauri di libri e manoscritti. Un'opera instancabile, delicata e altamente professionalizzata.

     

    Padre Sisto è il nome da religioso, ma il suo nome di battesimo?

     

    "Vincenzo Giacomin, sono nato in provincia di Frosinone nel 1939".

     

    Quando è arrivato alla Certosa del Galluzzo?

     

    "Era il 1958. Qui ho frequentato il liceo, poi per ragioni di studio sono andato un po’ in giro per l’Italia, poi ho passato venti anni a Pavia per fare ritorno qui nel 1988 dove ho ripreso l’attività di restauro dei libri".

     

    Possiamo definirla un artigiano che cura antichi e preziosi libri?

     

    "Certo, l’unico macchinario che si trova qui sono le mani. Tra l’altro sono iscritto all’artigianato, altrimenti non potrei lavorare".

     

    Come concilia la vita religiosa con il lavoro?

     

    "Entro in laboratorio alle 8, controllo il lavoro degli stagisti, sono studenti che hanno fatto l’Università dei beni culturali con indirizzo restauro della carta, gli insegno come si lavora e come si interviene sulla carta".

     

    Ha mai fatto un conto su quanti libri, manoscritti, ha lavorato?

     

    "Dal ’69 a oggi è impossibile avere il conto esatto".

     

    Un restauro dei più preziosi?

     

    "Ho messo le mani su dei documenti più antichi d’Europa che vanno dal 70 avanti Cristo al 90 dopo Cristo tutti in pergamena.

     

    Abbiamo visto che è riuscito a dare nuova vita anche a libri andati a fuoco.

     

    "Certo, in un libro bruciato si riesce a recuperare tutto e ridare consistenza a ciò che è stato scritto. Ho lavorato anche su dei volumi bruciati alla Nazionale di Torino, come pergamene sottili come un velo di cipolla il cui calore le aveva accartocciate. Le ho portate a trazione e grandezza naturale senza perdere lo scritto".

     

    Ha restaurato anche libri dell’alluvione di Firenze?

     

    "No perché in quel periodo mi trovavo a Roma, però mi hanno chiamato per fare delle consulenze durante il recupero di alcuni volumi".

     

    Tra le sue tecniche, ci sono anche dei segreti?

     

    "No, non ci sono segreti. Se devo salvare un’opera si deve insegnare anche come si fa, lo dimostra il fatto che da me gli studenti vengono per imparare".

     

    La differenza tra i tipi di carta?

     

    "La prima carta fu fatta con gli stracci sfibrati e lavorati, da cui si ricavavano i fogli, poi arriva la carta “meccanica” fatta dagli alberi di pioppo e altri tipi di albero, per arrivare alla carta riciclata".

     

    La carta per i restauri più importanti si produce ancora oggi?

     

    "Sì, anche quella fatta con gli stracci. Oggi la carta per i restauri la prendiamo tutta dal Giappone, la maggior parte è fatta con delle piante particolari, simili alle nostre ginestre".

     

    Un lavoro il suo che non conosce la crisi.

     

    "No, non è vero. Purtroppo il lavoro non c’è più, mancano i fondi che lo Stato non elargisce più alla biblioteche dove ancora ci sarebbe da restaurare un immenso patrimonio".

     

    Lei è rimasto l’unico restauratore di libri antichi?

     

    "Ce ne sono altri, anche a Firenze ci sono dei bravi restauratori, forse però che riescono a restaurare libri bruciati sono il solo rimasto".

     

    Siamo tornati in questi ultimi giorni di dicembre a trovare padre Sisto, poco prima della sua partenza: ormai il laboratorio di restauro è vuoto. È stato trasferito tutto all’Abbazia di Casamari, in provincia di Frosinone.

     

    Padre, che dire, il nostro non vuole essere un addio ma un arrivederci…

     

    "Certo, d’altronde come si dice… morto un Papa se ne fa un altro”.

     

    Dopo tutti questi anni passati qui, un po’ di malinconia è comprensibile, padre Sisto ci fa capire che la commozione è tanta, ci ferma prendendoci le mani guardandoci fisso negli occhi.

     

    Comprendiamo, lo salutiamo così con un arrivederci, magari all’Abbazia di Casamari, nel suo nuovo laboratorio di restauro.

     

    Grazie padre Sisto della sua presenza silenziosa alla Certosa del Galluzzo, per il suo prezioso lavoro portato avanti con citazione da San Benedetto "ora et labora", prega e lavora.

    di Antonio Taddei

    © RIPRODUZIONE RISERVATA

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