Come purtroppo ormai sappiamo, la squadra di calcio che rappresentava l’Italia ai mondiali brasiliani di quest’anno, non ce l’ha fatta concludendo troppo presto la sua avventura carioca. Sui giornali e nelle trasmissioni televisive si sono sprecati fiumi di parole per spiegare, giustificare e condannare la squadra per la pessima figura fatta.
La cosa più triste, come sempre accade, è stato l’altalenante giudizio espresso: quando hanno vinto contro l’Inghilterra osannati e quando hanno perso contro l’Uruguay criticati aspramente.
Agghiaccianti sono stati i commenti con cui si paragonava la scarsa prestazione dei mondiali con la crisi economica del Paese.
Per mia fortuna ho vissuto tutto questo defilato per vari motivi: non sono un grande amante del calcio, che guardo distrattamente solo per i mondiali, e perchè in quelle settimane ero ai campi scuola con i ragazzi.
Proprio perchè non sono un amante del calcio non voglio propinarvi una riflessione tecnica della dèbâcle calcistica italiana (non ne ho le competenze ed è già stato scritto e detto di tutto) ma vorrei spostare l’attenzione su una questione che mi preme di più: possibile che in Italia si viva solo di calcio?
Possibile che non si riesca a spostare minimamente l’attenzione su altri sport in cui gli italiani sono delle eccellenze internazionali da anni?
Abbiamo trasformato in Dei questi calciatori a cui è concesso di tutto (e non mi riferisco solo a stipendi esagerati), che spesso però sanno primeggiare solo nel dare il cattivo esempio (ovviamente non sempre e non tutti).
Ho sentito bambini delle elementari parlare di loro, citando a memoria risultati e informazioni così dettagliati che sembravano tecnici adulti, gli stessi ragazzetti ai quali chiedi “chi è Garibaldi?” Lasciandoli impietriti con gli occhi sbarrati e attoniti mentre cercano nella loro memoria quando e dove abbia giocato questo calciatore dal nome strano…
Mi sono sentito dire, da chi non ha mai fatto sport ma ne parla molto, che non sono uno sportivo, perchè non capisco niente di calcio e non leggo la pagina sportiva… peccato che abbia sempre fatto molti sport di cui uno a livello agonistico con ottimi risultati e anche adesso, quando ho tempo per esempio amo sciare.
Lo sport e lo sportivo nell’immaginario collettivo è purtroppo, solo chi s’interessa di calcio e magari fa la partitina con gli amici al campetto dietro casa.
Comprendo che l’interesse mediatico è prevalentemente indirizzato dove c’è audience e quindi introiti pubblicitari ma vorrei che chi, come il servizio radiotelevisivo pubblico nazionale ponesse maggiore attenzione verso altri sport interessanti forse per pochi ma che sanno portare a casa molte medaglie internazionali con grandi sforzi personali (anche economici) degli atleti.
Anche il Coni dovrebbe investire di più negli sport “minori” (e uso questa parola solo nel senso di un minor numero di affezionati) nelle infrastrutture e nel fargli conoscere al grande pubblico.
Dovrebbe aiutare di più i tanti sportivi che invece di comportarsi come vittime viziate di un sistema (cfr. alcune dichiarazioni dei calciatori della nazionale dopo l’esclusione dagli ultimi mondiali), s’impegnano costantemente per ottenere sempre maggiori risultati.
Un esempio eclatante è quello a cui ho potuto assistere con i miei occhi mercoledì 19 marzo 2014 al Cimone quando ho incontrato Giuliano Razzoli che si allenava.
Era una calda giornata, alla fine (se non era già finita) della stagione della Coppa del Mondo di sci e questo giovane e brillante atleta era ancora sulle piste ad allenarsi. (Vedi il video qui).
Non è scappato in vacanza dopo la stagione ma era ancora ad allenarsi di buon mattino (io di solito, abituato a svegliarmi presto arrivo prima degli addetti degli impianti di risalita).
E’ arrivato molto presto insieme a suo padre e il suo allenatore. Si è preparato la pista, i paletti e si allenava come se la stagione stesse per iniziare.
E’ stato bello vederlo così vicino in azione su una pista piuttosto difficile (raggiunge in alcuni tratti oltre il 60% di pendenza) con una neve molto primaverile a casa del clima impazzito di quest’anno.
Un ragazzo semplice che ha vinto anche un oro olimpico che silenziosamente e senza grande clamore si allenava alacremente; un piccolo grande esempio di amore per il proprio sport, considerato principalmente una passione e non una macchina da spremere per fare soldi.
Il nostro “grazie”, quindi, va ai tanti sportivi che anche nell’anonimato e nell’ombra danno lustro alla nostra nazione con i tanti podi internazionali che costantemente conquistano, sperando che anche l’interesse mediatico e finanziario (necessario per le strutture e il regolare svolgimento di queste attività sportive) siano maggiormente indirizzati verso questi sport lasciando alle società calcistiche gli investimenti nel loro settore.
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