SAN CASCIANO – Saliamo sull'auto di Luigi Calonaci, storico agricoltore sancascianese dell'azienda "La Costa", in un caldo pomeriggio d'estate.
Rimaniamo con lui quasi due ore, mentre ci porta in giro per gli appezzamenti di terreno fra il fondovalle della Pesa e la zona di Canciulle, per farci vedere che la lotta senza quartire che ogni giorno deve mettere in campo contro gli animali selvatici che gli devastano i raccolti (cinghiali, daini, caprioli in primis) lo sta vedendo soccombere.
"La presenza di ungulati – racconta – ormai fa paura. E, purtroppo, sono regolati anche male: il numero è diventato oggettivamente insopportabile. Non sono più selvatici, non avvertono il pericolo dell'uomo, stanno sempre fra i piedi anche a orari in cui prima si guardavano bene dall'uscire dalle loro tane".
Si arriva spesso all'esasperazione e, soprattutto, a costi aziendali che non si possono più sostenere: "Ho investito ben 25 giornate di manodopera per recintare i campi – ricorda amaramente Calonaci – Alle squadre dei cinghialai avevo chiesto una mano per mettere i paletti e i fili, ma hanno fatto troppe storie. Perché? Per una gestione egoistica del territorio".
Perché, sottolinea Calonaci (che oltre ad essere coltivatore è anche cacciatore, e certe dinamiche le conosce bene), "per quanto riguarda i cinghiali situazione è indicibile. Ormai sono stanziali, non fanno più il ciclo notturno. I caprioli? Sono un po' meno, ma non c'è da cantar vittoria".
Ci porta a vedere le coltivazioni di granturco con i fagioli rampicanti, i pescheti, i meleti, gli ortaggi. Con l'orgoglio di chi fa questo da una vita: "Purtroppo – conclude – per animali gestiti per il divertimento, siamo esasperati dal punto di vista imprenditoriale".
di Matteo Pucci
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