SAN CASCIANO – Trent’anni. Di Barberino Tavarnelle, lavora a San Casciano.
Ilaria Lorini da qualche settimana è la “Miglior Sommelier d’Italia 2025”, dopo aver trionfato nell’evento dell’AIS (Associazione Italia Sommelier) alla Stazione Leopolda di Firenze.
L’anno scorso, nel 2024, si era laureata “Miglior Sommelier della Toscana”: quest’anno è sbarcata… a livello nazionale.
Sorridente, trasmette la passione per la viticoltura e il suo prodotto simbolo in ogni parola.
La incontriamo nel nostro ufficio di redazione, nel centro storico di San Casciano: ed è una bella chiacchierata, piena di spunti e riflessioni.
Ilaria, partiamo dall’inizio: come si è avvicinata al mondo del vino?
“Mi sono laureata in Scienze Agrarie all’Università di Firenze. All’inizio del mio percorso universitario mi ero iscritta anche al corso per sommelier dell’AIS. Non bevevo vino, ma in compagnia qualche volta capitava: così ho deciso di approfondire un po’ la conoscenza. Mi sono iscritta a fine 2017, ho concluso tutti e tre i livelli, mi sono diplomata sommelier nel 2019”.
E dopo gli studi universitari?
“Finita l’Università mi sono iscritta a un marketing sul vino alla Scuola Sant’Anna di Pisa, finito nel 2021. Poi, per circa un anno e mezzo-due ho lavorato a Montalcino, dall’enologo Roberto Cipresso. Facevo avanti e indietro da Tavarnelle ogni giorno, era molto pesante: ho deciso di tornare a lavorare in zona. Sapevo che da Carus Vini (azienda agricola a Perseto, fra San Casciano e Mercatale, n.d.r.) stavano cercando: io ho sempre voluto lavorare in realtà piccole, dove conta molto ancora l’agricoltura. E ho iniziato a fare i concorsi di AIS…”.
Appunto: di che tipo di concorsi si tratta?
“Ce ne sono due tipi: territoriali, monotematici (solitamente organizzati dai Consorzi, in collaborazione con AIS, per la promozione del territorio e delle denominazioni); e quelli generali, come il miglior sommelier della Toscana o d’Italia. Il primo fu sul Rossese di Dolceacqua DOC: un paesino bellissimo, a dieci minuti dalla Francia, in Liguria. Ha iniziato subito a piacermi, e non solo per la gara: ti interessi di un vino, di un territorio, vai in giro, si sta insieme. C’è convivialità, confronto, arricchimento personale e professionale”.
E poi?
“Il concorso della Falanghina del Sannio, poi sono diventata miglior sommelier dell’Etna, … . E’ un modo di conoscere direttamente le cose, magari andando in cantine che aprono appositamente per quelle occasioni, degustando vini che non potresti permetterti. La gara rimane più sullo sfondo, dà quel qualcosa in più. Ci sono persone che ho conosciuto durante i concorsi che son diventate amiche: del resto, è un ambiente associativo”.
Ha notato se, soprattutto dopo la vittoria del titolo nazionale, è aumentata la sua visibilità?
“Un po’ di visibilità arriva, anche se dipende molto dalla strada che si vuol intraprendere. Ora, avendo vinto il titolo nazionale, forse cambieranno un po’ di cose”.
Dal suo osservatorio, sia lavorativo che di sommelier, come vede il momento del vino?
“Siamo davanti a uno scenario che ha tanti attori. La crisi economica, che ha colpito anche gli USA: in Chianti Classico ad esempio viviamo molto sulla fascia media dei turisti americani. Poi ci sono i cambiamenti dei trend dei giovani, che bevono vino in modo minore rispetto a quanto si faceva prima, forse anche per le regole del nuovo codice della strada. Ci sono i prezzi altissimi dei vini, soprattutto nei ristoranti. E poi tutti fanno vino, dando vita a un mercato molto saturo”.
In AIS peraltro adesso è diventata anche insegnante.
“Sì, abbiamo aperto un corso AIS a Scandicci che va benissimo: con Filippo Lazzerini e Maurizio Zanolla. Vivo a pieno l’associazione, al corso sono venuti tanti giovani. E ci fa piacere perché cerchiamo di portare aria di cambiamento e innovazione. Di far stare il mondo del vino al passo coi tempi”.
E se venisse riproposto il concorso per miglior sommelier del mondo…?
“Che devo dire, partecipare a quello… mi piacerebbe molto”.
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