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lunedì 11 Agosto 2025
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    Castelnuovo Berardenga: “I ruderi della chiesa di San Vito, a ogni visita manca sempre qualcosa…”

    "Sempre più traballante la finestra superiore e il tetto, scomparsa la campana nel campanile a vela (si spera messa in sicurezza dalla proprietà)..."

    I ruderi della chiesa di San Vito.

    Rispetto a ogni visita precedente, manca sempre qualcosa: diventate macerie l’ingresso alla canonica (franata su se stessa) e le scale con la ringhiera che pare contorta da un gigante con una forza erculea.

    Sempre più traballante la finestra superiore e il tetto, scomparsa la campana nel campanile a vela (si spera messa in sicurezza dalla proprietà dopo essere stata avvertita che l’affusto di legno era marcio e decrepito).

    Ferita profonda per uno dei luoghi più rinomati e antichi della Berardenga: la muratura di San Vito, almeno fino al bellissimo arco ogivale del portale, è originale del Duecento e che il resto almeno fin sotto la finestrella, risale al Trecento

    Non sono molti gli edifici della Berardenga a poter contare su questa datazione e a essere documentati come edifici non cristiani, come dimostra la scoperta della stipe votiva di un tempio, risalente al I° sec. a. C.

    La proprietà non appartiene a una famiglia di coltivatori diretti ma alla San Felice S.P.A, ramificazione agricola delle assicurazioni germaniche “Allianz”, con bilanci discretamente euforici.

    Non navigando in mari tempestosi, una minima parte del profitto potrebbe essere usata per la ri-sistemzione del proprio patrimonio storico – edilizio, oppure, se proprio si volessero massimizzare i dividendi e dividere i calcinacci (pur essendo la proprietà soggetta alla cura del bene vincolato) “Se il bene è in pericolo o degrado, deve comunicarlo tempestivamente alla Soprintendenza competente (artt. 29 e 30 del Codice).

    Per far ciò esistono anche alcune agevolazioni, come l’accesso all’Art Bonus o la richiesta di contributi diretti a parziale copertura delle spese (art. 35 Codice dei Beni Culturali).

    Se da una parte un privato continua a non far nulla, dall’altra gli Enti preposti possono per legge ordinare lavori urgenti in caso di rischio per il bene.

    E se il proprietario non interviene, lo Stato può procedere d’ufficio con addebito delle spese (Art. 32). A tal proposito, giacché ci siamo, credo sia opportuno approfondire un aspetto.

    La norma dice, appunto, che: “Qualora il proprietario, possessore o detentore non esegua gli interventi richiesti per la conservazione del bene culturale, il Ministero può provvedervi direttamente” (Fonte: Le Nostre Orme Castelberardengo).

    “Può”, ma non “Deve” per cui cambia molto la percezione fra il dire e il fare, ma ciò che è certo è la nota stonata dello Stato che debba farsi carico dei calcinacci di un bene storico sempre mal curato e considerato da una società di capitali.

    Andrea Pagliantini

    ©RIPRODUZIONE RISERVATA

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