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venerdì 19 Aprile 2024
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    Dal capoluogo ai Falciani: dove l’acqua ha portato via davvero di tutto. Le immagini

    GREVE-IMPRUNETA – Siamo tornati nei posti dove l’acqua ha messo in ginocchio famiglie e artigiani: lungo la Greve, che con le varie esondazioni ha davvero travolto di tutto.

     

    Siamo ripartiti da Greve capoluogo, in via Cavalleggeri, dove lunedì 21 ottobre l’acqua del fiume fuoriuscita in alcuni punti ha raggiunto il metro e mezzo.

     

    Partiamo dalla sede della lavorazione delle carni dell’antica macelleria Falorni, in via Colognole. Possiamo fare una stima approssimativa dei danni che avete subito? "Purtroppo – ci dice Lorenzo Bencistà Falorni – siamo collocati nel posto peggiore di Greve in Chianti, con due affluenti che s’immettono nella Greve a poca distanza l’uno dall’altro".

     

    "Sicuramente dopo l’alluvione del ‘66 questa è stata la più paurosa – ammette – perché negli anni, sebbene in maniera minore, siamo rimasti alluvionati altre volte. Questa volta però, grazie agli operai che fin da subito hanno portato al piano superiore la merce, così come gli impiegati hanno provveduto a mettere in sicurezza i computer, possiamo dire che tutto sommato è andata bene. Pensavamo di dover chiudere per alcuni giorni, ma già stamani (martedì 22 ottobre, n.d.r.) alle otto è ricominciata a pieno l’attività".

     

    Il problema però è solo rimandato alla prossima “bomba” d’acqua? "Per quanto riguarda la nostra parte – risponde – stiamo facendo dei nuovi lavori con l’accortezza in casi estremi di riuscire a reggere perlomeno un metro d’acqua, ma se non si prende in considerazione di fare le fognature come si deve in via Cavalleggeri, la vedo dura".

     

    Oltre a questo stabilimento avete avuto altri danni? "L’acqua è entrata nel negozio di macelleria in piazza Matteotti, al museo del vino, nella cantina, ma altro danno è stata la rottura in vari posti della recinzione dove teniamo i maiali. E meno male che non sono scappati!".

     

    Anche nel vicino cantiere del Comune si lavora per ripulire la struttura dal fango e dal materiale rimasto inutilizzabile.

     

    Scendiamo lungo la Greve e andiamo a Gabbiano, in quella casa dove si è temuto il peggio per un bambino di sei mesi, la mamma e una parente messi in salvo dai vigili del fuoco (clicca qui per leggere l'articolo). Anche loro sono indaffarati.

     

    Dove avete passato la notte? "In un agriturismo poco distante da casa, sono stati molto gentili in Comune, il sindaco Massimiliano Pescini e tutti quelli che si sono prodigati per darci una mano, adesso stiamo cercando di ripulire la casa, anche se non sappiamo quando potremo di nuovo tornare ad abitarci".

     

    Lasciamo anche loro: passiamo dal Ferrone, dove c'è anche chi ha preparato una cassa da morto per il Consorzio di Bonifica (clicca qui per leggere l'articolo). L'ultima tappa la facciamo ai Falciani, andiamo a trovare un artigiano del cotto Pesci Giorgio e Figli.

     

    "Penso di essere uno dei più colpiti in questa zona – ci dice – dentro il laboratorio avevo un metro e quaranta di acqua, le attrezzature sono perse. Stamani, legato con una corda, mi sono calato sul greto del fiume Greve a riprendere i cocci. Non è neppure quantificabile il danno subito".

     

    Era successo in precedenza che il fiume facesse dei danni così consistenti? "E' dal ’98 che siamo qui, non avevo mai visto una cosa del genere, la forza dell’acqua ha sollevato orci di un peso incredibile andando così a sbattere gli uni contro gli altri oggetti, naturalmente danneggiandoli. Sono sincero, non so nemmeno se ci conviene ripartire, già il settore è in crisi, con che coraggio investo ancora del denaro?".

     

    "Mi è stato detto – dice amaramente – che il sindaco di Greve è andato personalmente a trovare le persone che hanno subito i danni, qui il sindaco di Impruneta non si è fatto vedere!".

     

    C’è qualcuno che le sta dando una mano? "Amici, fornaciai, persone che mi chiamano per sapere se ho bisogno di qualcosa, questo sì".

     

    Intanto si continua a tirare fuori dalla struttura carrette e secchi pieni di fango denso, appiccicoso, mentre pezzi di cotto che fino a ieri erano esposti in mostra, adesso hanno perso la loro identità, la loro bellezza che la mano sapiente dell’uomo aveva modellato. 

    di Antonio Taddei

    © RIPRODUZIONE RISERVATA

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