In merito alla proiezione del docu-film “Firenze l’abbiamo liberata noi” per la regia di Andrea Trambusti, proiettato sabato 11 gennaio al CRC di Antella, precisiamo che la nostra sezione non ha partecipato in alcun modo alla stesura della sceneggiatura, né alla realizzazione dell’opera.
Pur riconoscendo l’impegno profuso dal Trambusti, tra l’altro nostro iscritto, in collaborazione con associazioni di rievocazione storica, fra cui “La Croce di Ferro” e nella consapevolezza che si tratta di un’opera “liberamente ispirata” a fatti e persone legati alla Liberazione di Firenze, pertanto senza un’impronta storica per stessa dichiarazione degli autori, ci vediamo costretti a dichiarare che non la riteniamo sponsorizzabile, né utilizzabile da parte della nostra associazione, come ci era stato richiesto dall’autore che ci ha onorati mostrandoci il film in anteprima nei giorni precedenti la proiezione presso il CRC di Antella.
L’Anpi supporta e sostiene opere che abbiano valenza di ricostruzione storica, attraverso ricerca, studio e riflessione su momenti storicamente determinati ed accertati basandosi su documenti e fonti certe e testimonianze inoppugnabili.
A questo noi ci atteniamo nel nostro lavoro, tanto più quando ormai da dieci anni andiamo nelle scuole di Bagno a Ripoli, in collaborazione stretta con l’amministrazione comunale, supportati da corsi propedeutici ad opera dell’Istituto Storico della Resistenza, dei suoi ricercatori e del suo direttore.
Nella serata in cui abbiamo potuto vedere in anteprima il film, abbiamo espresso le nostre valutazioni e sollevato delle perplessità direttamente all’autore, circa il suo uso nelle scuole. La visione del film in sala non ci ha indotti a cambiare quelle valutazioni.
La forza del titolo si perde in corso d’opera, visto che più che i Partigiani si vedono gli altri, pure in fuga e in ritirata. Il fatto che i Partigiani entrino nella Firenze ancora occupata due giorni prima degli inglesi, non è stato preso in considerazione, né citato.
Si dice che il film non vuol essere una fedele ricostruzione ma una “libera rivisitazione” di eventi. Nel caso dell’uccisione del partigiano Balena, tuttavia, si fa riferimento ad una data precisa, la si scrive addirittura in rosso per metterla in risalto.
Si citano nomi di chi faceva parte del gruppo dei cinque che era andato a prendere la farina dai contadini e fu attaccato dai tedeschi. Se si fanno tutti questi riferimenti allora si ha il dovere di farlo con dati accertati e inconfutabili.
Il primo maggio 1944 la Brigata Sinigaglia ancora non esisteva, viene costituita il primo giugno di quell’anno.
In Fontesanta i partigiani arrivano alla fine di luglio del 1944, Balena viene ucciso nella notte fra il 2 e il 3 agosto del 1944. Era disarmato, come gli altri quattro del gruppo che erano andati a prendere la farina.
Andare disarmati era un ordine preciso, per non mettere in pericolo i contadini da cui andavano. Furono colpiti alle spalle e si salvarono solo coloro che ebbero la fortuna di avere un sacco sulla schiena che facesse da scudo.
Ci soffermiamo su questo non per pignoleria particolare ma per opera di giustizia e nella convinzione che solo il rigore della ricostruzione storica permetta ad ottanta anni dalla fine della Seconda guerra mondiale un giudizio che porta alla costruzione di una memoria collettiva non soggetta a libere interpretazioni o a interferenze del momento.
I Partigiani ci hanno lasciato quasi tutti, i tempi sono forieri di ripetizioni di errori già commessi con possibilità non remota di trovarci coinvolti nuovamente in una guerra, mentre se ne stanno combattendo molte altre anche a noi vicine. Non ci possiamo permettere il rischio di distorcere la verità storica.
Tanto meno possiamo accettare che si faccia passare il messaggio che “violenza ci fu da tutte e due le parti”, “che anche i fascisti avevano un ideale e combattevano in nome di quello”, quasi in una sorta di equiparazione fra gli uni e gli altri, o lasciare aperto il dubbio che nel film è tradotto in valutazione che “i crimini non furono compiuti da una sola parte”.
Il fascismo si connota da subito per le sue azioni violente ben prima della marcia su Roma e la violenza continua anche dopo, durante il regime. Violenza come mezzo, la guerra come purificazione e sbocco necessitato.
I partigiani non avevano la violenza nel DNA. Sono stati costretti ad armarsi contro i nazi-fascisti per liberare il paese e conquistare libertà e democrazia, contribuendo così a far finire la guerra perché fosse bandita definitivamente dalla storia.
Quel “mai più” contro tutte le guerre passate e future è scritto non casualmente nell’articolo 11 della nostra Costituzione.
Fra l’altro è utile ricordare che solo per il fatto che i partigiani riscattarono col loro sacrificio l’onore del Paese, l’Italia poté sedersi al tavolo dei vincitori della Seconda guerra mondiale. Visto che fino all’8 settembre del 1943 eravamo stati alleati con i tedeschi, senza la Resistenza questo non sarebbe stato possibile.
Per rispetto del suo lavoro avevamo espresso all’autore alcune delle nostre valutazioni e perplessità in forma privata.
Abbiamo ritenuto necessario chiarire pubblicamente la nostra posizione (senza alcuna intenzione polemica, ma unicamente per ristabilire la verità dei fatti) dal momento che, dopo la proiezione del film, ci sono giunti numerosi messaggi di familiari di Partigiani e di cittadini
che ci hanno manifestato il loro sconcerto.
Sezione ANPI di Bagno a Ripoli “Pietro Ferruzzi”
©RIPRODUZIONE RISERVATA