CASTELNUOVO BERARDENGA – La passione è l’energia che accompagna lo scorrere della vita: è energia vitale riversata nell’amore, nel luogo di nascita, nella politica come sinonimo di crescita sociale e culturale collettiva, nella musica, nella critica della società attraverso la letteratura e il cinema, nello sport più popolare come il pallone.
Non si vive più in un’epica poetica e romantica, dove diversi calciatori di prima squadra, passano un lunedi di pausa dentro una riserva di caccia e un bel tavolo di bisboccia, arrivando con una sola macchina.
Il calciatore – anche fra quelli più scalcagnati – ha la sua guardia del corpo, le sue manie, i suoi atti da prima donna e viaggia come minimo da solo dentro una fuori serie, a bordo di un furgone nero dai vetri oscurati o arriva direttamente con un elicottero personale.
In una certa epoca, la squadra campione d’Italia arrivò a Castelnuovo Berardenga e una parte dei calciatori famosi della squadra, rimase bloccata con la macchina che il meccanico del luogo rimise in sesto dopo un’ora di lavoro, per rimandare i giocatori a Firenze, per il meritato riposo.
L’epopea dei colori viola nel mondo del pallone è ricca di aneddoti, di sonore sconfitte e di poche vittorie, ma ciò non placa l’amore dei suoi tifosi abituati ad annate ostiche, grandinose e siccitose, con poche giornate serene e parecchi raccolti compromessi.
Eppure c’è sempre una passione innata, mentre i vari campioni che si sono affacciati sulla città dal piazzale Michelangelo, prima o poi venivano ceduti alle varie squadre in vena di firmare grandi assegni.
De Sisti, poi Merlo, poi Chiarugi, Roberto Baggio, Batistuta, Galli, Rui Costa, Toldo, e poi gli ultimi primavera visti volare verso città industriali di automobili e trattori, sono tante ferite, mentre un solo inimitabile idolo è rimasto a giocare a pallone guardando le stelle: Giancarlo Antognoni.
“Cuore viola” è un libro di Gianni Resti: in punta di penna e di piedi, il racconto di un tifoso gigliato che scorre la sua vita nel mezzo alle sue passioni, accompagnate dal ruzzolare del pallone, trasferte gioiose e molte altre meno.
L’essere a vedere partite insieme ai propri figli che crescono e il tutto intorno che cambia in modo frenetico, con lo sport che da fenomeno collettivo di crescita e svago, diventa una fabbrica di soldi.
Una distrazione di massa da una realtà quotidiana feroce che acceca nel miraggio del facile guadagno con il minimo sforzo.
In ogni caso, sempre meglio secondi che ladri.
Andrea Pagliantini
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