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lunedì 3 Novembre 2025
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    L’omelia dell’Arcivescovo di Firenze, Gherardo Gambelli, nella solennità di Ognissanti

    "In questi ultimi mesi abbiamo assistito, a volte con grande indignazione e altre forse sentendoci pure impotenti, a una grande opera di sfigurazione del volto dell'uomo"

    FIRENZE – Qui di seguito pubblichiamo, integralmente, l’omelia dell’Arcivescovo di Firenze, monsignor Gherardo Gambelli, in occasione della festività di Ognissanti.

    “Nella preghiera Colletta abbiamo pregato che oggi il Signore dona alla Chiesa la gioia di celebrare in un’unica festa i meriti e la gloria di tutti i Santi.

    Nell’annuncio pasquale che facciamo il giorno dell’Epifania, viene proclamato che: “anche nelle feste della santa Madre di Dio, degli Apostoli, dei santi e nella commemorazione dei fedeli defunti, la Chiesa pellegrina sulla terra proclama la Pasqua del suo Signore”.

    E proprio il mistero pasquale viene indicato nelle ultime parole dell’apocalisse, di fronte alla folla immensa vestita in vesti candide, rese tali “nel sangue dell’Agnello”.

    Il testo dice che uno degli anziani rivolge questa domanda all’autore: “Questi, che sono vestiti di bianco, chi sono e da dove vengono?”. Sembra una domanda stupita che potrebbe essere compresa e rilanciata così: “Chi è veramente l’uomo? Qual è il suo vero volto?”.

    In questi ultimi mesi abbiamo assistito, a volte con grande indignazione e altre forse sentendoci pure impotenti, a una grande opera di sfigurazione del volto dell’uomo: abbiamo visto le vittime della violenza e dell’oppressione; gli afflitti nelle terre di guerra, sempre più disperati e nel pianto; gli artigiani della pace e della giustizia perseguitati; i misericordiosi bombardati con attacchi volti proprio a colpire coloro che portavano soccorso a chi era già stato colpito da un primo attacco militare; gli affamati di giustizia anch’essi derisi se non addirittura eliminati affinché la loro testimonianza non emergesse dai luoghi di sterminio.

    Di fronte a tutto questo davvero ci possiamo domandare: chi sono questi e da dove vengono? Qual è il vero volto dell’umano? La dichiarazione “Dignitas infinita” afferma proprio all’inizio: “Una dignità infinita, inalienabilmente fondata sul suo stesso essere, spetta a ciascuna persona umana, al di là di ogni circostanza e in qualunque stato e situazione si trovi”. (n. 1)

    Il documento continua dicendo che questo principio “è pienamente riconoscibile anche dalla sola ragione” e che “la Chiesa, alla luce della Rivelazione, ribadisce e conferma in modo assoluto questa dignità ontologica della persona umana, creata ad immagine e somiglianza di Dio e redenta in Cristo Gesù”.

    Proprio per questo, quella domanda si fa ancora più pressante: chi sono questi e da dove vengono? Chi sono le persone che sembrano dalla parte sbagliata della storia, che non vengono riconosciute nella dignità del loro essere, individuale o di popolo, di genere o professionale? Che vengono oppresse, escluse, violentate e perseguitate? Chi sono?

    Papa Francesco, nella esortazione apostolica “Gaudete et exsultate” sulla chiamata alla santità nel mondo contemporaneo, dice che le parole delle beatitudini trattano di una nuova estetica dell’umano, una estetica che va controcorrente. Scriveva papa Francesco: “Nonostante le parole di Gesù possano sembrarci poetiche, tuttavia vanno molto controcorrente rispetto a quanto è abituale, a quanto si fa nella società; e, anche se questo messaggio di Gesù ci attrae, in realtà il mondo ci porta verso un altro stile di vita”. (n. 65).

    Possiamo traguardare in questi volti feriti, umiliati, perseguitati, espulsi, il volto del Cristo povero, umiliato, crocifisso. Ricercare il vero volto dell’uomo altro non è che ricercare il volto del Cristo: è ciò che ci viene annunciato dalla pagina delle beatitudini. Gesù parla di poveri, di afflitti, di miti, di affamati di giustizia e di perseguitati per la giustizia, di artigiani della pace, di puri di cuore, di derisi e calunniati. In queste pennellate evangeliche si delinea il volto del Maestro, il volto di Gesù, il mite, il giusto, il principe della pace, che viene perseguitato, umiliato e, alla fine ucciso.

    Ma nelle beatitudini c’è tutto il mistero pasquale di Gesù che dispiega la sua forza di salvezza nella storia del mondo e nella vita di ciascun essere umano. Perché il Vangelo non si limita a elencare i tratti del volto offeso e umiliato, sia del Cristo che di ogni uomo, richiami alla passione e alla croce che attraversano i nostri tempi e i nostri destini.

    Davanti a questi tratti pone sempre anche la luce trasfigurante della resurrezione, insieme alla qualità eterna che accompagna e accompagnerà per sempre chi decide di assomigliare al Cristo, di assumere i lineamenti del Suo volto.

    Li chiama beati, makàrioi, cioè felici, pienamente realizzati, uomini veri e alla fine santi, perché destinati al regno dei cieli, alla consolazione, all’eredità, alla sazietà, al vedere Dio, all’essere figli di Dio.

    E’ proprio in questi volti qui che noi possiamo contemplare il volto santo del Cristo, il crocifisso della storia e il risorto del regno, perché lui stesso ha detto di cercarlo nell’affamato e nell’assetato, nello straniero e nel carcerato (Mt 25, 35-36).

    Papa Francesco ci avverte: “Le Beatitudini in nessun modo sono qualcosa di leggero o di superficiale; al contrario, possiamo viverle solamente se lo Spirito Santo ci pervade con tutta la sua potenza e ci libera dalla debolezza dell’egoismo, della pigrizia, dell’orgoglio”. (Gaudete et exsultate, n. 65).

    Questo vuol dire che le beatitudini possono essere realizzate nella nostra vita, se anche noi decidiamo di lasciarci trasformare dal mistero pasquale: se anche noi, cioè, lasciamo che in noi muoia tutto quello che sfigura il nostro vero volto e il nostro essere affinché lo Spirito Santo faccia emergere la nostra più profonda verità. E’ quello che la seconda lettura esprime con queste parole: Vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente!

    Vivere da figli di Dio è sinonimo dell’essere santi, dell’essere beati. Solo chi scopre di essere amato da quel grande amore del Padre riesce a sua volta ad essere immagine di quell’amore e a realizzare le beatitudini. Papa Francesco parlava di una “santità della porta accanto”, di una santità diffusa: “Mi piace vedere la santità nel popolo di Dio paziente: nei genitori che crescono con tanto amore i loro figli, negli uomini e nelle donne che lavorano per portare il pane a casa, nei malati, nelle religiose anziane che continuano a sorridere. In questa costanza per andare avanti giorno dopo giorno vedo la santità della Chiesa militante. Questa è tante volte la santità “della porta accanto”, di quelli che vivono vicino a noi e sono un riflesso della presenza di Dio, o, per usare un’altra espressione, “la classe media della santità”. (Gaudete et exsultate, n. 7).

    È una santità battesimale, in cui, cioè, ogni battezzato sente la chiamata a diventare santo, a lasciare che la grazia del battesimo fruttifichi in un cammino di santità. Viviamo ormai un cambiamento d’epoca in cui non possiamo più permetterci il lusso che la santità sia una aspirazione soltanto di alcune poche persone: tutti quanti e ognuno abbiamo da desiderare di realizzare la propria personale santità, in un cammino comune che deve diventare una vera e propria rivoluzione della santità.

    Ancora Papa Francesco: “Tutti siamo chiamati ad essere santi vivendo con amore e offrendo ciascuno la propria testimonianza nelle occupazioni di ogni giorno, lì dove si trova. Sei una consacrata o un consacrato? Sii santo vivendo con gioia la tua donazione. Sei sposato? Sii santo amando e prendendoti cura di tuo marito o di tua moglie, come Cristo ha fatto con la Chiesa. Sei un lavoratore? Sii santo compiendo con onestà e competenza il tuo lavoro al servizio dei fratelli. Sei genitore o nonna o nonno? Sii santo insegnando con pazienza ai bambini a seguire Gesù. Hai autorità? Sii santo lottando a favore del bene comune e rinunciando ai tuoi interessi personali”. (Gaudete et exultate, n.14).

    E’ così che noi assimileremo i tratti del volto del Cristo e diventeremo come Lui, diventeremo lui. Questa è la nostra speranza: Noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è. Chiunque ha questa speranza in lui, purifica sé stesso, come egli è puro.
    Camminiamo allora con fiducia verso la moltitudine immensa dei santi, di cui fin da ora facciamo parte, con l’aiuto di Dio”.

    ©RIPRODUZIONE RISERVATA

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