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venerdì 6 Giugno 2025
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    E’ stata insegnante per generazioni di tavarnellini: a 78 anni si è spenta Elisabetta Ciappi. Tanti i ricordi

    Autorevole e ferma sui propri principi, ma allo stesso tempo dolce ed affettuosa con i bambini. Attivissima nel sociale, la commozione di amiche ed ex colleghe

    BARBERINO TAVARNELLE – Venerdì 18 ottobre, all’età di 78 anni, se n’è andata Elisabetta Ciappi, lasciando un profondo dolore nelle varie generazioni di bambini che ha educato, nelle sue colleghe che le hanno voluto molto bene per la sua professionalità e schiettezza, oltre che nella sua famiglia e nelle sue amicizie.

    Ma ha lasciato anche tanti ricordi. Per i familiari e per chi ha avuto il privilegio di conoscerla rimarranno indelebili. Tanti insegnamenti che, seppur con grande umiltà, ha elargito. 

    Elisabetta non era originaria di Tavarnelle. Dopo vari trasferimenti legati al lavoro dei genitori, al tempo delle medie arrivò a Tavarnelle. Il babbo era direttore, la mamma impiegata all’ufficio postale.

    Dopo le magistrali, iniziò a svolgere quel lavoro che per lei è stato vita: l’insegnamento. Prima nella scuola dell’infanzia di Vico d’Elsa, poi di Sambuca ed infine di Tavarnelle, dove ha prestato servizio dal 1979 fino al pensionamento.

    Prima nella sede in viale Primo maggio, poi in quella di via Fontazzi, dove da qualche anno si trova la palestra Galletti. 

    Chi l’ha avuta come insegnante sa che Elisabetta era autorevole e ferma: non transigeva sui suoi principi e, quando c’era bisogno, brontolava. Ma allo stesso tempo era anche dolce ed affettuosa: i bambini la adoravano.

    Era anche molto attiva anche nel sociale: ha fatto la catechista, l’insegnante di italiano per stranieri alla Misericordia, volontariato presso la biblioteca della Coop, l’associazione “Ci Incontriamo”, l’Auser.

    In queste attività, che svolgeva con grande entusiasmo, metteva a disposizione il suo sapere e il suo saper fare.  

    Aveva tante passioni: dalla politica alla storia e alla pittura contemporanee, passando per la natura. A casa sua, dentro le mura della Pieve di San Pietro in Bossolo, dove ha vissuto con la sua amata famiglia – il marito Giovanni Baroncelli e i figli David, oggi sindaco di Barberino Tavarnelle, e Laura – aveva un meraviglioso giardino.

    Le piacevano tutte le piante, dalla borragine alle camelie. Ogni mattina, da quando era in pensione, le curava con amore, dopo l’immancabile cappuccino alla Rampa e la sosta all’edicola per comprare il giornale.

    BERTA STEFANINI

    “Conoscevo Elisabetta dal 1967 – inizia Berta Stefanini, vicina di casa e amica – Sono stata per 35 anni alla Pieve: eravamo l’una nella casa dell’altra. Nel giugno del 1976 venne lì con Giovanni, noi arrivammo a settembre”.

    “Era radicale nelle questioni – prosegue – proprio come dice il Vangelo di Mattero: “Il tuo parlare sia “Sì, sì”, “No, no”, poiché il di più viene dal maligno”. I “se” e i “ma” li considerava accomodamenti per non risolvere i problemi”.

    “Ha sempre privilegiato i fragili – aggiunge – coloro che non avevano gli strumenti per conoscere o che facevano fatica ad imparare”.

    “Lei e il marito Giovanni – ricorda attimi di vita condivisa – spesso scendevano dal primo piano e attraverso l’orto o le scale interne arrivavano nella cucina in cui parlavano per ore con Don Caldini: era un vivere insieme”.

    “D’estate si svegliava anche alle quattro – conclude Berta – Guardava l’alba e la fotografava col cellulare. Poi, quando mi incontrava, dato che io non sono mattiniera come lei, mi diceva: “Non sai cosa ti perdi!””. 

    Con il sindaco Luigi Biagi, foto del 1973

    ADRIANA TOZZETTI

    “Ho iniziato a lavorare con Elisabetta nel settembre del 1979, in via Primo maggio – a parlare ora è Adriana Tozzetti, non solo collega ma anche amica di Elisabetta – Abbiamo collaborato sia nelle attività didattiche che in quelle di programmazione”.

    “Mi sono sempre trovata bene con lei, persona sincera e determinata – dice Adriana, non senza lasciare trasparire la sua nostalgia – Voleva tanto bene ai bambini e dedicava loro molto tempo. Pensava sempre a loro, anche fuori dalla scuola”.

    IVANA MASCAGNI

    “Ho conosciuto Elisabetta – interviene adesso Ivana Mascagni, altra storica collega – quando, ottenuto il trasferimento da Poggibonsi, ho iniziato il mio servizio nella scuola dell’infanzia di Tavarnelle”.

    “Anche lei era nuova: proveniva dalla sede di Sambuca. Era il settembre del 1979: da quel giorno abbiamo lavorato insieme per 25 anni”.

    “Con Elisabetta, che amava profondamente questa professione – confessa – c’è stato fin dall’inizio un rapporto non solo lavorativo ma anche di sincera amicizia”.

    “Donna dal carattere forte e deciso, insegnante sempre preparata, per me è stata un appoggio, un punto di riferimento importante”.

    “Dopo che è andata in pensione – dice ancora – ho sentito molto la sua mancanza. Fortunatamente abbiamo continuato a sentirci e frequentarci”.

    “Con lei facevo lunghe chiacchierate – Ivana rivive quei momenti indimenticabili – Da persona colta com’era, parlare con lei era piacevole ed istruttivo”.

    ANNA SOCCI

    “Negli anni in cui ho lavorato con Elisabetta – la parola passa ad Anna Socci, cara amica, oltre che collega, che le è stata vicina fino all’ultimo – formavamo, insieme anche ad Adriana, Ivana e le altre colleghe, un team di sei insegnanti”.

    “Nessuno aveva una classe propria, tutti svolgevano una certa attività: linguistica, logica, pittorico-espressiva… . Io ed Elisabetta ci occupavamo di quella pittorico-espressiva”.

    “Lei era molto creativa, aveva un’innata dote artistica – prosegue – Una volta fece un quadro e me lo regalò: ce l’ho sempre, appeso in casa”.

    “Quando nel pomeriggio facevamo programmazione – ricorda Anna – il suo contributo era fondamentale per noi. Se doveva dire una cosa, la diceva, ma mai in modo offensivo. E poi non guardava mai l’orario, non aveva mai fretta se si trattava dei “suoi” bambini”.

    DONATELLA ZAZZERI

    “Elisabetta era una persona deliziosa – un’altra collega, Donatella Zazzeri, ci tiene a darle il suo saluto – di una disponibilità unica, specialmente con le più giovani: le prendeva sotto la propria ala. Negli anni in cui abbiamo lavorato insieme, mi ha trattata come una figlia”.

    “E’ stata la maestra delle maestre – si emoziona – Ci ha insegnato tante cose. Era molto competente, anche a livello sindacale. Leggeva tanto e si manteneva aggiornata”. 

    “Aveva le mani d’oro: tutto ciò che toccava diventava bello. In una delle mie prime supplenze realizzammo i cavallini di creta. I miei erano tutti senza gambe – sorride Donatella – i suoi sembravano veri”.

    MANOLA COCCHERI

    “Elisabetta era stra-ordinaria – anche Manola Coccheri ha imparato tanto da lei – Mi ha accompagnato nei primi passi del mio divenire un’insegnante, nel mio cercare la strada giusta per esserlo, per trovare l’equilibrio necessario tra la passione e la ragione, tra l’autorevolezza e la dolcezza”.

    “Mi ha insegnato a valorizzare l’unicità di quelle creature che si affacciano al loro processo di formazione, a considerare tutte le differenze come ricchezze preziose”.

    “Poi il nostro rapporto professionale si è interrotto – prosegue – le prime supplenze, i primi incarichi, finalmente una casa più o meno stabile per la mia passione, il mio mestiere di insegnante in scuole diverse dalla sua”.

    “Ma Elisabetta mi accompagnava. Emergeva in una frase, in un pensiero, proprio quando un ostacolo si palesava tra la mia esperienza e la realtà sempre mutevole dei bambini e delle bambine che chiedevano il mio aiuto per crescere, per non restare indietro”.

    “E lei non era mai indietro, sempre ad aggiornarsi, ad ascoltare, a leggere, a partecipare: seminari, fiere del libro, convegni. Instancabile, vorace di nuovo e di giusto”.

    “Era intransigente e duttile insieme – aggiunge – Gli incontri con lei fuori dalla scuola non erano mai banali. Il mondo entrava di prepotenza nelle discussioni quotidiane: l’indignazione per un’ingiustizia, l’invito ad una lotta, la soddisfazione per un successo, per qualcosa di buono che a volte, purtroppo poche volte accade nel mondo”.

    “Dire che già mi manca è la banalità necessaria per chiudere questo mio ricordo – conclude Manola, commuovendosi – E, mentre lo dico, la vedo scuotere la testa e sorridere, scontrosa e amabile”.

    ©RIPRODUZIONE RISERVATA

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