Il tempo vola e siamo già a Pasqua anche se guardando il meteo, con nevicate e temperature a picco, sembrerebbe più Natale.
Generalmente associamo a questa festività religiosa il caldo del sole primaverile e le prime gite fuoriporta del Lunedì dell’Angelo o di pasquetta, come lo si vuole chiamare. Si associano anche, a questi giorni così intensi, una serie di tradizioni e di riti che sono entrati a far parte del costume e anche del modo di dire. Una di queste, in particolare, è la “Visita alle Sette Chiese”.
Questa tradizione affonda le sue radici nell’idea che San Filippo Neri ebbe nel 1552, per contrapporre ai festeggiamenti del carnevale romano un pellegrinaggio a piedi per le sette chiese principali della città: le basiliche di San Pietro in Vaticano, San Paolo fuori le Mura, San Giovanni in Laterano, San Lorenzo, Santa Maria Maggiore, Santa Croce in Gerusalemme, San Sebastiano.
Il Santo unì la naturale propensione romana alla “scampagnata” a una meditazione sulla Passione rendendo la pratica un vero e proprio pellegrinaggio religioso dal carattere strettamente spirituale.
Gli annali narrano che ai tempi d’oro dell’Oratorio di San Filippo Neri, il numero dei pellegrini partecipanti giunse anche ad alcune migliaia di fedeli.
Nel tempo, quest’usanza si spostò dal giovedì grasso alla fine della Quaresima e diffondendosi anche fuori della città di Roma si unì a un’altra tradizione popolare, la cosiddetta visita dei “sepolcri”, cioè la venerazione del Santissimo Sacramento riposto nel tabernacolo all’Altare della Reposizione, dopo la Messa solenne in Coena Domini del Giovedì Santo.
Purtroppo con il tempo, erroneamente, questi altari vennero chiamati “Sepolcri” perchè venivano ritenuti, in maniera sbagliata, la Tomba di Cristo e questo appellativo improprio è arrivato fino a noi anche se la Congregazione per il Culto Divino, nel 1988 ha stabilito che: "il tabernacolo o custodia non deve avere la forma di un sepolcro. Si eviti il termine stesso di “sepolcro”: infatti, la cappella della reposizione viene allestita non per rappresentare “la sepoltura del Signore”, ma per custodire il pane eucaristico per la comunione, che verrà distribuita il venerdì nella passione del Signore".
Come molte delle tradizioni così antiche, anche questa ha perso, stemperato nei secoli, il senso profondo che l’animava, cioè il pellegrinaggio spirituale accompagnato dalla meditazione della passione di Cristo, lasciando spazio solo a una specie di turismo religioso per curiosare come è stato allestito il “sepolcro” – l’Altare della Reposizione – nelle altre chiese.
Il massimo della deformazione si raggiunge nei paesi dove non ci sono sette chiese vicine dove poter entrare così succede spesso di vedere fedeli che entrano ed escono dalla propria chiesa sette volte (senza magari avvicinarsi un istante all’Altare per un preghiera di adorazione silenziosa) oppure chi, nostalgicamente, ricorda i tempi in cui venivano allestiti diversi “sepolcri” ad esempio nei chiostri e in qualche cappella limitrofa per favorire tale pratica.
Sicuramente i primi colpevoli di queste deformazioni liturgiche-religiose sono proprio i preti più anziani e di qualche tempo fa che, svuotando la tradizione di ogni senso, hanno solo tenuto in piedi una pia pratica che però non serviva a niente.
Allo stesso modo i preti giovani, che si definiscono moderni, hanno la colpa di voler sempre spazzare via ogni tradizione in nome di una “purificazione cultuale” che banalizza la nostra storia ma che riduce tutto a un niente.
Ritengo che la via giusta, come spesso accade, sia la via di mezzo, in cui si tiene in piedi una tradizione (almeno dov’è possibile), cercando però di riportarla alla sua vera forma e contenuto educando le persone a vivere bene dei gesti, che fine a se stessi non servono, ma che devono orientare la nostra vita alla verità profonda che esprimono.
Se, quindi, sei impossibilitato a visitare più chiese, ti suggerisco di sostare pure nella tua. Mettiti in contemplazione silenziosa del mistero della passione di Cristo davanti all’Altare della Reposizione.
Vivi questo momento come un dono in cui riflettere sul dolore e la sofferenza della vita che però non si ferma qui ma indica la via verso la Resurrezione di Pasqua. Se, però, vivi in un grande centro urbano o in un paese ricco di chiese, fai pure il tuo giro.
Non fermarti a giudicare o ammirare gli addobbi degli Altari ma concentrati solo sulle tappe della passione, aiutato dalla lettura del Vangelo o di meditazioni sull’argomento. Svolgi il tuo pellegrinaggio spirituale attraverso i momenti salienti della passione perchè i tuoi passi verso il Calvario continuino fino alla Tomba spalancata e vuota che illumina la Pasqua di Resurrezione.
Auguro, così, a tutti i lettori di poter vivere intensamente questi giorni particolarmente intensi e importanti e di poter passare una buona Pasqua.
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