SAN POLO (GREVE IN CHIANTI) – Ci sei ancora Daria. Ci sarai sempre. In quei tatuaggi sui polsi delle tue sorelle, Vania e Gaia. Segni sulla pelle di un affetto profondo, complice.
Negli occhi dei tuoi genitori, babbo Danilo e mamma Viviana, che in questi giorni terribili hanno versato lacrime che non credevano possibili.
Nel respiro della tua compagna. Nelle parole di Luca, Silvia e Walter. Datori di lavoro. Amici, compagni di vita.
Una vita la tua, cara Daria, che si è interrotta troppo, troppo presto. A soli 34 anni. Su quella strada che, ogni giorno, da San Polo ti portava a Grassina. Dove il tuo lavoro era parte di giornate sempre piene di tante cose.
Anche del calcio, del "pallone" come si dice. Passione vera, profonda. Lo hanno testimoniato anche le tue compagne di squadra al tuo funerale, lunedì scorso. Con una lettera piena di emozioni, di aneddoti, di vita vissuta assieme. Sul campo e fuori, nello spogliatoio e davanti a una pizza dopo l'allenamento.
Vogliono dire grazie i tuoi familiari. A tutti quanti gli sono stati e gli staranno vicini in questo momento in cui il buio sembra sempre più fitto. Impenetrabile.
A chi si è fatto vicino per un abbraccio, per una stretta di mano. A chi, centinaia e centinaia, è venuto a salutarti in un giorno di sole in cui brillava la tua maglia numero 4. E in cielo sono volati palloncini pieni di tante cose. Di pensieri. Di racconti. Di momenti.
In tanti, tantissimi, sono sicuri che tu c'eri. Che li abbia visti volare quei palloncini, che abbia consolato i tantissimi che non sono riusciti a trattenere le lacrime.
DARIA, VANIA, GAIA – Sorelle. Per sempre
"State vicini ai miei affetti – sembra quasi di sentirti dire – Hanno bisogno di forza, di coraggio, e di tanto amore. Da parte di tutti. Io farò sentire, per sempre, il mio".
Daria Nannelli aveva 34 anni. Venerdì 25 maggio ha impattato con la sua moto in un'auto lungo via di Tizzano, all'altezza di Poggio Casciano. E' la banalità del male che entra nelle nostre vite quotidiane. Con una durezza terribile.
Rimane solo l'amore. L'unica consolazione possibile per chi è costretto a lasciar andare pezzi di sé.
di Matteo Pucci
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