Erano circa le 20.25 di mercoledì 13 marzo 2013 quando per la prima volta abbiamo visto e ascoltato il nuovo Papa Francesco.
E’ stato preceduto, circa un’ora prima dalla fumata bianca (intorno alle 19.10) e da alcuni minuti dalla consueta formula “Habemus Papam” seguita dal nome del cardinale che però ha disorientato tutti e ha lasciato una piazza ammutolita a chiedersi: “Chi è? Chi hanno detto che è Papa?”.
Nuovamente la Chiesa e lo Spirito ci hanno spiazzato. Un nome che non era tra i favoriti, tra quelli definiti dalla stampa di tutto il mondo tra i “papabili”, addirittura dato 1 a 41 dagli scommettitori ma vincente per lo Spirito Santo.
Vi confesso che anche io quando ho sentito il nome mi sono chiesto chi fosse, se avevo capito bene. Nell’intervallo tra l’annuncio e il suo arrivo ho cercato su internet ma soprattutto mi sono soffermato sul nome scelto: Francesco.
Un nome importante, che dopo le tante polemiche sulla Chiesa e tutti i suoi problemi, mi ha fatto balenare immediatamente alla mente la figura di San Francesco colta nel momento in cui, nel 1205, mentre pregava davanti al Crocifisso nella chiesa di San Damiano, si sente dire: "Francesco, va’ e ripara la mia casa che, come vedi, è tutta in rovina".
Ci sono tante Chiese, intese come edifici, ma quella da restaurare è la Chiesa costruita dalle “pietre vive”, come direbbe San Pietro indicando tutti i battezzati che insieme formano e costruiscono la Chiesa. Ci sarà da mostrare una Chiesa più umana, vicina alla gente che sappia riconciliare lo strappo avvenuto anche all’interno dei credenti che si sono allontanati per cercare la felicità attraverso la libertà effimera che il mondo gli pubblicizza ma che li ha resi schiavi delle sue continue illusioni.
"Camminare, edificare, confessare" i tre punti fondamentali sottolineati dallo stesso Pontefice durante la prima omelia celebrata nella Cappella Sistina il giorno dopo l’elezione davanti a tutti i Cardinali. L’omelia l’ha fatta, come si dice, a braccio ed è stata forte, vibrante appassionata ed è arrivata vera e diritta al cuore come nessun altro discorso scritto (per quanto studiato e preciso) possa mai fare.
Camminare alla presenza del Signore edificando le pietre vive sulla pietra angolare che è lo stesso Cristo attraverso la preghiera. Dirompente è stato il momento in cui in piazza San Pietro e in mondovisione ha chiesto la preghiera per il suo predecessore Benedetto XVI (mostrando non solo rispetto e continuità ma anche ringraziandolo così del grande lavoro svolto ma mai riconosciuto dai media e dalla gente).
Un Padre Nostro, un’Ave Maria e un Gloria al Padre: le preghiere dei semplici che ci pongono come figli di uno stesso Padre misericordioso che quindi ci rende tutti fratelli, amorevolmente custoditi dalla Madre di Dio e uniti nel riconoscere la Trinità come nostro Dio. Per chi crede nella potenza e nella forza della preghiera, quella che si è elevata è stata come un terremoto di una energia incredibile, con il suo epicentro in piazza San Pietro, che si è sentita, propagata e amplificata in tutto il mondo.
Questa la prima dimostrazione della grandezza di questo Papa: aver fatto pregare insieme unanimemente tutto il globo!
La seconda è stata senza dubbio la richiesta al popolo tutto di pregare perchè il Signore lo benedicesse prima che lui impartisse la benedizione a tutti. Un segno di grande di umiltà, come quello di inchinarsi nel riceverla, come hanno sottolineato i più ma che nasconde tantissimi e importantissimi significati.
Si è inchinato come uomo, vescovo di Roma tra i vescovi, davanti a Dio e al suo popolo: con questo semplice gesto ha riportato al senso vero la sacralità ormai distorta della figura del Sommo Pontefice. Nella società del rumore, delle chiacchiere, poi, come primo atto chiede il silenzio. Nella spiritualità cristiana il silenzio non è assenza di qualcosa, vuoto, ma ascolto della Parola di Dio, momento essenziale per l’azione dello Spirito Santo come ci insegna Sant’Ignazio di Loyola nei suoi esercizi spirituali.
Dopo la scelta del collegio cardinalizio, obbediente allo Spirito, l’investitura da parte di Dio invocato dal popolo che gli chiede un pastore e una guida per il cammino della propria comunità. Un cammino, che come sottolineerà più tardi "tra vescovo e popolo. Cammino di fratellanza, amore e fiducia tra noi. Preghiamo sempre per noi: l’uno per l’altro. Preghiamo per tutto il mondo, perchè ci sia una grande fratellanza. Vi auguro che questo cammino di Chiesa, che oggi incominciamo e nel quale mi aiuterà il mio Cardinale Vicario, qui presente, sia fruttuoso per l’evangelizzazione di questa città tanto bella!".
Un discorso di grande portata teologica nella sua espressione di umiltà. Non si è mai chiamato Pontefice, Papa ma Vescovo di Roma, vescovo tra i vescovi, esprimendo così la collegialità ma anche il perchè è Papa. Un uomo, quindi, frutto del Concilio che si china davanti al suo popolo che è chiamato a guidare nel servizio, che diventa coprotagonista, come assemblea, con il sacerdote e non semplice spettatore dei “sacri misteri”.
Il popolo è chiamato ad affiancare e aiutare il ministro come con Mosè mentre intercedeva per gli ebrei (11 E quando Mosè teneva le mani alzate, Israele vinceva; e quando le abbassava, vinceva Amalec. 12 Ma le mani di Mosè si facevano pesanti. Allora essi presero una pietra, gliela posero sotto ed egli si sedette; Aaronne e Cur gli tenevano le mani alzate, uno da una parte e l'altro dall'altra. Così le sue mani rimasero ferme fino al tramonto del sole. Es 17, 11-12).
Il mondo intero ha salutato Papa Francesco come il nuovo San Francesco evidenziando tutti quei segni che indicano la sua scelta di povertà. La croce di metallo e non d’oro, l’assenza della mozzetta e della stola, preferire una macchina berlina a quella papale, dimezzare la scorta, pagare il conto dell’albergo, e tutte le notizie di come viveva da Cardinale, che prendeva l’autobus o la metropolitana.
E’ vero: tutti hanno tirato un sospiro di sollievo: un Papa povero fra i poveri. Ma quest’analisi non è sufficiente, coglie solo un aspetto. Questo è una guida che ci sta indicando di nuotare contro corrente, contro il fiume in piena di ambizione e apparenza effimera del mondo: ci sta dando i segni di una scelta precisa; l’allontanamento dall’esteriorità per ritrovare il primato dell’interiorità. I segni “clericali” (importanti perchè significativi ma ormai divenuti di difficile lettura per la dilagante ignoranza religiosa) sono subordinati al segno più importante: Cristo crocifisso.
Se molti scuotono il capo davanti a una Chiesa, piegata dalla fragilità dei suoi membri (vescovi, preti, suore ma anche tutti i battezzati) o altri sono sconfortati dalla superficialità di un mondo, che appare ai loro occhi come amorale, nell’incontro con i Cardinali ci esorta e ci dice: "Non cediamo al pessimismo. Non passiamo a quell’amarezza che il diavolo ci porge ogni giorno, pensiamo alla certezza di Cristo".
Anche se avrei molto altro da dire, concludendo e prendendo spunto proprio sull’esortazione a non cedere al pessimismo, mi tolgo un sassolino dalla scarpa, sottolineando come ancora una volta la Chiesa guidata dallo Spirito Santo ha sbaragliato ogni previsione di chi, volendovi gettare fango, ha sempre parlato di una Chiesa ricca guidata da logiche mondane e di potere: i Cardinali hanno dimostrato di essere docili allo Spirito e di avere una libertà immensa dalle catene dai cui tutti pensavano fossero schiavi!
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