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venerdì 29 Marzo 2024
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    La terribile storia di Stefano, la straordinaria forza di un gruppo di amici

    Ci sono amicizie che nascono presto e durano, tanto. Dove i capelli che imbiancano portano con sé maree di ricordi. Se ne passa tante, belle e brutte, con le belle a far da padrone. E poi ci sono amicizie che gli eventi cercano di stritolare, quelle che se resistono, nessuno le ferma più. Resistere.

     

    È ciò che stanno cercando di fare Cipo e i suoi amici. Anche loro sono cresciuti insieme, a Grassina, bazzicando il circolo Acli e giocando per anni nell’Albor, storica formazione che in anni recenti ha virato sul calcio amatoriale. Cipo in realtà si chiama Stefano (nessuno sa bene il perché di un soprannome che sembra nato insieme a lui), e di tutte le squadre è sempre stato il portiere. Chi mastica calcio sa che in porta non ci va chiunque.

     

    All’uomo solo della squadra, quello che copre le spalle a tutti, i compagni riconoscono sempre un carisma particolare: "Da quando ce lo ricordiamo, è sempre stato un tipo misurato, fuori dai riflettori, che non aveva bisogno di strafare per farsi dar retta. E infatti alla fine abbiamo sempre girato tutti intorno a lui", raccontano gli amici intorno al tavolo del piccolo circolo Arci di Ponte a Niccheri.

     

    Cipo il riferimento del gruppo, e non solo. "Bello più degli altri, le ragazze lo hanno sempre notato".  Cipo che da sette anni vede la vita tramutata in incubo. Una sorella minacciata dall’epilessia, che per fortuna ha poi sconfitto. Poi, in due anni, la morte di entrambi i genitori. E nel mezzo, cinque anni fa, la scoperta di essere affetto da sclerosi multipla. La ragazza con cui conviveva se ne va, insieme ai loro progetti. E l’obiettivo diventa solo uno: curarsi.

     

    Nell’estate del 2011, anche grazie all’aiuto economico dei suoi amici storici, si sottopone a un delicato intervento di sblocco delle carotidi. Il risultato non è dei migliori: tre mesi dopo le condizioni peggiorano e lo costringono al ricovero in ospedale, dove passa tre giorni in coma. Al risveglio, il prezzo da pagare è alto: perde la memoria recente e la funzionalità della parte sinistra. Iniziano così lunghi periodi di riabilitazione al centro Don Gnocchi. E poi c’è la casa, tutta da rivedere: niente più scale da salire, Stefano può vivere solo al piano terra.

     

    "A quello ci abbiamo pensato noi – proseguono il racconto – dato che fra tutti abbiamo le maestranze necessarie: chi fa l’imbianchino, chi il muratore, chi l’elettricista, in poco tempo la casa è diventata più comoda per il nostro amico». Siamo all’oggi: la vita di Cipo è lontana anni luce dal campo dell’Albor. Per superare le giornate, serve aiuto:"«Ultimamente si è resa necessaria l’assistenza domiciliare, una signora presente ventiquattr’ore, perché non ce la fa a vivere da solo come prima".

     

    Un racconto che si fatica a immaginare. Ma piuttosto che trovare aggettivi, parlando con questi ragazzi si cercano soluzioni. Quelle, oggi sono necessarie per la sopravvivenza del loro compagno. Circondato, letteralmente, dall’affetto (anche la sorella, oggi sposata e con due figli, riesce a scendere da Fiesole per fargli visita tutti i giorni), quelli che mancano sono i mezzi economici per andare avanti.

     

    Assistenza domiciliare, fisioterapie, specialisti, passano tutti attraverso la pensione di invalidità che Stefano ha subito ottenuto, che però basta a malapena a coprirli. Per il resto, ci sono sorella e amici. Che, consci della difficoltà di chiedere soldi in un periodo come questo, lanciano un ragionevole appello: "Cipo ha bisogno di assistenza qualificata, prestata da persone con alta professionalità. Purtroppo, nessuno di noi è dottore, piuttosto che infermiere o fisioterapista. Ci chiediamo se ci sia qualcuno che si prende a cuore il caso e sia disposto a offrire un po’ del suo tempo, o perlomeno ad accettare di farsi pagare meno, per aiutarlo. Piuttosto che chiedere denaro, potrebbe essere una valida soluzione".

     

    Quindi facciamola girare, questa storia. Il Comune di Bagno a Ripoli ha iniziato in dicembre, premiando gli amici di Cipo per il loro impegno. Che deve essere riconosciuto, ma soprattutto pubblicizzato, non per farli belli ma per far sì che a loro si unisca sempre più gente. La salita è dura, ma se hai tante persone che ti spingono un giorno puoi trovarti in cima.

    di Leonardo Pasquinelli

    © RIPRODUZIONE RISERVATA

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