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martedì 30 Aprile 2024
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    Dalla casa natale di Egidio Gimignani ai luoghi in cui venne torturato e seppellito vivo dai tedeschi

    I nipoti ripercorrono la drammatica vicenda del nonno partigiano per le vie del paese. Fino al luogo della sua sepoltura

    SAN DONATO IN POGGIO (BARBERINO TAVARNELLE) – A 78 anni di distanza dalla sua uccisione, avvenuta il 20 giugno 1944, per mano nazifascista, il percorso eroico del partigiano Egidio Gimignani resta la traccia indelebile di un passaggio umano, simbolo di coerenza e dignità, che evoca i fondamenti sui quali si costruisce l’essenza della Carta costituzionale.

    Sono i valori difesi con la vita da donne e uomini che, come Gimignani, sacrificarono affetti, speranze e progetti per il domani con l’impavido intento di mettere in salvo i propri ideali, intrisi di libertà, uguaglianza, democrazia.

    Una storia che non ha nessuna intenzione di nascondersi, anzi punta dritto sulla lapide marmorea, affissa lungo le mura medievali del borgo di Barberino Tavarnelle per mostrarne con fierezza lettere e numeri di un istante remoto.

    La stessa tenacia, pronta a sfidare le logiche del tempo, è insita nel ricordo della storia di Egidio Gimignani, tenuto in vita dalle testimonianze dirette e indirette dei familiari e dei cittadini.

    A San Donato in Poggio la vicenda dell’eroe partigiano, membro della formazione “Faliero Pucci”, tradito da un fazzoletto rosso trovato in tasca, catturato e massacrato dai tedeschi nel giugno del 1944 durante un rastrellamento, si ripercorre attraverso gli edifici, le vie, le zone del paese che fu teatro degli efferati accadimenti.

    # San Donato in Poggio: fu torturato e ucciso dai nazisti. I nipoti chiedono risarcimento alla Germania

    Dall’antica pieve di San Donato in Poggio, dove il partigiano fu sottoposto alle torture e alle violenze più indicibili perché si rifiutava di rivelare informazioni che potessero favorire l’identificazione, l’ubicazione e le strategie dei compagni, alla casa natale di Egidio, situata in via Senese, e al luogo, poco distante dall’abitazione, dove l’uomo fu seppellito vivo, agonizzante, nella fossa che i cugini furono costretti a scavare.

    Sono questi i luoghi che tornano a far luce sulla storia di Gimignani. La ricostruzione fisica della vicenda è stata effettuata qualche giorno fa con una camminata per le strade del centro storico di San Donato in Poggio dai nipoti Sergio e Katia Poneti, il presidente Anpi Barberino Tavarnelle Adelmo Franceschini e l’assessore alle politiche sociali del Comune di Barberino Tavarnelle Anna Grassi.

    Comune che affianca e sostiene il percorso giudiziario avviato dai nipoti per richiedere un risarcimento alla Germania e il riconoscimento della responsabilità del crimine di guerra, commesso dai soldati nazifascisti sul nonno.

    Egidio Gimignani, che all’epoca aveva 44 anni e di mestiere faceva il boscaiolo, pagò a caro prezzo, con la sua stessa esistenza, il prezzo della libertà. Combatté e morì da resistente per non sopravvivere da delatore.

    “Concentrato sull’unico obiettivo di difendere i compagni ed evitare una rappresaglia ai danni dei compaesani – racconta il presidente Anpi Adelmo Franceschini – l’uomo non rivelò una parola e, messo a confronto dai tedeschi che lo portarono in giro per il paese, a contatto con gli abitanti di San Donato, persino con il parroco, finse di non riconoscere nessuno dei cittadini che frequentava abitualmente”.

    “Decise di farsi uccidere – puntualizza – pur di non tradire, fermo, risoluto nella scelta di tutelare i propri principi morali, di contrastare gli effetti devastanti della ferocia nazifascista, il suo fu un atto eroico”.

    Il 20 giugno del 1944 il partigiano Egidio Gimignani cadde barbaramente trucidato dalle SS.

    “A ricordarlo oggi non è solo la lastra commemorativa – continua Franceschini – che si staglia solitaria sulla cinta muraria del castello di San Donato ma ogni pensiero, ogni parola che affiora dal passato e che rinasce nello spirito solidale e antifascista della comunità di San Donato in Poggio”.

    “Abbiamo deciso di appellarci al decreto-legge n.36 del 2022 all’art. 43 , la norma entrata in vigore pochi mesi fa, che istituisce un fondo di garanzia  per risarcire le vittime, o i loro familiari, per crimini compiuti dalle forze del Terzo Reich – rimarcano i nipoti Katia e Sergio – per richiedere un risarcimento che in primo luogo sottolinea l’importanza del riconoscimento morale, l’assunzione di responsabilità da parte della Germania rispetto ai misfatti che hanno tolto la vita a nostro nonno, pugnalato, torturato, sgozzato, ucciso così spietatamente”.

    Per chiunque fosse interessato l’amministrazione comunale informa che il termine per presentare l’atto di citazione è ancora aperto e scade il prossimo 27 ottobre 2022.

    La casa in via Senese

    @RIPRODUZIONE RISERVATA

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