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venerdì 29 Marzo 2024
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    Viaggio del Gazzettino nel “paradiso” dei liquori dei Monaci Cistercensi

     

     

     

     

    Per la prima volta padre Roberto Guido Cinelli, priore della Certosa di Firenze, ha consentito a un giornale, Il Gazzettino del Chianti, di varcare la porta dell’antica distilleria, dove vengono  preparati prodotti con metodi antichi che sono poi venduti non solo dietro al banco del monastero, ma anche con spedizioni a domicilio.

     

    Ad accompagnarci nella distilleria, dove l’unica cosa moderna è la radio che “capta” frequenze esclusivamente religiose, insieme a padre Roberto ci fa da guida Valerio, che per anni è stato alle dipendenze dei monaci. Ora in pensione, è qui come volontario continuando a mettere a disposizione la sua ricca esperienza.

     

    Valerio da quanto tempo qui si producono i distillati?

    "I Certosini già dal 600 producevano i  liquori, una tradizione tramandata nel tempo fino ai giorni nostri. Nel ’58 ai Certosini subentrarono i Cistercensi della congregazione di Casamari, i quali hanno arricchito la produzione anche con le loro ricette".

     

    Così da questa distilleria escono varie specialità prodotte solo ed esclusivamente nella Certosa…

    "Sì, qui oltre ai vari distillati per fare i liquori  sono prodotti infusi di erbe ma anche profumi da un distillato di fiori".

     

    Partiamo dai liquori.

    "C’è  l’Elixir di San Bernardo (amaro, tonico, digestivo), il Gran liquore della Certosa verde (dolce), il Gran liquore della Certosa giallo (più secco), Fernet della Certosa (secco), Rosolio al mandarino (delizioso), Brandy puro distillato (di vino), Sambuca finissima (con erbe distillate), Alchermes (liquore dolce fiorentino) Gocce Imperiali (digestive, correttive, toniche), Cistercium ( ex rhum finissimo fantasia), Grappa (di pura vinaccia), Melissa (calmante, rilassante che concilia il sonno)".

     

    Ci spieghi il procedimento.

    "Partiamo con la triturazione delle erbe che vengono prodotte nell’orto officinale del monastero, mentre altre sono d’importazione asiatica o cinese come il rabarbaro  utilizzato per fare l’amaro. Queste vengono messe in infusione in alcol e acqua, dopo circa quindici, venti giorni, secondo le erbe che servono per il tipo di liquore, terminata la macerazione, un po’ alla volta s’inseriscono nel distillatore con il liquido. Viene quindi acceso il fuoco a legna e regolando l’intensità del fuoco parte il distillatore a “bagnomaria”, in altre parole il prodotto da distillare rimane in una pentola interna mentre all’esterno c’è una camera d’acqua intorno, altrimenti il fuoco diretto brucerebbe il prodotto. Una volta giunto a temperatura il prodotto comincia a uscire e viene raffreddato una prima volta nella testa del distillatore, dove c’è acqua che confluisce dalla parte sottostante ed esce dalla parte di sopra calda, in modo  la temperatura del prodotto rimane come quella esterna, mentre il secondo raffreddamento viene fatto nella seconda serpentina dove c’è ancora acqua che circola per far sì che il prodotto  esca  a temperatura ambiente. Dopodiché viene stoccato e mano a mano che vengono fatti i liquori".

     

    Quanti litri vengono prodotti alla volta?

    "Circa 500 litri".

     

    Dopodiché dove viene stoccato il prodotto?

    "Nelle botti in legno di rovere. La prima botte è del ’65 ed ha depositato la “madre” originale, perché queste non vengono lavate come avviene per le botti per il vino, per i liquori possiamo tenere la “madre” e ogni volta che si produce di nuovo, questa viene rimescolata e riaromatizzata".

     

    Per quanto si può conservare il liquore?

    "Se chiuso bene con il suo tappo originale anche fino a 100 anni".

     

    Qui si svolge anche la parte finale, l’imbottigliatura?

    "L’imbottigliatura e l’etichettatura e, per chi richiede l’invio dei prodotti a domicilio, si preparano anche le confezioni per la spedizione".

     

    Oltre ai liquori però c’è anche la profumeria.

    "Ci sono i profumi antichi, la violetta, il mughetto, la colonia, la verbena, la lavanda e un Mille Fiori che è una  distillazione di varie fioriture".

     

    Erbe che si trovano alla Certosa?

    "Sì, nel nostro orto officinale c’è la Camomilla, la Lavanda, Salvia, Timo strisciante e Timo montano e da poco anche alcune piante di Rabarbaro, dove abbiamo già le prime radici. Ci sono anche erbe che acquistiamo intere, dopodichè le maciniamo all'interno di una stanza apposita con un’antica macchina dell’’800".

     

    Non mancano le squisite marmellate.

    "Fatte con la frutta raccolta nel campo dei Monaci, ma si preparano anche confetture con i frutti di montagna provenienti dall’Abetone, che raccolgo personalmente, oltre anche al miele delle nostre api".

     

    Scusi Valerio, nonostante abbia la sua famiglia, ma non si sente un po’ anche lei un Monaco dopo tutti questi anni passati tra queste antiche mura?

    "Sì – sorride – perché sono alla Certosa da 53 anni e dopo la pensione non potevo “abbandonare” il monastero, quindi continuo come volontario".

     

    Qui insomma le cose sono davvero genuine, un connubio tra natura e mano dell’uomo. Oltre a dare un contributo alle tante spese che devono affrontare i pochi Monaci, parte del ricavato serve anche a sostenere le Missioni. Il grande portone della distilleria si richiude, di fronte c’è il punto vendita dei prodotti anche con i vari souvenir, libri, ricordini per i turisti che salgono sul Monte Acuto per visitare la Certosa.

     

    Dietro al banco si può incontrare padre Roberto, 82 anni portati benissimo: sarà forse per un elisir segreto dei Cistercensi?  Non lo sapremo mai e se anche così fosse, quello… non è in vendita.

    di Antonio Taddei

    © RIPRODUZIONE RISERVATA

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