GRASSINA (BAGNO A RIPOLI) – Bruna Sani ha attraversato un intero secolo: nata pochissimi giorni prima della marcia su Roma, ha vissuto eventi storici e scoperte scientifiche che hanno cambiato il mondo.
Il 25 ottobre soffierà su cento candeline e si sentirà augurare: “Buon compleanno zia Bruna”.
Si perché per tutti lei è da sempre zia Bruna: i suoi occhi non vedono quasi più e non sente bene, ma il suo volto è sereno e sorridente.
Amata per la sua generosità, che ha dimostrato spendendosi per gli altri per tutta la vita: una vita lunga e vissuta intensamente, con coraggio, durante gli anni della seconda guerra mondiale. All’insegna dell’altruismo e della dedizione per coloro che intorno a lei avevano bisogno.
“Sono nata a Tizzano – inizia il suo racconto – tra l’Antella e Capannuccia. Poi ci siamo trasferite a Quarate, vicino alla chiesa, con le mie quattro sorelle più grandi e la mamma. Fin da giovanissima iniziai a ricamare e a cucire a telaio”.
Un’infanzia segnata dalla perdita del padre quando aveva appena sette anni: poi gli anni bui del fascismo e del conflitto mondiale.
“Ci trovavamo a veglia con tutte le donne della zona che venivano da noi. Durante la guerra, da casa nostra vedevamo l’Impruneta sotto i bombardamenti”: lo racconta con lucidità, ricordando l’importanza di aiutare chi in quei momenti chiese aiuto.
“Tanti soldati passarono dalle nostre campagne – ricorda – portai da mangiare ad alcuni giovani soldati italiani che, fuggiti dai comparti dell’esercito, erano arrivati prima alla chiesa di Quarate. E poi, abbandonate le uniformi, su consiglio del sacerdote si nascosero in una capanna a Monte Masso”.
Il pane razionato, la paura, l’allarme per gli attacchi. E la luce che doveva essere spenta in quei momenti.
“Un’altra volta – racconta ancora – durante il passaggio, anche un gruppo di tedeschi si rifugiò in casa nostra per scappare alle bombe che piovevano dal cielo. Fu poi la volta degli inglesi, che si nascosero anche loro nella zona di Monte Masso: mi toccò portare anche a loro mangiare e bere. Quando se ne andarono via presero i fili che usavamo per cucire: in cambio ci lasciarono alcune tavolette di cioccolata.
Sorridendo ricorda che uno di loro le lasciò scritto anche il suo indirizzo.
Un legame profondo con la parrocchia e con la piccola comunità di Quarate, continuò a seguire i ragazzi del teatro ed il coro nel quale lei stessa (con le sorelle) cantava.
Non solo ricami: zia Bruna smise di cucire a telaio a causa dei suoi occhi. Trovò lavoro all’hotel Baglioni di Firenze, dove rimase per trent’anni, prima nella lavanderia e poi come babysitter per i figli della famiglia proprietaria dell’albergo.
“Mi vogliono ancora un gran bene – sorride – e mi hanno già chiamata anche in questi giorni per festeggiare il mio compleanno”.
Una zia acquistata, una donna speciale di grande forza d’animo.
“Per tre volte ho rischiato di morire – ricorda lucidamente – l’ultima volta nel 2005 quando un’auto mi ha investito sulle strisce sulla via Chiantigiana. Dice che non mi hanno visto, avevo i capelli bianchi ed ero vestita di grigio, come avranno fatto a non vedermi non lo so” scherza.
Bruna non fa mistero di essere rimasta ragazza, come dice lei stessa, e di essersi dedicata nel momento del bisogno alla sorella inferma e al nipote scomparso giovane a causa di una malattia.
Oltre che ai giovanissimi figli delle amiche, ai quali apriva le porte della sua casa di Grassina, dov’era tornata ad abitare facendo loro trascorrere allegri pomeriggi.
Ha rappresentato un punto di riferimento: fino a prima della pandemia trascorreva il tempo insieme alle amiche e vicine di casa, con le quali si facevano compagnia proprio come quando era giovane faceva nelle serate di veglia.
“Fare del bene alla gente è il mio consiglio”: è il suo congedo quando la ringraziamo per averci raccontato la sua vita.
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