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mercoledì 7 Giugno 2023
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    I campi scuola

    Sono in un terribile ritardo per la consegna e la pubblicazione di quest’articolo ma sono appena rientrato da un campo scuola che si è svolto durante tutto l’arco della settimana scorsa alla Badia di Montepiano.

     

    Come ogni anno in questo periodo le parrocchie sono impegnate con i Campi Scuola. Sono questi momenti importanti e divertenti per i ragazzi che hanno frequentato la comunità ecclesiale durante l’anno. Potremmo considerarli il punto di arrivo di un cammino e il punto di partenza per continuarlo l’anno successivo.

     

    Vorrei subito puntualizzare che non sono un “parcheggio estivo” dei propri figli quando chiudono le scuole ma un’esperienza formativa a tutto tondo. Il periodo in cui i ragazzi si allontanano dal loro ambiente diventa così un prezioso strumento di verifica di se stessi in un contesto diverso da quello a cui sono abituati. Si ritrovano con molti ragazzi e ragazze della loro età ma che spesso neppure conoscono con cui imparano a socializzare e a collaborare dal gioco ai vari servizi.

     

    Generalmente tutta la settimana ruota attorno a un tema che è sviluppato tramite scenette, giochi, riflessioni in modo da creare un clima divertente e allo stesso tempo formativo.

     

    Anche quest’anno mi sono aggregato alla Parrocchia di San Felice a Ema, dov’è parroco un mio carissimo amico, don Floriano Donatini che considero una specie di don Bosco del 2000 perchè è particolarmente capace nella pastorale dei giovani che riesce a coinvolgere e a travolgere con il suo entusiasmo e la sua fede.

     

    E’ bello, infatti, per me collaborare e condividere questo tipo di esperienza con lui: ci confrontiamo, ci aiutiamo, ci sosteniamo vicendevolmente vivendo proprio l’insegnamento della carità fraterna e della condivisione di Gesù. La sua è una parrocchia costruita intorno ai pilastri della condivisione e del senso di appartenenza alla comunità come lo dimostra la grandissima partecipazione e collaborazione da parte di tutti: si sentono parte di una grande famiglia!

     

    Questo spirito si respira chiaramente durante il campo. La grande generosità delle cuoche (sono state a dir poco eccezionali: hanno cucinato divinamente, mai lamentandosi per il troppo lavoro ma sempre con il sorriso tipico di chi sa donarsi agli altri), la bravura e l’entusiasmo degli educatori preparati e motivati era tangibile e i ragazzi ne hanno beneficiato vivendo un clima di grande serenità.

     

    E’ interessante, durante la settimana, osservare i ragazzi e cercare di capirli proprio per proporgli un percorso che sia anche personalizzato. Le loro storie, la loro esperienza di vita si riflette nel loro modo di interagire, di giocare. Essendo una scuola di vita, il campo diventa anche una cartina tornasole per mettersi alla prova.

     

    Un osservatore esterno al gruppo di gioco, come un sacerdote, un educatore attento, riesce a vedere in trasparenza buona parte del mondo interiore ed esteriore in cui vivono regolarmente questi ragazzi.

     

    Non sono osservazioni così tanto per fare ma sono necessarie per accompagnare la crescita di questi bambini o ragazzi verso l’età adulta. I campi possono anche diventare i “riti di passaggio” che la nostra società ha ormai eliminato ma che erano necessari per la crescita consapevole dell’individuo. Già in così pochi giorni si possono notare dei cambiamenti relazionali davvero interessanti.

     

    Giusto venerdì scorso ero seduto dopo cena insieme al mio amico don Floriano e guardavamo i ragazzi giocare tutti insieme davanti a noi senza nessuna programmazione da parte nostra. E’ bastata una canzone (che è diventata come il tormentone del campo) per vederli tutti insieme cantare a squarciagola uniti in un girotondo costruito in un unico abbraccio.

     

    Dalla percezione di essere entità singole si è passato a quella di squadra e da questa, sorpassando le rivalità e facendo presa sul senso di comunione fraterna si è arrivati a sentirsi parte di un gruppo unico allargato. Certo non sempre è possibile e si riesce ad avere questi risultati ma quando accadono ti riempiono il cuore. Il merito è sicuramente del clima fraterno, dalla perfetta armonia e intesa degli educatori e dal lavoro impagabile e instancabile di don Floriano.

     

    Il campo, scandito dai momenti di preghiera (in un contesto diverso da quello abituale), il gioco, il lavoro (le pulizie degli ambienti comuni, apparecchiare e sparecchiare), con persone che non si conosco, sono le dinamiche che permettono di imparare a conoscere l’altro, imparare a relazionarmi e così a rispettarlo, diventando una vera e propria scuola di vita. In questo impegno continuo, vengono a galla i propri limiti caratteriali, fisici, umani di ogni partecipante (educatori e direi anche preti compresi).

     

    Mettendosi in gioco, senza via di fuga (per i ragazzi attraverso i giochi e le attività proposte, per gli educatori per una crescita nel servizio), si apprende la capacità cristiana del donarsi gratuitamente e la ricerca costante di Dio nell’altro, verificando così la Sua presenza in tutti i momenti della giornata.

     

    Si comprende, così, come sono importanti questi campi scuola che purtroppo dai più vengono visti come l’ultima spiaggia dove sistemare i propri figli “parcheggiandoli in un’area protetta”. Sono dispiaciuto, infatti, della scarsissima risposta da parte della mia parrocchia alla proposta di quest’esperienza. Sicuramente sarà la crisi economica che si è abbattuta pesantemente sulla nostra zona ma credo molto dipenda dalla poca attenzione delle persone.

     

    Sabato 22 giugno, ad esempio, sono stato avvicinato da una mamma di bambini del catechismo che mi chiedeva se facevamo i campi: la mia risposta è che sarei partito proprio il giorno successivo. Forse non siamo stati bravi a comunicare questa opportunità ma bastava chiedere un po’ prima…

     

    Siamo così succubi della pubblicità martellante che dobbiamo amplificare il messaggio a mille per farlo entrare nelle teste delle persone? Capisco anche che va di moda il Last Minute ma così non è troppo?

    © RIPRODUZIONE RISERVATA

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