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lunedì 4 Agosto 2025
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    Daniela Padoan, la sua conversazione con Liliana Segre, Goti Bauer, Giuliana Tedeschi: appuntamento a San Casciano

    La nota scrittrice bolognese sarà a San Casciano per presentare il suo volume "Come una rana d'inverno". Venerdì 7 febbraio alle ore 17.30 presso la biblioteca comunale

    SAN CASCIANO – La scrittrice e saggista Daniela Padoan, che da anni si occupa di testimonianza della Shoah e di resistenza femminile alle dittature, ha chiesto a tre testimoni straordinarie, Liliana Segre, Goti Bauer, Giuliana Tedeschi, internate ad Auschwitz-Birkenau nello stesso periodo ma in età diverse della vita, di ripensare la loro esperienza di persecuzione, prigionia e ritorno ad un’impossibile normalità declinandola al femminile.

    Ne è sorto un libro, “Come una rana d’inverno. Conversazioni con tre donne sopravvissute ad Auschwitz: Liliana Segre, Goti Bauer, Giuliana Tedeschi” (ed. Einaudi 2024), che il Comune di San Casciano presenterà nell’ambito delle iniziative, promosse e organizzate per celebrare la Giornata mondiale della Memoria, venerdì 7 febbraio alle ore 17.30 nella sala conferenze “Lucia Bagni” della biblioteca comunale.

    Dialogheranno con l’autrice il sindaco Roberto Ciappi e l’assessora alla cultura Sara Albiani.

    L’autrice approfondisce la condizione femminile, vittima dell’orrore della Shoah, partendo dal filo tracciato da Primo Levi in “Se questo è un uomo”, in cui lo scrittore indica la necessità di riflettere sulla presenza delle donne prigioniere ad Auschwitz: “Considerate se questa è una donna. Senza capelli e senza nome. Senza più forza di ricordare. Vuoti gli occhi e freddo il grembo. Come una rana d’inverno”.

    In un fitto intreccio di richiami e rimandi interni, di racconti talvolta mai fatti in pubblico, le tre visioni di Liliana, Goti e Giuliana, differenti e complementari diventano una narrazione sola, densissima di significato, che si fa relazione, dono di parole.

    E’ la viva voce di chi possiede “una doppia cittadinanza, nel mondo dei morti e nel mondo dei vivi”.

    All’autrice, attesa domani a San Casciano, è stata rivolta qualche domanda per approfondire le ragioni che hanno dato vita alla pubblicazione.

    Come nasce l’idea di fondere in un’unica narrazione le memorie delle tre testimoni?

    “Auschwitz era un campo misto, di concentramento e sterminio, che prevedeva sia la detenzione e il lavoro forzato sia la messa a morte immediata. Auschwitz-Birkenau era il cuore dello sterminio, là si trovavano le camere a gas e i forni crematori; le prigioniere erano donne, così come lo erano le Kapo e le SS. Solo la gerarchia superiore era maschile. Le tre donne che parlano nel libro erano prigioniere proprio lì. Goti Bauer in particolare era nella baracca 27, davanti a un forno crematorio, e non ha mai dimenticato il rosseggiare delle fiamme che di notte riverberavano sui vetri delle baracche. Ricorda le file dei bambini che si incamminavano dalla rampa per andare alle camere a gas senza poter fare nulla per aiutarli”.

    Perché parlare oggi di genocidio?

    “La struttura del campo di Auschwitz Birkenau era sessuata, non solo perché fu il luogo degli esperimenti concepiti per sterilizzare in massa i popoli slavi e indurre parti plurigemellari nelle donne di “razza ariana”, ma perché le camere a gas e i forni crematori erano a Birkenau, davanti alle baracche del campo femminile, costituendo parte integrante dell’esperienza di prigionia delle donne – un fatto riconosciuto, con la consueta chiarezza di analisi, già da Primo Levi. Era lì che venivano indirizzate le file di prigionieri destinati all’eliminazione – vecchi, donne in avanzato stato di gravidanza, bambini – quasi a rendere evidente come il concetto stesso di genocidio affondi in politiche volte a spezzare la generatività, la continuità delle generazioni”.

    Qual è il valore della testimonianza ad ottant’anni dall’abbattimento dei cancelli del campo di concentramento di Auschwitz?

    “Testimoniare è stato, per i sopravvissuti mantenere un patto segretamente stretto con i morti, per il fatto di essere, diversamente da loro, nella condizione di raccontare, e con i nuovi nati, perché apprendessero che il mondo nasconde un inganno violento dal quale occorre imparare non solo a difendersi, ma a riconoscerlo dentro se stessi, e dissentire. Quella del testimone è una figura inevitabile, che continuiamo a incontrare: sta lì a dirci, con la sua sola presenza, che anche noi avremmo potuto, e potremmo, essere ridotti in cenere, considerati nulla, spogliati della fragile copertura che ci viene dalla nostra appartenenza identitaria, culturale, politica. Il testimone ci dice che il nostro mondo, insieme alla nostra tradizione di pensiero, ha fallito, e che le nostre vite sono costantemente minacciate”.

    Daniela Padoan ha pubblicato Le pazze. Un incontro con le Madri di Plaza de Mayo (Bompiani 2005) e Razzismo e noismo (Einaudi 2013, con Luigi Luca Cavalli-Sforza).

    Ha collaborato con le pagine culturali de Il Manifesto ed è editorialista de La Stampa.

    Ingresso libero.

    ©RIPRODUZIONE RISERVATA

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