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mercoledì 11 Giugno 2025
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    Miti e leggende legate alla vita di San Galgano: oggi il Cavallo mescola le carte dell’affabulazione

    Quinta e ultima contrada che si "svela" nel percorso di avvicinamento al Carnevale Medievale Sancascianese di oggi pomeriggio: ecco come la racconta Andrea Paliotto

    SAN CASCIANO – Poche ore ormai alla sfida tra Gallo, Cavallo, Giglio, Leone e Torre nell’ambito della tredicesima edizione del Carnevale Medievale Sancascianese, in programma oggi, domenica 30 marzo nel centro del paese.

    Stanno per rivelarsi carri, temi, storie, drammi teatrali, danze e composizioni scenografiche, frutto dell’ingegno degli oltre 800 contradaioli e contradaiole di San Casciano coinvolti nella kermesse carnevalesca.

    Con l’incanto della parola e il senso innato dello stupore che sta per prendere forma in piazza della Repubblica, lungo le mura medievali (dalle ore 15) il Cavallo prova a ripetere il successo della scorsa edizione, custode orgoglioso della chiave della città.

    Fedele al proprio stile, la contrada bianconera sfodera la carta di un percorso spirituale senza tempo.

    Il capo contrada Andrea Paliotto ci spiega la costruzione drammaturgica della storia individuata, intrisa di atmosfere simboliche e riferimenti storici e culturali che rimandano alla figura di San Galgano.

    Quali espedienti narrativi utilizzate per raccontare la vita di San Galgano?

    “Iniziamo con un classico della cultura cortese nell’età feudale. Affidiamo il racconto di questa storia alla figura del menestrello, un cantastorie proveniente da Castiglione della Pescaia. Un personaggio che era rimasto colpito dalle vicende legate a San Galgano, tanto da aver composto ballate a lui dedicate e dal volerle portare in giro per la penisola. Ma prima di iniziare a viaggiare aveva deciso di visitare, e verificare con i propri occhi, il luogo dove Galgano trovò la sua ispirazione religiosa, sul colle di Montesiepi. E’ qui, in questo luogo evocativo, che il musico, sollecitato da un gruppo di giovani, dà inizio alla sua narrazione”.

    Realtà storica e finzione, come avete mescolato i due aspetti?

    “Quello che andiamo a mettere in scena non è il racconto tradizionale, cui certamente attingiamo come fonte di ispirazione, ma un racconto che in alcuni tratti si discosta dagli scritti della chiesa, aggiungendo un po’ di esoterismo e leggenda che, ancora oggi, circondano la figura di questo santo”.

    Può spiegare meglio?

    “L’impianto rappresentativo è fondato su alcuni frammenti della leggenda, ovvero la vita di Galgano prima dell’apparizione dell’arcangelo Michele e le vicende che accadono dopo la visione, quando egli decise di dedicarsi alla vita ascetica, trasformando il simbolo di guerra che era la sua spada in un simbolo di pace”.

    C’è un insegnamento, una morale dietro questa vostra interpretazione?

    “Il santo vuole indicarci che le cose possono cambiare, che i sentimenti di guerra possono mutare in una vita di pace e che ogni leggenda racchiude dentro di sé una parte di verità e un messaggio profondo che, guardando con attenzione, possiamo cogliere e custodire. La storia vuole sorprendere, trasmettere emozioni e far riflettere sulla forza del messaggio che ancora oggi questa leggenda ci trasmette: una scelta di vita orientata, senza indugi né pregiudizi, alla pace. Noi, come il santo, scegliamo la strada della Pace, un tema quanto mai attuale e che, nel difficile momento che stiamo vivendo, avvertiamo come una priorità assoluta”.

    ©RIPRODUZIONE RISERVATA

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