Venerdì 2 aprile 2025 secondo qualcuno potrebbe essere ricordato nella storia come il giorno della svolta per il commercio mondiale.
Oppure, come uno dei più grandi flop di politica commerciale del più importante paese a livello economico del globo.
Dovremo aspettare ulteriori sviluppi per poterlo classificare in uno o nell’altro senso (o più probabilmente una via di mezzo).
Sicuramente ad oggi si può dire però che rappresenta il tentativo da parte dell’attuale presidente degli Stati Uniti di modificare drasticamente e velocemente gli equilibri che nel tempo, lentamente e faticosamente, si sono creati nel mondo.
Ad oggi poco di concreto
Se si esclude la tariffa base del 10% su tutti i paesi e quelle specifiche applicate a Canada e Messico che riguardano prevalentemente la componentistica per la costruzione di auto negli Stati Uniti, ad oggi la quasi totalità dei dazi annunciati durante la presentazione nel Liberation Day sono stati sospesi per un tempo che varia da 90 giorni a 1 anno.
Le sospensioni riguardano un po’ tutti i settori: dall’elettronica alla farmaceutica, dall’agroalimentare alla cantieristica, quasi tutte le tariffe sono state sospese annunciando “un avvio delle negoziazioni” con i paesi coinvolti.
Tuttavia, la tariffa che ha destato più scalpore è stata quella che gli USA applicherebbero alle merci cinesi, individuata addirittura nel 125%.
La risposta della Cina è stata immediata e altrettanto dura inserendo delle contro tariffe sostanzialmente di pari entità.
A seguito di ciò si è iniziato a parlare quindi di “guerra commerciale”, embargo tra i 2 Paesi e addirittura di gelata del commercio mondiale; al momento in cui scrivo comunque, anche qui, tutto è sospeso in quanto sono state avviate le negoziazioni di rito.
Uno stile negoziale ben preciso
Ciò che ha sorpreso maggiormente in tutta questa vicenda però è stata la modalità con cui Trump è parso portare avanti questa pseudo-negoziazione risultando aggressivo, talvolta con una punta d’insolenza, ma soprattutto improvvisato quasi a sfiorare la goffaggine; in poche parole, ciò che proprio non ci si aspetta dal presidente del più potente paese del mondo.
Eppure, quello che di primo acchito sembrerebbe un comportamento al limite del dilettantismo, potrebbe far parte di un piano negoziale ben preciso.
Sono infatti andato a rileggermi il libro che Trump (o chi per lui in quanto si ventila che non sia stato scritto di suo pugno ma da un ghost writer) ha pubblicato diversi anni fa dove spiega il suo metodo negoziale che abitualmente usa per arrivare ad un accordo del 10% su tutti i Paesi e quelle specifiche applicate a Canada e Messico che riguardano prevalentemente la componentistica per la costruzione di auto negli Stati Uniti, ad oggi la quasi totalità dei dazi annunciati durante la presentazione nel Liberation Day sono stati sospesi per un tempo che varia da 90 giorni a un anno.
Le sospensioni riguardano un po’ tutti i settori: dall’elettronica alla farmaceutica, dall’agroalimentare alla cantieristica, quasi tutte le tariffe sono state sospese annunciando “un avvio delle negoziazioni” con i paesi coinvolti.
Tuttavia, la tariffa che ha destato più scalpore è stata quella che gli USA applicherebbero alle merci cinesi, individuata addirittura nel 125%.
La risposta della Cina è stata immediata e altrettanto dura inserendo delle contro tariffe sostanzialmente di pari entità.
A seguito di ciò si è iniziato a parlare quindi di “guerra commerciale”, embargo tra i 2 paesi e addirittura di gelata del commercio mondiale; al momento in cui scrivo comunque, anche qui, tutto è sospeso in quanto sono state avviate le negoziazioni di rito.
Uno stile negoziale ben preciso
Ciò che ha sorpreso maggiormente in tutta questa vicenda però è stata la modalità con cui Trump è parso portare avanti questa pseudo-negoziazione risultando aggressivo, talvolta con una punta d’insolenza, ma soprattutto improvvisato quasi a sfiorare la goffaggine; in poche parole, ciò che proprio non ci si aspetta dal presidente del più potente paese del mondo.
Eppure, quello che di primo acchito sembrerebbe un comportamento al limite del dilettantismo, potrebbe far parte di un piano negoziale ben preciso. Sono infatti andato a rileggermi il libro che Trump (o chi per lui in quanto si ventila che non sia stato scritto di suo pugno ma da un ghost writer) ha pubblicato diversi anni fa dove spiega il suo metodo negoziale che abitualmente usa per arrivare ad un accordo.
Riporto qui di seguito un riassunto semplificato dei punti salienti:
1) Inizia la trattativa sparando una cifra estremamente a tuo favore facendola sembrare non trattabile.
2) Attendi la reazione della controparte sino a che non inizia a negoziare da quella cifra, durante l’attesa aggiungi più oggetti di contesa e cambia frequentemente il punto della trattativa in modo da non dare riferimenti al tuo avversario e generare disorientamento.
3) Al momento che il tuo avversario inizia a trattare dalla tua proposta inizia la vera trattativa in quanto le sue aspettative iniziali sono state dimenticate (in finanza comportamentale tutto ciò prende il nome di ancoraggio) e la tua proposta può sembrare ragionevole
4) Preoccupati di come apparirà l’esito finale agli occhi del tuo avversario, la storia è più importante del risultato.
5) Le concessioni che farai, incorniciale come vittorie
Non so come proseguirà e finirà ma al momento sembra proprio di essere dentro la fase n.2!
Sugli investimenti
Immediatamente dopo la presentazione dei dazi da parte di Trump i mercati hanno reagito bruscamente: azionario, obbligazionario, valute, tutto sembrava scendere.
A distanza di qualche giorno e dopo alcune dichiarazioni di “marcia indietro” da parte del Presidente la situazione ha iniziato a migliorare per poi recuperare in buona parte quanto ceduto.
Qualcuno ne ha approfittato comprando sul ribasso, qualcuno in più ha venduto in preda alla paura (probabilmente perdendo soldi), in molti sono stati fermi aspettando che la situazione si ristabilisca. Come al solito la differenza l’hanno fatta e la fanno i soliti 3 cardini di un investimento di buon senso: costruzione, strategia e comportamento.
Chi si era costruito un investimento robusto e aveva una strategia da seguire ha avuto soltanto l’onere di mettere in pratica quanto stabilito preventivamente; se lo ha fatto, i risultati che oggi ha ottenuto sono molto soddisfacenti (nella foto seguente l’andamento da inizio anno di un portafoglio tipo che segue queste logiche).
A chi invece è mancato uno o più dei suddetti cardini probabilmente dovrà constatare una riduzione più o meno marcata del proprio patrimonio ma soprattutto, e purtroppo, non è detto che abbia ciò che serve per uscirne a breve.
Per l’ennesima volta i mercati si sono comportati come al solito, e come al solito di diverso c’è soltanto il motivo per cui si comportano in quel modo… “tutto cambia, niente cambia”.
Riecheggiano sempre le parole del vecchio Warren: “INVESTIRE E’ SEMPLICE MA NON E’ FACILE”.
Biografia e contatti
Umberto Bagnoli è un Consulente Finanziario iscritto all’albo OCF matricola n. 460860.
Oltre alla professione, da anni promuove l’educazione e la cultura finanziaria delle persone attraverso eventi sul territorio. Oggi scrive anche su investireconmetodo.it e sulle omonime pagine Facebook e Linkedin.
📨 Mail: umberto@investireconmetodo.it
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