SAMBUCA (BARBERINO TAVARNELLE) – Che la pelletteria stia vivendo un momento molto difficile, in Toscana e non solo, è un dato di fatto ormai acclarato.
Ma che dopo poco più di quattro anni Furla, uno dei marchi più importanti, lasciasse il nuovo stabilimento della Sambuca, dove si è insediato nel maggio 2021, è una di quelle notizie a dir poco inattese. Che impattano profondamente su un intero territorio.
Al momento non ci sono comunicazioni ufficiali da parte dell’azienda, mentre i sindacati sono ancora al tavolo delle trattative.
E l’amministrazione comunale di Barberino Tavarnelle, che quello stabilimento lo ha autorizzato, osserva con preoccupazione.
Al centro di tutto, ovviamente, i dipendenti. In cassa integrazione (questa comunicata ufficialmente) dall’1 ottobre scorso.
Sono circa 100 quelli del polo sambuchino interessati dalla misura, che però non pare che porterà al mantenimento della sede nella zona industriale. Il cui futuro appare scritto.
Da settimane infatti alle rappresentanze interne e a quelle sindacali esterne, la situazione prospettata pare essere la seguente.
Una decina di lavoratori (peraltro in Furla, come in tutto il settore della pelletteria, è alta la percentuale di occupazione femminile) sarebbero destinati a una sede aziendale a Bologna.
Se non accettano, verranno inseriti nel percorso Naspi, indennità mensile di disoccupazione che dopo sei mesi inizia un percorso di riduzione progressivo, fino a esaurirsi in 24 mesi.
Dalle trattative pare sia inserito nel percorso Naspi anche un incentivo che aumenterebbe (di poco, si parla di 2-3mila euro in tutto) l’indennità mensile.
Chi è indirizzato a questo percorso quindi, ha un orizzonte di lavoro molto complicato, vista anche la lunghezza della trasferta.
Per la quale potrebbero essere previste anche alcune “agevolazioni”: come l’utilizzo di un mezzo aziendale, da prendere e restituire però nella futura sede, probabilmente Scandicci.
Per chi guadagna 1.400 euro al mese ad esempio, andare a lavorare ogni giorno dal Chianti a Bologna sarebbe un Everest insormontabile.
Altri dovrebbero essere ricollocati su destinazioni più vicine, fra Lastra a Signa (parte amministrativa) e Scandicci (parte produttiva).
Anche in questo caso per chi non dovesse o potesse accettare la ri-collocazione, dovrebbe essere attuato il percorso Naspi: che però avrebbe bisogno di “incastri” più complessi visto che si tratterebbe di sedi entro i 50 km da quella precedente. Raggio entro il quale la Naspi non viene garantita.
Insomma, una situazione molto, molto complicata. Per i lavoratori, in primis, che si apprestano a passare un Natale pieno di incertezze. E per i sindacati, chiamati a gestire una vertenza complessa.
E anche per chi, e in questo caso specifico l’amministrazione comunale di Barberino Tavarnelle, ha gestito un percorso urbanistico-autorizzativo per dare sviluppo al territorio.
E che, dopo pochi anni, rischia di ritrovarsi con un (grosso) guscio vuoto.
L’11 dicembre prossimo sarebbe in ponte un nuovo incontro sindacale, dopo il quale forse potrebbero uscire notizie ufficiali.
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