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venerdì 19 Aprile 2024
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    L’INTERVISTA / L’enologo Dario Parenti: “Siccità, viti sotto stress. Ma nel Chianti Classico scenari diversificati”

    "Struttura dei suoli, portinnesti, esposizioni e forme di allevamento disegnano uno scenario non uniforme della criticità all'interno della denominazione"

    CHIANTI – Siccità ormai conclamata. In Chianti come nel resto del Paese. Con impatti evidenti in tanti settori della vita quotidiana. Compreso, inevitabilmente, quello dell’agricoltura.

    In questo caso andiamo a porre un focus specifico, vista anche la nostra collocazione “geografico-agricola”, sul settore vitivinicolo.

    E per farlo abbiamo fatto una chiacchierata con Dario Parenti, enologo (qui la sua biografia). 

    Fine giugno 2022, piena siccità: quale la situazione delle uve nel territorio del Chianti Classico?

    “La situazione non è assolutamente facile, specie se consideriamo la forte siccità invernale, platealmente sotto gli occhi di tutti. Nel Chianti Classico e in tutta Italia. La vite ha una capacità di resistenza superiore a molte altre piante, ma già si trova indubbiamente sotto un notevole sforzo. Soprattutto considerato il fatto che siamo nel mese giugno, con temperature anche di 5-6 gradi sopra la media. E che almeno fino a fine agosto è difficile pensare a un possibile cambiamento di rotta climatica. Lo scenario chiantigiano è comunque assai variegato a seconda di molte variabili in gioco: struttura dei suoli, portinnesti, esposizioni e forme di allevamento disegnano uno scenario non uniforme della criticità all’interno della denominazione”.

    Viste le previsioni meteo per luglio e agosto, quali le prospettive dell’annata 2022?

    “Anche se, fortunatamente, le gelate tardive non hanno creato i disastri dell’annata scorsa, c’è innanzitutto il rischio di una nuova contrazione della quantità prodotta causata dalla disidratazione dei grappoli (nel 2021, fummo fortunati ad avere una pioggia a fine agosto, meravigliosa per durata e intensità, altrimenti i problemi sarebbero stati ben maggiori). Sul piano qualitativo c’è un forte rischio di perdita di composti aromatici varietali e di “eleganza” polifenolica, in quanto le fasi in cui si formano i precursori non sono debitamente supportati dalla presenza di acqua, e di carenza acidica (quindi poca freschezza). Lo scenario somiglia molto a quello del 2003 e, soprattutto, a quello del 2017. Annata in cui la proporzione di vini squilibrati presenti sul mercato è notevole”.

    Si può intervenire in qualche modo?

    “L’irrigazione di soccorso è sicuramente una soluzione da considerare in una situazione di emergenza come quella attuale; ma va anche considerato che per riequilibrare una pianta di vite ora servirebbero, a seconda dei casi, fra i 5 e i 10 litri. Per cercare di mantenere la pianta e le uve in equilibrio è poi necessario ripensare, se non abbandonare, alcuni concetti relativi alla maturazione fenolica, che fino a pochi anni fa erano fondamentali per ottenere vini di qualità. Potature con molte gemme, diradamento dei grappoli, sfogliatura sono pratiche che hanno un impatto molto diverso rispetto ai primi anni Duemila”.

    Nel medio periodo, alla luce dei cambiamenti climatici, cosa può/deve fare il settore vitivinicolo nel territorio del Chianti Classico?

    “La nostra fortuna è che il Sangiovese sta mostrando grandi capacità adattive rispetto ad altre varietà. Tuttavia dobbiamo sempre considerare al meglio, specie in fase di impianto, come impostare il suo rapporto con clima e suolo: portinnesti, forme d’allevamento funzionali (ad esempio il Guyot, seppur più oneroso in ore di lavoro annuali, ha maturazione dell’uva più progressiva rispetto a un cordone speronato), scelta dei suoli su cui impiantare (le argille hanno assunto tutt’altra valenza rispetto un tempo). E un sistema di irrigazione a goccia da impostare al momento dell’impianto sono i primi, fondamentali, accorgimenti che mi vengono in mente”.

    @RIPRODUZIONE RISERVATA

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