spot_img
spot_img
spot_img
spot_img
martedì 17 Giugno 2025
spot_img
spot_img
Altre aree
    spot_img

    La famiglia Nuti: conciatori con la passione del vino. Fattoria di Montecchio

    SAN DONATO IN POGGIO (TAVARNELLE) – E’ un fiume in piena Riccardo Nuti (in foto sopra)mentre ci porta a scoprire ogni angolo della Fattoria di Montecchio: qui, sul colle di San Donato in Poggio dove il Chianti fiorentino confluisce con quello senese, troviamo un mondo incredibile che Ivo Nuti, babbo di Riccardo, ha iniziato a costruire nel 1973.

    Ivo è scomparso da pochi mesi: “Era nato a Fucecchio – ci racconta Riccardo – era un conciatore ma aveva sempre avuto il grande pallino della campagna. Aveva un padre, mio nonno, con una grande passione per la caccia: qui abbiamo anche una bella riserva di caccia. Trovò questa villa, l’acquistò, ed è diventata un punto di riferimento per la famiglia. Insomma, siamo diventati sandonatini di adozione”.

    In totale sono 275 ettari, 28 quelli vitati che in breve tempo doverrebbero arrivare a 33. Gli olivi sono circa 7.000: “Frangiamo noi a freddo – ci dice Riccardo – con un sistema nostro. E facciamo anche frangitura in conto terzi”. Ce lo spiega mentre ci porta nel frantoio, dove c’è anche un tavolaccio con tante sedie dove trovano spesso posto a amici o turisti.

    “Mio babbo – continua Riccardo – ha sempre fatto il conciatore con il pallino dell’agricoltura, del vino in particolare. E’ sempre stato anche uno che ha cercato di investire: con il 16% siamo oggi i principali soci privati dell’aeroporto di Pisa. Entrò per investimento, poi si è appassionato: è sempre stato molto vicino alla gestione e allo sviluppo. Quando ha visto le grandi possibilitĂ  siamo arrivati fino al 22% della Sat, la societĂ  che gestisce l’aeroporto, perchè crediamo ci siano grandi potenzialità”.

    Oggi l’azienda la gestisce Riccardo, avvocato civilista: “Ho sempre dato una mano – ci dice – specialmente per la parte operativa, anche se era mio padre che gestiva tutto. Essendo l’ultimo di famiglia ho seguito le concerie. Adesso c’è da portare avanti i progetti del mio babbo, soprattutto per commerciare all’estero”.

    Alla Fattoria di Montecchio come potenzialitĂ  si potrebbero produrre 200-220mila bottiglie all’anno. “Poi – continua Riccardo – abbiamo una s.r.l. commerciale che ci permette di commerciare il vino che acquistiamo, e di distribuire nella grande distribuzione. Possiamo disegnare un vino adatto alle richieste: anche se non è semplice, il nostro enologo (Stefano Di Blasi) lo lavora”.

    I mercati di riferimento? “Oltre all’Italia ci stiamo spostando in Germania, siamo stati in Iranda, Svizzera. Qualcosa in Usa e Canada dove stiamo ricostruendo reti commerciali. Adesso stiamo puntando molto sulla Cina: abbiamo iniziato a fare delle fiere, abbiamo avuto contatti con importatori/distributori. Abbiamo già mandato alcuni container di vino: ci stiamo lavorando da un paio d’anni ma quello è un mercato che non si fa in un giorno. Ma ha grandi potenzialità: serve un approccio il più vicino possibile a quello cinese, e non è semplice”.

    “Come conciatori – sottolinea – ci lavoriamo da 30 anni ma non è la stessa cosa. In un contesto in cui non c’è cultura del vino e l’85% del vino venduto è francese cerchiamo di fare il massimo possibile, anche se loro non sono proprio semplici da gestire: anche al Vinitaly diversi importatori sono venuti a trovarci. Non possiamo certo aprire a tutta la Cina, cerchiamo di concentrarci su alcune cittĂ  specifiche”.

    L’evoluzione qui è stata quella “da una fattoria molto casereccia che vendeva a cisterna e qualche bottiglia all’Esselunga” come dice Riccardo, è andata verso “un’attivitĂ  di promozione di noi stessi: oltre a fare il vino buono si deve far capire che dietro l’etichetta non c’è un imbottigliatore o quattro semplici mura, ma una storia, una struttura con un suo messaggio da trasmettere”.

    “Abbiamo iniziato a rifare tutto con Stefano Chioccioli dal ’94-’95 – ricorda Riccardo – dalle vigne alla cantina, all’accoglienza in azienda, agriturismo, rivendita, degustazione. Adesso facciamo corsi di cucina, in futuro corsi per la lavorazione della terracotta”.

    Perchè qui a Montecchio oltre a vigne e olivi, bosco, riserva di caccia, frantoio, cantina, agriturismo, la vecchia e bellissima villa con le cantine storiche, c’è anche una fornace attiva. La visitiamo con Riccardo: “La fornace è stata riattivata da mio padre una quindicina di anni fa. Era una fornace esistente, tutta la terracotta di Montecchio è fatta lì. Fu chiusa intorno agli anni Sessanta e il mio babbo l’ha aperta ricominciando a fare roba prevalentemente classica, anche se ci stiamo muovendo su altre cose”.

    Chiediamo quale sia la “filosofia” del vino che viene prodotto qui: “Quella che ha perseguito mio padre, che è quella della tipicità. Quando abbiamo ricominciato a rifare il vino dopo la “rivoluzione” cominciammo con barrique, altre cose. Ma capimmo che non era quella la strada, l’abbiamo lasciata per alcuni vini più internazionali anche se non amiamo il legno. Quello che passa da qui deve essere un vino che sa di Toscana e che deve sapere di Chianti. Mio padre ha sempre puntato su questo e su questo continueremo a puntare: qui si possono fare certi vini e basta. Dietro la bottiglia per noi non c’è solo l’etichetta, ma c’è una storia e un territorio”.

    Perchè questi conciatori, imprenditori veri con quote importanti nell’aeroporto di Pisa, a San Donato in Poggio si sono sempre trovati benissimo: “Il paese ci ha accolto subito con affetto – conclude Riccardo – in particolare con alcune famiglie siamo diventati amici carissimi, come con la famiglia Mazzini. Quando è stagione si fa la sbaccellata, con l’apertura della cantina per tutto il paese. Sono contento a seguire Montecchio sia io: mi piace moltissimo, ci sono cresciuto, questa è casa mia…”.

    Matteo Pucci

    © RIPRODUZIONE RISERVATA

    IL CHIANTI CLASSICO

    Quando si apre una bottiglia di Chianti Classico ci si immerge in una storia che parte da lontano. Nei 70.000 ettari del territorio di produzione del Gallo Nero, uno dei luoghi piĂą affascinanti al mondo. Firenze e Siena delimitano il territorio di produzione.

    Otto comuni: Castellina, Gaiole, Greve e Radda in Chianti per intero e, in parte, quelli di Barberino Tavarnelle, Castelnuovo B.ga, Poggibonsi, San Casciano.

    Un terroir unico per la produzione di vino e olio di qualità; centinaia di etichette garantite dalla DOCG: è vero Chianti Classico solo se sulla fascetta presente sul collo di ogni bottiglia si trova lo storico marchio del Gallo Nero.

    Il Consorzio Vino Chianti Classico conta, ad oggi, oltre 600 produttori associati. In questo spazio racconteremo presente e futuro del vino e dell’olio in questo territorio; storie, strategie, rapporto con il mondo.  Info: www.chianticlassico.com.

    Sostieni il Gazzettino del Chianti

    Il Gazzettino del Chianti e delle Colline Fiorentine è un giornale libero, indipendente, che da sempre ha puntato sul forte legame con i lettori e il territorio. Un giornale fruibile gratuitamente, ogni giorno. Ma fare libera informazione ha un costo, difficilmente sostenibile esclusivamente grazie alla pubblicità, che in questi anni ha comunque garantito (grazie a un incessante lavoro quotidiano) la gratuità del giornale.

    Adesso pensiamo che possiamo fare un altro passo, assieme: se apprezzate Il Gazzettino del Chianti, se volete dare un contributo a mantenerne e accentuarne l’indipendenza, potete farlo qui. Ognuno di noi, e di voi, può fare la differenza. Perché pensiamo che Il Gazzettino del Chianti sia un piccolo-grande patrimonio di tutti.

    Leggi anche...