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giovedì 17 Luglio 2025
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    Memorie del passaggio del fronte in Chianti: “Il cannoneggiamento di Vertine del 17 luglio 1944”

    "La gioia della Liberazione si trasformò in urla e lacrime mentre i feriti furono portati nello stallone e curati alla meglio e i morti furono composti nella cappella della Madonna della neve"

    Il cannoneggiamento di Vertine del 17 luglio 1944.

    Intorno alle 16 sbucano dalla curva di Paiolo tre blindati britannici diretti a Vertine, li scorge il prete (don Amos Fallaci) che inizia a far uscire la gente dai rifugi per andare ad accoglierli.

    Alla porta vera di Vertine i blindati non passavano per larghezza e fu per merito di Mariano Brogi, che in qualche modo riuscì a spiegare che tedeschi non c’erano e non era il caso entrare in paese e disfarlo.

    Il prete intanto aveva fatto uscire tutti dal rifugio dietro la torre, mentre dalla collina opposta del Vallone (dove i nazisti della brigata Goering avevano comando e cannoni) osservavano attenti il formicaio di persone che si era formato.

    Partirono varie cannonate: una sulla torre, altre disperse nel vuoto, una cadde esattamente fra la torre e il rifugio in mezzo a varie persone, altre sulla chiesa e sulle case limitrofe.

    La gioia della Liberazione si trasformò in urla e lacrime mentre i feriti furono portati nello stallone e curati alla meglio e i morti furono composti nella cappella della Madonna della neve in fondo al paese.

    Nazareno Cristofani, Luisa Butti, Ruggero Brocci, Valerio Pagliantini e Pietro Gatti morirono subito mentre – sempre per colpa di quella maledettissima cannonata – anni dopo seguì Clara Nuti.

    La Liberazione fu pagata caramente quel 17 luglio 1944, un lutto piccolo nell’immane tragedia della seconda guerra mondiale, ma sei persone nel fiore degli anni non possono essere cancellate dai ricordi anche di chi non c’era…

    Andrea Pagliantini

    ©RIPRODUZIONE RISERVATA

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