Non dovete preoccuparvi, non mi sono iscritto a un cineforum estivo e il caldo non mi ha dato alla testa creando in me una mania cinematografica ma semplicemente mi è capitato di vedere ultimamente anche questo film e di pensare immediatamente all’articolo di oggi.
Il film è un remake diretto da Adam Shankman del 2007 della pellicola “Grasso è bello” di John Waters e tratto dall’omonimo musical di Broadway in scena a New York dal 2002. Lo sfondo narrativo del film è il programma televisivo più seguito dai giovani, il Corny Collins Show.
Siamo negli anni ‘60 in America, in piena discriminazione razziale: al programma, infatti, partecipano solo ballerini bianchi e a quelli di colore è riservata una puntata, una volta al mese, chiamata “Il Negro Day”. Non voglio fare lo spoiler del film e quindi non vi racconto altro: per chi si fosse incuriosito consiglio di vedere il film se ancora non l’ha fatto (potrete divertitivi con un John Travolta ingrassato e nei panni di una donna davvero divertente e travolgente e una grandissima e bellissima Michelle Pfeiffer nel ruolo della cattiva di turno) oppure di leggersi la trama del film su qualche sito internet (come ad esempio qui).
Nel film ci sono i temi etici tipici dell’abbattimento delle barriere estetiche, raziali e generazionali che vengono demolite a poco a poco e quindi ricco di spunti di riflessione anche per il mondo di oggi che non è certo lontano, anche se ormai sono passati circa cinquant’anni, da quelle problematiche.
Nel film, in più momenti è tristemente evidente la divisione netta tra bianchi e neri tipica dell’epoca, come ad esempio quando nella scuola vengono fatti i provini per lo show e nella grande palestra ballano tutti gli studenti ma sono divisi da un cordone che crea due zone ben separate. In altri momenti si percepisce chiaramente che il clima sta cambiando ma, nonostante molti giovani abbiano già idealmente e in pratica abbondonato le differenze di colore, ci sono ancora forti resistenze da parte di molti per l’integrazione e l’uguaglianza.
Immediatamente mi sono visto ai giorni d’oggi in cui ancora, è forte per alcuni la difficoltà all’integrazione che vedono gli stranieri come diversi, come persone da rilegare oltre la “barriera”, mentre è, grazie a Dio, inevitabile una trasformazione della nostra società in multietnica e multirazziale.
Ho avuto come un sorriso strozzato misto a dolore per la rabbia che contraddistingue certe posizioni razziste e dall’altra una consapevolezza e la gioia che oggi come allora il processo d’integrazione e di uguaglianza è già iniziato e per fortuna non si può e non si deve fermare.
Da un lato, purtroppo l’uomo non sa imparare dalla propria storia, dai propri errori, dall’altro la giustizia e le cose buone hanno comunque il loro corso e anche se faticosamente approdano sempre alla meta. Ho così provato, durante la visione, sentimenti contrastanti: divertimento (il film è davvero spassoso grazie alle interpretazioni dei vari personaggi), amarezza (per questa segregazione forzata) e poi finalmente mi sono sentito sollevato per l’epilogo (forse scontato per un film) ma che mi ha mostrato un futuro di speranza.
Proprio in settimana leggevo un post su Facebook di una persona che al mercato paesano si era arrabbiata con una signora (mica tanto!!!) che dava “dello sporco negro” a uno dei tanti che passano per le strade offrendo la propria mercanzia. Sono sicuro che la Signora (“quella vera”… che è, tra le altre cose, attivamente impegnata in una missione in Tanzania e quindi molto coinvolta nella questione) l’avrà ripresa con forza e veemenza.
Ma mi domando? Ancora con questa storia d’intolleranza nel 2013? Molti si lamentano della loro insistenza ma questo può giustificare un’offesa grave e gratuita?
Subito la mente va sulle spiagge, dove in questo periodo si concentrano maggiormente gli ambulanti in cerca di maggiori vendite. Se anche ne passassero mille, se anche siamo stanchi, stressati dal lavoro e in cerca di relax, se non vogliamo comprare niente e non abbiamo bisogno di niente, cerchiamo almeno di rispondere con gentilezza e cortesia: un “no, grazie non ho bisogno di niente” detto con un sorriso, anche di fronte a proposte insistenti, guardando la persona in faccia, fa di noi semplicemente delle persone educate (cosa che dovrebbe essere scontata) e dà un minimo di dignità (che spesso è tolta loro dalle circostanze e dai tanti maleducati e razzisti) a questi nostri fratelli.
Uso il termine “fratelli” non a caso. Proprio il Vangelo, di qualche domenica fa, ci ricordava questa importante verità. Quando Gesù, sulla richiesta di alcuni discepoli insegna a pregare, inizia con la nota formula “Padre nostro”.
Se Dio è nostro Padre, cioè Padre del genere umano (perchè Gesù si rivolge a tutto il genere umano e non solo a un gruppo di credenti) vuol dire che noi tutti siamo fratelli (in Cristo), senza distinzione di razza, lingua, nazione, credo.
E’ allora proprio attraverso questo presupposto e con gli occhi di figli di Dio che devo guardare a queste persone come fratelli da amare e di cui avere grande rispetto.
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