Nella fase storica in cui viviamo, tempi e stagioni sembrano alternarsi senza marcare le differenze e la velocità delle dinamiche personali non ci consente sovente di determinare i pensieri, articolare le riflessioni.
Che giunga una circostanza a richiederci spazio in noi stessi per rileggere le coordinate del vivere – personale e collettivo – è comunque un evento prezioso, a prescindere dall’identità che si possiede, di fede o laica.
Una circostanza che sia capace da un lato di farci aprire gli occhi su quanto ci circonda, dall’altra spalanchi prospettive, ci forzi ad alzare la testa per scorgere ciò che è più in là. Una circostanza che inaugura un tempo non del tutto condiviso, ma che può essere del convergere.
Ogni anno liturgico porta con sè una radice di primavera, resistente al gelo di ogni genere di inverno. Un passaggio del rifiorire che prelude ad una stagione di raccolta, il fiore che è anticipo del frutto.
Per scoprire questo tesoro racchiuso nel tempo, pure quello quotidiano ed ordinario della vita comune, tempo che non sembra mai aprirsi a cose nuove e significative, occorre un atteggiamento di ricerca, una sensazione di inquietudine che affini l’occhio per poterlo scorgere, la disposizione nella convinzione che si ha bisogno di qualcosa di diverso.
Perchè si faccia Pasqua ci vuole la coscienza del proprio limite e la percezione di quanto si può divenire.
Con il Mercoledì delle Ceneri inizia il cammino quaresimale che ci condurrà al Triduo pasquale memoria della Passione, Morte e Resurrezione del Signore Gesù Cristo.
Un segno di austerità, le ceneri come memoria della finitudine, si accompagna ad un invito ad accogliere una prospettiva di cambiamento nella fedeltà alla propria volontà di vivere, ed in pienezza; l’invito a convertirsi, a prendere coscienza del male che si vive, per credere alla buona notizia di un Dio che comprende l’umano e desidera comunicargli il suo amore.
Persa spesso nella impossibilità di viverla perchè non è un giorno festivo, questa ricorrenza è occasione di consapevolezza anche per coloro che non vivono la prospettiva della fede o quando questa è diversa da quella cristiana: l’avventura dell’interrogarsi produce i presupposti della libertà e la grande provocazione della Resurrezione resta un elemento di profonda dialettica.
Da un lato i credenti si ricordino quanto non sia facile entrare in una logica che contraddice la sicurezza forte dell’essere, la sua fine nel morire.
Dall’altro chi non crede è di fronte al problema del potere assoluto della morte ma può mettere nel conto quello altrettanto forte dell’amore.
Per i primi ed i secondi l’invito a contaminarsi in positivo con la forza di chi vive senza il conforto della speranza di quanto sarà; e con la certezza (certo non facile) che Dio non lascia l’umano nelle spire del nulla, quindi la tentazione dell’Ulteriore e la promessa di una accoglienza che sancirà la festa totale ed assoluta con tutte e tutti coloro che hanno tessuto le nostre esistenze, in quella meravigliosa reciprocità in cui siamo liberi e felici.
Buona Quaresima.
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