In questi giorni si stanno celebrando nelle varie località intorno a Firenze, le celebrazioni per la liberazione dall’occupazione nazifascista, avvenuta nell’estate del 1944.
Sempre meno sentite queste ricorrenze, sempre più istituzionali, asettici e apatici gli eventi organizzati per onorarle.
Ormai il tempo ha lasciato in vita pochissimi partigiani capaci di testimoniare per esperienza diretta, cosa furono quei mesi e cosa vissero emotivamente nell’affrontare quegli eventi.
Mi sento fortunato a far parte di quella generazione che, forse per ultima, ha potuto emozionarsi, ascoltando le voci di quegli eroi, accomunate tutte da una fiducia nei giovani e una forza che sembrava impossibile scaturissero da fisici tanto indeboliti dal tempo.
Viviamo oggi un momento transitorio, in cui finiscono le testimonianze dirette, in cui alle parole e ai ricordi, vanno definitivamente sostituendosi i testi e gli altri materiali su cui è possibile e opportuno studiare e informarsi, ma con cui è maledettamente difficile emozionarsi e dunque esser spinti a portare avanti quella accanita lotta per la libertà, la giustizia e la pace che non si è certo conclusa quel lontano 25aprile 1945.
Bisogna porsi l’obiettivo di attualizzare ciò che celebriamo, affinché ravvivare la conoscenza del passato, assolva la funzione di spingerci a vivere in maniera quantomeno più consapevole il presente e sopratutto ci aiuti a progettare un futuro migliore e più giusto.
Innanzi tutto credo sarebbe opportuno rafforzare i progetti nelle scuole, affinché non si abbiano schiere di giovani che, vittime di una formazione curricolare storicamente approssimativa e superficiale, sempre più spesso hanno la tendenza a non far propria la condanna ai crimini fascisti.
Sempre più spesso capita di udire in bocca a giovani e giovanissimi, parole di apprezzamento verso il nazifascismo ed i suoi illustri fautori.
Lo fanno per goliardia in molti casi, probabilmente senza neanche saper di cosa parlano, però a lungo andare, riabolitano figure di criminali quali Hitler e Mussolini senza contare che nel presente ingrossano le fila di movimenti razzisti, omofobi e violenti.
Questo non possiamo permetterlo, abbiamo un debito con chi ci ha liberati e ci ha consegnato un Paese con enormi difetti, ma non sotto una dittatura e in cui una costituzione garantisce diritti che abbiamo il dovere di tutelare.
Attualizzare credo passi anche dallo spingere i ragazzi a riflettere, perché le nozioni sono importanti, ma se non ci entrano in circolo, a poco servono.
Mi viene in mente il celebre cartello di Fontamara “in questo locale è vietato parlare di politica”.
Le scuole non devono indottrinare certo, ma esimerle dal ruolo di fornire gli strumenti per formare le capacità critiche e dialettiche ai ragazzi, vuol dire in sostanza snaturarle dal loro ruolo sociale di tirar su esseri umani pensanti.
Dedicare qualche ora al dibattito dell’attualità, probabilmente sarebbe utile in quest’ottica e relazionare lo studio della storia all’analisi del presente, la farebbe apparire tanto più utile ai tanti che la vivono come inutile nella quotidianità.
Nei nostri territori, sono nate molte associazioni e luoghi di ritrovo proprio all’indomani della fine del fascismo e vivere attivamente quei luoghi e respirare lo spirito solidale che li animò e, in mezzo a mille difficoltà, continua ad animarli, è un buon antidoto verso visioni xenofobe, individualiste e totalitari quale fu quella fascista.
Purtroppo abbiamo a che fare con generazioni intere affogate nel mare dei social, e pensare di spingerle a viversi attivamente una realtà associativa e basantesi sul volontariato è difficile, ma certo non impossibile. Infondo prima ancora che studenti, lavoratori, pensionati… .
Siamo membri di una comunità ed il rischio concreto e da scongiurare è quello di aver giovani che si isolano per inerzia, oppure che si dimostrano non in grado di interagire con persone da loro anagraficamente, etnicamente o intellettualmente diverso.
Al dilà delle divergenze politiche, mi impongo di pensare che sia interesse comune, gettar le basi nel presente, affinché il futuro appartenga a donne e uomini consapevoli, liberi e in possesso di un mondo più giusto e migliore di quello che è oggi; determinati a far sì che le lotte dei nostri liberatori non vengano annullate da nuove forme di oppressione, discriminazione e violenza.
Fino all’ultimo respiro, tanti sono stati i partigiani che si sono spesi per trasmetterci la determinazione che mosse loro, ora è nostro dovere che quegli ideali non si arènino nel tempo: trasmetterli è un nostro dovere morale.
Antonio Matteini
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