CASTELLINA IN CHIANTI – C’è un filo rosso, sottile e incredibile, che lega i ricordi e le storie di un piccolo paese del Chianti al grande palcoscenico del mondo.
Questo filo, a Castellina in Chianti, ha la forma di un telaio di bicicletta e la voce di Vinicio Rusci, classe 1935, custode di un’intera memoria che rischiava di svanire nel silenzio della sua stanza.
Vinicio, un uomo che ha vissuto la seconda guerra mondiale, speso la vita per la sua comunità, lavorando in Comune e fondando la casa del popolo, oggi, a più di 90 anni, la sua mente è lucida, e il suo cuore custodisce un desiderio che si è incredibilmente realizzato.
Ed è l’amico Giuliano Silei a coglierlo per primo, in un momento quasi rubato. Mentre scendeva le scale per andarsene, dopo una delle sue visite a casa di Vinicio e della signora Domenica, sentì la voce di Rusci che diceva: “Ricordati quelle bici, quelle bici…”.
Era una preghiera, un sogno affidato a un amico, che non voleva fosse dimenticato in un garage.
I garage di Vinicio non sono semplici depositi di cianfrusaglie, ma le stanze di un museo informale, un santuario della memoria collettiva del Chianti.
Ogni oggetto è una pagina di storia: i carri che hanno solcato le strade bianche, le bigonce che hanno raccolto l’uva di mille vendemmie, gli attrezzi in ferro che hanno plasmato la terra.
Il suo desiderio era puro, privo di vanità: voleva solo che quel tesoro fosse preservato. “Guarda,” diceva, “mi garberebbe questa roba andasse in un museo, non importa per forza a Castellina”.
Tra tutti quei reperti, quelli che più sono balzati all’occhio attento di Giuliano erano le biciclette, una vera passione per Vinicio. Pezzi unici, raccolti negli anni, ognuno con una propria anima, non voleva che venissero disperse, vendute come ferro vecchio e private del loro valore.
L’intuizione di Giuliano e dei familiari di Vinicio, tra cui il figlio Giancarlo (anche lui grande appassionato), è stata quella di guardare oltre i confini di Castellina, senza però andare troppo lontano.
Pensando alle biciclette, il collegamento con L’Eroica è stato immediato. Giancarlo Brocci, l’uomo che ha trasformato il ciclismo d’epoca in un fenomeno culturale mondiale, ha subito riconosciuto il valore di quei telai impolverati.
Le biciclette sono state prese in consegna, non più destinate a un futuro incerto, ma pronte a intraprendere nuove, imprevedibili strade che le hanno portate ben oltre le colline del Chianti.
Il primo viaggio: il Museo Brianza d’Epoca
La prima, concreta realizzazione del sogno ha le forme eleganti di una bicicletta francese, una Aiglon del 1920, un pezzo raro con il suo originale faro a carburo.
Questo gioiello è stato preso in custodia da una figura iconica de L’Eroica, Paolo Rinaldi, detto “Gino Eroico”.
Un personaggio che riconosci subito, sembra uscito da una foto d’epoca con i suoi baffi a manubrio.
Dopo un attento restauro, la bicicletta ha compiuto il suo viaggio verso nord, fino a raggiungere le sale del Museo Brianza d’Epoca dove è esposta con una targa che recita il nome del suo ultimo custode: Vinicio Rusci. Il suo desiderio si è avverato, inciso su una placca a centinaia di chilometri da casa.

Un pezzo di storia di Castellina in Chianti
Un’altra bicicletta di Vinicio racchiude in sé un pezzo di storia puramente castellinese.
Sul telaio porta un adesivo con la scritta “D.Masti”. Non un marchio di fabbrica, ma la firma di un personaggio leggendario del paese: un meccanico formidabile, capace di “accomodare tutto con un martello, un cacciavite e un paio di pinze”.
Masti era concessionario delle moto Motom, e quell’adesivo era il suo sigillo, un marchio di garanzia che applicava con orgoglio anche alle biciclette che passavano dalla sua officina.
Questa bici è un documento storico, poiché monta ancora la targhetta in alluminio del bollo governativo del 1937, l’ultimo anno in cui la tassa fu obbligatoria.
Il viaggio più incredibile: le bici di Vinicio arrivano a Cuba
Il capitolo più incredibile del viaggio, però, è quello che ha portato, in qualche modo, le altre biciclette di Vinicio a solcare l’oceano destinazione Cuba. Il destino di queste biciclette si è diviso in due percorsi paralleli e complementari.
Alcune, i modelli da corsa più adatti tra cui quello del figlio di Vinicio, Giancarlo, che possedeva una bellissima Bianchi d’epoca, sono state restaurate e donate per essere utilizzate dai partecipanti de L’Eroica Cuba, andata in scena a novembre 2025, portando lo spirito del Chianti sulle strade caraibiche.
Altre, tra cui la sua personalissima bici verde “Perozzi” del 1962 — un tesoro che ai tempi che la comprò per 14 mila lire in piazza della Lizza a Siena, teneva in casa per paura che gliela rubassero — sono state vendute.
Il ricavato è confluito in una colletta straordinaria, organizzata da Giancarlo Brocci, con un obiettivo preciso: finanziare la realizzazione di una copia dello storico “Mosquito” appartenuto a Ernesto “Che” Guevara.
La bicicletta con motore Garelli con cui il “Che” compì un viaggio di 4.500 km in Argentina nel 1950, si trova ancora oggi ad Alba Adriatica regolarmente acquistata nel 1990 da un grande collezionista di pezzi d’epoca, ma Brocci è riuscito, grazie alla sua raccolta fondi, a finanziare le realizzazione di una copia fedele, con uno dei due motori originali, e riportare il Mosquito a Cuba, com’era stato promesso nel suo primo viaggio cubano a Aleida March, l’ultima moglie del “Che”.
In questo modo, si è chiuso un cerchio perfetto. Le biciclette di Vinicio, l’uomo che aveva fondato la casa del popolo di Castellina, un comunista fedele ai suoi ideali, hanno contribuito a riportare a Cuba un’icona della sua rivoluzione.
Questa è una storia incredibile che si chiude con la realizzazione del sogno e degli sforzi di una vita di Vinicio.
“Forse è meglio che Vinicio non sappia ogni singolo dettaglio di questo viaggio incredibile – ci dice infine Giuliano Silei – l’emozione potrebbe essere troppo forte. L’importante è che ora possa riposare sereno nel tempo che gli rimane che speriamo sia ancora molto, sapendo che le sue amate biciclette non sono andate perdute”.
“Sono diventate messaggere silenziose della sua passione – conclude – portando un pezzo della storia del suo piccolo, grande paese in giro per il mondo. Il suo sogno non è più solo suo, ma è diventato patrimonio di tutti noi”.

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