Avrei preferito e voluto scrivere un articolo sul Natale, sulle sue belle atmosfere, sulla gioia di celebrarlo e festeggiarlo ma proprio non ci riesco. Perdonatemi! Mi metto in coda a tutti quelli che parlano di problemi e di crisi. Non posso rimanere indifferente a quello che sembra essere solo l’inizio della grande protesta di un popolo oramai esasperato, illuso e stufo.
Sono seriamente preoccupato di fronte alle immagini delle proteste che si allargano a macchia d’olio in tutto il Paese.
Sono turbato perchè sono il sintomo inequivocabile dello stato “precario” e dell’esasperazione in cui moltissimi italiani si ritrovano a causa del vortice di una crisi che imperversa e che ha spazzato via lavoro, imprese, futuro, speranze a moltissimi.
Fa ridere il “politico di turno” quando, davanti ai microfoni, chiede agli italiani di fare dei sacrifici per una fantomatica ripresa che di anno in anno si rimanda: sembrano i “buffoni” che cercano di ironizzare e strappare un sorriso con gesti e parole che grottescamente mimano la realtà.
Gli italiani hanno già fatto tanti sacrifici, cari miei, stipulando mutui di 40 anni per comprarsi una casa che voi tassate all’inverosimile, li hanno fatti per far studiare i figli e fargli laureare (per poi avere la vaga speranza di lavorare in quei posti presi dai vostri figli e dagli amici degli amici).
Quante volte ancora dovrò raccogliere l’amarezza di tanta gente onesta che è stremata e vede i pochi risparmi accumulati in una vita sparire in tasse, prelevate anche sul conto corrente?
In questi giorni mi veniva in mente il raffronto con i tempi della nobiltà francese. Difficile non paragonare la casta politica con quella della nobiltà tramandata di padre in figlio con diritti e privilegi (guarda caso che i figli dei ministri hanno sempre lavori di prestigio con stipendi d’oro: sono tutti così meritevoli mentre tra il popolo ci sono solo bamboccioni?).
Abbiamo ricreato una corte che vive dissolutamente dietro a lussi e a frivolezze (non manca giorno di nuove indagini per appropriazioni indebite e rimborsi per spese folli). La recente protesta dei forconi sembra diventata la cosiddetta “guerra della farina” del 1775 in Francia, occasione in cui a Maria Antonietta, sembra falsamente, venne attribuita la famosa frase: “se – il popolo – non ha il pane, che mangino le brioches!”.
Non voglio credere che siamo ritornati a quei tempi. Eppure tutto sembra concorrere a ricrearli, anche se in modo diverso.
Studiavo all’università i testi della caduta della prima Repubblica a causa di Tangentopoli… è cambiato qualcosa? C’è chi si straccia le vesti per gli scioperi di questi giorni dicendo che sono inqualificabili… ma scioperare è un diritto o no?
E’ vero che in mezzo agli scioperanti pacifici si nascondono e si mischiano i soliti facinorosi che creano solo scontri e violenza, ma non si possono prendere ad esempio questi difronte a migliaia di persone che manifestano esercitando un loro diritto. Ho timore che però possano prendere il sopravvento sfruttando l’esasperazione di tanti.
Proprio ieri notavo, come sui portali d’informazione dei maggiori quotidiani nazionali, la notizia delle manifestazioni fossero passate in secondo piano rispetto alla nuova e più eclatante notizia dell’abolizione del finanziamento ai partiti… ma solo nel 2017!
Mi sembra che era già stato fatto un referendum popolare con cui gli italiani avevano già sancito la volontà di tale abolizione. Evidentemente la sovranità popolare si tira in ballo solo quando c’è da difendere la poltrona conquistata in parlamento o in senato.
Non vorrei che questa notizia fosse solo un “fumogeno” per annebbiare lo sguardo dell’opinione pubblica dando il contentino del momento. Fumogeno che sembra funzionare, visto che c’è chi rilancia anticipandolo o usandolo come mezzo di scambio politico per far approvare altre riforme.
Come topi abbiamo smesso di seguire un “pifferaio magico” ed eccone spuntare altri che cercano di incantarci con altre melodie, purtroppo suonate sempre sulle stesse note.
Perdonatemi se sono così cupo, polemico e pessimista, ma troppe persone ormai si rivolgono a noi per un pacco di viveri, per pagare la bolletta della luce e del gas. Ogni giorno aumentano e questo significa solo che siamo alla frutta e stiamo raschiando il barile.
Troppi figli di amici e conoscenti devono andare all’estero per lavorare, perchè dove erano impiegati hanno chiuso. Troppe aziende falliscono perchè anche lo Stato non paga più.
Il Papa ha giustamente fatto osservare che la politica non si deve occupare della Banche ma dei poveri. Vorrei porre una domanda al politico “pifferai magico di turno”, la stessa che Giovanni Battista pone attraverso i suoi discepoli a Gesù nella liturgia della Parola di questa III Domenica di Avvento: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro? Gesù rispose: “Andate e riferite a Giovanni ciò che voi udite e vedete: i ciechi ricuperano la vista, gli storpi camminano, i lebbrosi sono guariti, i sordi riacquistano l’udito, i morti risuscitano, ai poveri è predicata la buona novella, e beato colui che non si scandalizza di me». (Mt 11, 3-6).
Ovviamente Gesù si riferiva ai miracoli, ai segni e alle parole che aveva fatto concretamente e che il profeta Isaia aveva preannunciato come gli eventi che attestavano la venuta del Messia e del Salvatore.
Sarebbe bello che anche la campagna elettorale non fosse sempre aperta e sempre basata su vane promesse ma sulla base di capacità e di risultati verificabili e tangibili.
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