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domenica 7 Dicembre 2025
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    “Ore 13.50, lunedì 3 novembre. Da via di Belmonte non si passa: si deve chiedere il permesso tra la prepotenza”

    "Chi passa, chi prova a ragionare o semplicemente a far notare che quella condotta è pericolosa e incivile, viene liquidato come... moralizzatore”

    Ore 13.50, lunedì 3 novembre. Da via di Belmonte non si passa, si deve chiedere il permesso tra la prepotenza. Quando la maleducazione diventa criminale.

    C’è un punto, sottile ma decisivo, in cui la semplice maleducazione smette di essere un difetto di costume e diventa un atto di prepotenza, di arroganza sociale, di vero e proprio disprezzo verso la comunità.

    Lo si vede, ogni giorno, davanti alle scuole, dove automobilisti “furbi” — perché così amano definirsi — trasformano la strada pubblica in un parcheggio privato, infischiandosene delle regole, del buon senso e persino della sicurezza.

    L’immagine è sempre la stessa: auto parcheggiate a metà sulla carreggiata, ruote in bilico su un ciglio instabile, davanti a cartelli che segnalano lavori in corso e pericolo. Tutto ignorato.

    Chi passa, chi prova a ragionare o semplicemente a far notare che quella condotta è pericolosa e incivile, viene liquidato come “moralizzatore”. È un’etichetta che oggi serve a zittire chi ancora ha il coraggio di distinguere il giusto dallo sbagliato.

    Eppure, in quella parola — “moralizzatore” — si nasconde l’ammissione di colpa di un Paese che ha smesso di provare vergogna.

    Perché non si tratta solo di parcheggi sbagliati: è la rappresentazione perfetta di un modo di stare al mondo. “Io mi fermo dove voglio”, “tanto sono solo cinque minuti”, “non rompere”. È la grammatica quotidiana della prepotenza.

    Accanto a quella strada insicura, con le macchine in bilico e i bambini che escono da scuola, c’è un parcheggio ampio, vuoto, sicuro.

    Ma è troppo comodo, forse, troppo civile. Meglio occupare la carreggiata, costringere gli altri a manovre pericolose, bloccare il traffico, intralciare chi lavora. Meglio affermare, anche solo per dieci minuti, il proprio minuscolo potere personale: “io posso, e tu no”.

    Questi non sono semplici comportamenti scorretti: sono il seme del degrado morale che diventa sociale, e poi politico.

    È da questa irresponsabilità quotidiana che nasce l’Italia del “tanto non cambia niente”.

    È qui, in questi piccoli abusi senza conseguenze, che cresce l’idea che la legge sia un optional, che il bene comune sia roba per moralisti, che la libertà significhi fare ciò che si vuole senza mai pensare agli altri.

    Chi parcheggia in bilico su una strada pericolosa non è solo un automobilista distratto. È il simbolo di un Paese che si sta abituando alla disonestà civile, che accetta la prepotenza come normalità.

    E se davvero qualcuno ha ancora il coraggio di indignarsi — ben venga il “moralizzatore”. È proprio di questo che abbiamo bisogno: di cittadini che non tacciano, che non si pieghino, che ricordino agli altri che vivere insieme significa rispettare regole, spazi e persone.

    Perché l’Italia non la distrugge chi sbaglia parcheggio. La distrugge chi, davanti a chi glielo fa notare, sorride e risponde: “fatti i fatti tuoi”.

    Alessandro Pini

    ©RIPRODUZIONE RISERVATA

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