MERCATALE (SAN CASCIANO) – Grazie alle pagine di un diario scritto dal soldato neozelandese Ted Fuell, della Divisional Cavalry, ritrovate in una soffitta in Nuova Zelanda, nel mese di luglio 2019 si è potuto scrivere un’altra pagina di storia del passaggio della seconda guerra mondiale a Mercatale. Per esattezza, ricostruendo quello che avvenne in via Sant’Anna alla Fornace.
Tutto questo lo dobbiamo al nipote del soldato Ted Fuell, Mike Cheer. Che, letto il diario del nonno, ha voluto ripercorrere i luoghi del suo passaggio in Italia; in modo particolare ha voluto vedere il luogo dove il 27 Luglio del ‘44 il nonno rimase ferito.
Così, grazie al sancascianese Adriano Mugnaini, appassionato di storia locale che ha conosciuto su un sito web di gruppi storici Mike, dopo due anni lo stesso è partito dalla Nuova Zelanda arrivando nel Chianti.
Ad accoglierlo (lo scorso anno), oltre ad Adriano, c’erano anche alcuni membri della sezione ANPI ”25 Luglio” di Mercatale-San Casciano, l’assessore alla cultura Maura Masini, l’associazione “Sgabuzzini Storici”, l’associazione culturale “La Porticciola”.
Ma cosa successe quel 27 luglio ’44 alle porte di Mercatale? Ted Fuell insieme con altri tre soldati era sul primo autoblindo su gomma che componeva una colonna proveniente da Montefiridolfi, e si stava muovendo in direzione di San Casciano.
Arrivati in cima alla salita di via Sant’Anna, passati poco dopo la Fornace, l’autoblindo salì su una mina tedesca nascosta sotto la sede stradale, così il primo mezzo saltò per aria.
Ted Fuell, che teneva contatti via radio con gli altri mezzi, rimase gravemente ferito all’intestino e agli arti inferiori. In più perse l’udito da un orecchio.
Anche gli altri due rimasero feriti: uno di questi, a causa delle gravi ferite riportate, dopo cinque mesi perse la vita in un ospedale da campo.
Ted Fuell alla fine della fuerra fece rientro in Nuova Zelanda, portandosi per il resto della vita le ferite nel fisico e nella mente, tanto che mai ha voluto parlare di quei tragici giorni con i suoi familiari.
Solo il grande amore del nipote Mike, che ha avuto tra le mani il suo diario, l’ha portato a ripercorrere le tracce del suo passaggio in Italia, arrivando a Mercatale in quel luogo dove saltò l’autoblindo.
Sotto un grande cipresso Mike ha voluto lasciare un segno, ovvero due mucchietti di sassi in ricordo dei soldati feriti e una croce in ricordo del soldato ucciso, dopodiché ha recitato una preghiera e un canto.
La sera del 27 luglio 2019, in occasione della Liberazione di San Casciano Mike ha incontrato il sindaco Roberto Ciappi, il presidente del consiglio comunale Francesco Volpe, l’assessore Maura Masini, le associazioni e la cittadinanza.
Ma la sezione Anpi di Mercatale, che da diversi anni organizza e dedica spazi per ricordare il 25 aprile, è riuscita a trovare una signora, Doriana Matteuzzi, che nel ’44 aveva 12 anni. E che ancora oggi ha impresso perfettamente quel 27 luglio quando dal rifugio scavato nel bosco sotto il borgo di Salvadonica, seppe dell’autoblindo saltato su una mina alla Fornace.
Così Mike Cheer ha potuto incontrarla lungo via Sant’Anna, felice di ascoltare e abbracciare l’unica testimone vivente di quanto successo al nonno Ted Fuell.
“Sono nata a Salvadonica – ha raccontato Doriana Matteuzzi – i miei familiari lavoravano come mezzadri. Il borgo era composto da diverse famiglie, Ottavio Checcucci, Angiolino Falchini, Francesco Malavolti, il mio babbo Gino Matteuzzi e la mia mamma Dina Salucci, Emilio, Novello e Dino. In casa si era insediato un comando tedesco, così i contadini di Salvadonica scavarono un rifugio nel bosco trasferendoci donne e noi bambini, mentre gli uomini durante il giorno rimanevano intorno alle case per accudire alle bestie, ben attenti a quello che facevano i tedeschi. Non c’era assolutamente da fidarsi di quei soldati”.
“La notte del 26 lugli – aveva proseguito il suo racconto – vedemmo un tedesco pararsi davanti al rifugio, impugnando il mitra e intimandoci di rimanere all’interno. La paura fu tanta, pensammo che ci volesse ammazzare tutti, invece ci disse… buonanotte. Quella fu l’ultima notte che dormimmo nel rifugio. La mattina del 27 luglio del ’44 ricordo che eravamo ancora all’interno, sentivamo che da Montefiridolfi stavano scendendo dei mezzi facendo un gran rumore. Pensavamo che potessero essere dei carrarmati, il rumore si faceva più forte dopo che avevano attraversato il torrente Terzona. A un certo punto tutto si fermò dopo una forte esplosione”.
“Dopo poco – aveva concluso – ci raggiunsero da casa gli uomini, dicevano che erano arrivati i neozelandesi e che un autoblindo era saltato su una mina, purtroppo un soldato era rimasto ucciso. In realtà era rimasto gravemente ferito, così come altri due. Tornammo finalmente dal rifugio a casa, ma noi bambini non ci fecero avvicinare”.
Prima di ripartire Mike ha donato a Doriana una spilla, simbolo della Liberazione, con l’impegno che ogni 25 aprile indossi questo simbolo di libertà.
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