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giovedì 25 Aprile 2024
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    Coronavirus, un documentario racconta Firenze nel deserto della pandemia

    FIRENZE – La luce illumina strade vuote, le finestre di Ponte Vecchio sono sbarrate e gli Uffizi deserti. Il fiume Arno fa il suo corso, nonostante tutto, e lambisce le sponde di lungarni desolati.

     

    Una condizione inedita, inimmaginabile per una città che straborda di turisti giorno e notte, raccontata da un documentario nel cui titolo è racchiusa la speranza comune: “Resurrezione”.

     

    E’ questo il lavoro che il regista Marco Cervelli, con la casa di produzione Fair Play e in collaborazione con l’Istituto Lorenzo de’ Medici, ha realizzato per dare forma al profondo cambiamento che tutti stiamo affrontando inermi.

     

    Un documentario che scorre sulle note delle composizioni inedite di Pino Donaggio, accompagnato dalla voce profonda di Sebastiano Somma che propone un sonetto di Shakspeare sulla bellezza che resta viva e forte nei luoghi e nella gente.

     

    “Nessuno fino a poche settimane fa avrebbe potuto prevedere gli effetti della pandemia da Covid-19 sulla nostra vita sociale culturale politica ed economica – racconta il regista – I numerosi lutti che hanno coinvolto tante famiglie in Italia e all’estero ci hanno immobilizzato di fronte ai mass media che quotidianamente ci restituiscono immagini di dolore e silenzio quasi surreali. Il nostro lavoro nasce dall’esigenza di documentare quanto alcune delle nostre città più rappresentative appaiano vuote e tristi, specchio delle nostre emozioni e paure più profonde”.

     

    Una squadra di sei persone ha garantito un lavoro di regia di alto livello nonostante le difficoltà logistiche e la necessità di tutela della salute.

     

    Insieme a Firenze, Marco Cervelli ha raccontato anche Roma e Venezia, unendo tre città simbolo divise da un prima e dopo pandemia, con le persone che cantano, suonano e salutano dalle finestre e dai balconi per manifestare la loro presenza e sentirsi meno soli nella battaglia.

     

    “In questo equilibrio così precario tra vita e morte – conclude Cervelli – abbiamo scelto di dare e darci un messaggio di speranza legato al concetto di resurrezione, che in questi giorni non è soltanto un valore teologico, ma soprattutto l’esigenza di urlare a noi stessi e al mondo che noi siamo qui e ci saremo ancora sempre e comunque”.

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