GREVE IN CHIANTI – A seguito della forte partecipazione della cittadinanza all’iniziativa “Non un nome in meno” e alla Cena per la Palestina, il Comitato Greve per la Palestina ha chiesto all’amministrazione comunale di assumere “una posizione chiara e coerente sul genocidio in corso nella Striscia di Gaza e la drammatica situazione in Cisgiordania”.
Lo ha fatto con una lettera aperta indirizzata al sindaco Paolo Sottani e alla giunta comunale, dal titolo “Contro il Genocidio, Greve in Chianti per la Palestina – Coscienza politica e morale dei nostri cittadini e delle nostre istituzioni”, che sollecita “a compiere atti concreti di solidarietà e di rappresentanza verso il popolo palestinese, in linea con i valori di giustizia e pace che caratterizzano da sempre la nostra comunità”.
L’iniziativa chiede, tra le altre cose, di esporre la bandiera palestinese sul palazzo comunale, di dare rinnovato impulso alla promozione ed il sostegno del riconoscimento dello Stato di Palestina da parte del Governo Italiano, di interrompere ogni forma di complicità economica e militare con Israele e di aderire alla campagna internazionale BDS (Boicotta, Disinvesti, Sanziona).
La lettera, che riportiamo qui sotto in estratto, è stata presentata ufficialmente in Comune, come espressione della volontà condivisa di molti cittadini di Greve in Chianti di prendere posizione contro il genocidio e a favore del diritto internazionale e il rispetto dei diritti umani.
“Caro sindaco, cari assessori,
Con la presente ci rivolgiamo a voi in quanto legittimi rappresentanti della cittadinanza grevigiana, investiti dell’onore e della responsabilità che tale ruolo comporta.
Come emerso e rilevato dallo stesso Sindaco in occasione del discorso di apertura dell’iniziativa “Non un nome in meno” […] la partecipazione della popolazione grevigiana è stata molto numerosa, […]
Partecipazione che evidenzia […] il sentimento diffuso nella nostra comunità: solidarietà verso il popolo palestinese e ferma condanna del genocidio in corso a Gaza. Questo non è un tema distante, ma una ferita aperta che interpella direttamente la coscienza civile, morale e politica di ognuno di noi e delle nostre istituzioni.
Secondo le Nazioni Unite e UNICEF, dall’inizio della più recente offensiva israeliana, oltre 67.000 palestinesi sono stati uccisi e più di 170.000 feriti, anche se purtroppo, […] si stima che i numeri reali siano, come minimo, tre volte tanto. Migliaia fra i palestinesi uccisi erano bambini, donne e anziani.
Un anno fa, Save the Children stimava che a Gaza vi fossero più di 1.000 bambini mutilati, […] spesso operati senza anestesia a causa del blocco totale degli aiuti umanitari imposto da Israele, che impedisce l’afflusso di cibo, acqua, medicinali e presidi sanitari essenziali. Interi ospedali sono stati distrutti o resi inutilizzabili, i reparti di neonatologia sono stati bersagli intenzionali, nel preciso intento di distruggere il futuro del popolo palestinese e infliggere atroci sofferenze. Tendopoli bombardate, famiglie sterminate nei loro rifugi. Chi sopravvive spesso non trova riparo, cure, acqua o cibo.
Sono crimini che non possono essere descritti come “conseguenze collaterali”: si tratta di uccisioni sommarie e sistematiche che colpiscono deliberatamente la popolazione civile. Questa non è mai stata una guerra, questo è un genocidio. Uno sterminio programmato che ha preso avvio più di 70 anni fa e che costringe parte della popolazione palestinese, nella regione della Cisgiordania, a vivere in uno stato di apartheid più duro e crudele di quello in vigore in Sud Africa nel secolo scorso.
La Commissione delle Nazioni Unite […] ha dichiarato: […] le autorità israeliane e le forze di sicurezza israeliane hanno commesso e continuano a commettere […]iatti di genocidio nei confronti dei palestinesi nella Striscia di Gaza, […]“Le forze di sicurezza israeliane hanno commesso crimini contro l’umanità e crimini di guerra a Gaza, tra cui sterminio, tortura, stupro, violenza sessuale e altri atti disumani, trattamenti inumani, trasferimenti forzati, persecuzioni basate sul genere e uso della fame come metodo di guerra.
Inoltre, le autorità israeliane hanno (i) distrutto in parte la capacità riproduttiva dei palestinesi a Gaza e (ii) inflitto deliberatamente condizioni di vita calcolate per provocarne la distruzione fisica, atti che costituiscono genocidio ai sensi dello Statuto di Roma e della Convenzione sul genocidio.”[…]
Davanti alle atrocità genocidarie commesse dal governo israeliano guidato da Benjamin Netanyahu, l’Italia, che ha ratificato la Convenzione sul Genocidio del 1948 e altri trattati fondamentali sui diritti umani, ha il dovere di agire per prevenire e punire tali crimini. Eppure, il governo italiano continua a mantenere rapporti istituzionali, commerciali e militari con Israele, senza conformarsi alle decisioni e raccomandazioni delle autorità internazionali, e senza adoperarsi concretamente per far cessare gli atti genocidari.
Questo rappresenta non solo un fallimento morale, ma anche un inadempimento giuridico agli obblighi assunti in sede internazionale e recepiti dall’ordinamento italiano attraverso la stessa Carta Costituzionale, per la quale ai sensi dell’art. 10 “L’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute”, nonché attraverso la legge n. 218 del 1995 che ne regola la concreta applicazione. […]
Nell’inattività dei governi, centinaia di attivisti e associazioni da ogni parte del mondo hanno, come noto, dato vita alla Global Sumud Flotilla, una missione civile che ha tentato di rompere l’embargo marittimo e portare direttamente aiuti alla popolazione intrappolata. […]
L’abbordaggio illegale da parte delle forze navali israeliane è stato compiuto in violazione del diritto internazionale marittimo e del principio della libertà di navigazione.[…]
Le mobilitazioni del 3 ottobre contro il genocidio e la complicità del governo italiano hanno raccolto, in numerosissime città italiane, una partecipazione immensa, 60.000 persone soltanto a Firenze, che non si vedeva in Italia da parecchi anni.
Presidi continui, dall’abbordaggio illegale della Flotilla, hanno bloccato porti, stazioni, autostrade e persino l’aeroporto civile e militare di Pisa.
La manifestazione nazionale del 4 ottobre a Roma, alla quale erano presenti numerosi cittadini grevigiani, ha mosso circa 1 milione di persone, che hanno sfilato pacificamente per le strade della capitale per dimostrare il loro sostegno al popolo palestinese, chiedere la fine della complicità italiana e lo stop al genocidio posto in essere dallo stato israeliano.
Questa vicenda rende ancora più urgente che gli enti locali, anche con atti simbolici ma chiari, prendano posizione. […]
Negli ultimi giorni, la scena internazionale è stata segnata dall’approvazione del cosiddetto “piano di pace” proposto da Donald Trump e sostenuto da diversi paesi. Un piano che, al di là delle dichiarazioni di facciata, non riconosce in alcun modo il diritto all’autodeterminazione del popolo palestinese, non prevede la fine dell’occupazione né il ritiro israeliano dai territori invasi, e ignora completamente il diritto al ritorno dei profughi sancito dalle risoluzioni ONU. […]
La realtà sul terreno, infatti, smentisce radicalmente la narrazione “pacificatrice”: la distruzione lasciata dall’esercito israeliano a Gaza è totale. Secondo stime internazionali e immagini satellitari, oltre il 90 % delle strutture civili — abitazioni, scuole, ospedali, infrastrutture idriche ed elettriche — risulta distrutto o danneggiato. Gaza è oggi una distesa di macerie, priva di acqua potabile, di ospedali funzionanti e di servizi essenziali. Nonostante questo scenario di devastazione, diversi ministri del governo israeliano hanno dichiarato pubblicamente l’intenzione di “completare il lavoro” e di riprendere le operazioni militari, definendo il cessate il fuoco una “pausa tattica”. Parallelamente, fonti internazionali hanno documentato finanziamenti israeliani e supporto logistico a milizie armate e gruppi rivali interni a Gaza, con l’obiettivo di instaurare una guerra civile controllata e mantenere il territorio in uno stato di frammentazione permanente.
Anche in Cisgiordania la situazione è precipitata ulteriormente dopo l’annuncio dell’accordo. Le incursioni dei coloni israeliani, spesso scortati o apertamente protetti dall’esercito, stanno devastando interi villaggi palestinesi, distruggendo case, campi coltivati e infrastrutture civili. Le autorità locali parlano di una pulizia etnica strisciante, condotta nell’indifferenza internazionale e giustificata come “necessità di sicurezza”. Nonostante il cessate il fuoco ufficialmente in vigore, le violenze israeliane non si sono mai interrotte: si contano quotidianamente morti e feriti, con bombardamenti mirati, arresti arbitrari e demolizioni di abitazioni.
In questo contesto, hanno destato sconcerto e indignazione le dichiarazioni di Donald Trump alla Knesset,[…]“Vi abbiamo dato le armi migliori, e sapete come usarle”, ha dichiarato, in un passaggio che suona come una confessione pubblica di corresponsabilità nei crimini commessi. Parole che gettano un’ombra ancora più cupa su un piano di pace che appare, in realtà, come la prosecuzione della guerra con altri mezzi. […]
A ciò si aggiungono le recenti dichiarazioni della premier Giorgia Meloni, che ha definito “positivo” il piano di Trump come “passo realistico verso la pace”, e quelle del ministro Antonio Tajani, che ha ribadito la necessità di “sostenere ogni sforzo americano per la stabilità della regione”, ignorando del tutto che tale stabilità si fonda sulla negazione dei diritti fondamentali dei palestinesi. Si tratta di prese di posizione che confermano, ancora una volta, la complicità politica e morale del governo italiano, il quale continua a sostenere Israele nonostante la sua palese violazione del diritto internazionale e delle ordinanze della Corte Internazionale di Giustizia.
Alla luce di quanto sopra, e delle evidenti responsabilità politiche e morali del Governo Italiano, la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, il Ministro degli Esteri Antonio Tajani e altri rappresentanti istituzionali italiani sono stati citati davanti alla Corte Penale Internazionale per crimini contro l’umanità e complicità nel genocidio a Gaza.[…]
A completare questo quadro inquietante, in Italia e in altri paesi europei si assiste a un progressivo clima di intimidazione nei confronti di chi sostiene pubblicamente la causa palestinese. Politici, amministratori e parlamentari minacciano denunce penali e civili contro studenti, docenti, associazioni e istituti scolastici che manifestano solidarietà al popolo palestinese o che partecipano a iniziative di informazione e sensibilizzazione. […]
La cittadinanza grevigiana ha dimostrato più volte di condividere profondi sentimenti di solidarietà e giustizia appoggiando di fatto le richieste di libertà, autodeterminazione e rispetto dei diritti umani del popolo palestinese, sentimenti di cui l’Amministrazione ha il dovere di prendere atto.
Il Testo Unico degli enti locali (D.Lgs. 267/2000) attribuisce al Sindaco la piena rappresentanza legale e politica della comunità. Ciò significa che Lei non è soltanto garante dell’amministrazione ordinaria, ma anche interprete e portavoce dei valori e delle istanze collettive, specie quando, come oggi, la popolazione grevigiana manifesta apertamente il proprio sostegno a un popolo oppresso e massacrato.
I cittadini di Greve in Chianti hanno il diritto di sentirsi correttamente rappresentati agli occhi del Paese e della comunità internazionale. Perché il silenzio, davanti a un crimine atroce riconosciuto persino dalle Nazioni Unite, non è altro che complicità”.
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