Gli infortuni sul lavoro, talvolta sono causati da imprudenza, negligenza, imperizia – ovvero da colpa – dello stesso lavoratore.
Si pensi, ad esempio, al falegname che nell’utilizzare una troncatrice radiale, per una sua distrazione, si lesioni le falangi di una mano.
E spesso il lavoratore cui è capitato l’infortunio per sua colpa pensa di non aver diritto, sol per questo, ad alcun risarcimento.
Tuttavia, non è affatto così secondo il consolidatissimo orientamento della giurisprudenza.
Al contrario, infatti, per giurisprudenza costante ed uniforme, il fatto che l’infortunio occorso sia riconducibile a colpa del lavoratore stesso non esclude affatto il suo diritto al risarcimento dei danni, né determina una riduzione del suo ammontare.
Questa, esattamente, l’affermazione che ricorre in giurisprudenza: “L’eventuale coefficiente colposo del lavoratore nel determinare l’evento è irrilevante sia sotto il profilo causale che sotto quello dell’entità del risarcimento dovuto” (cfr. Cass. civile, sez. lavoro, ord. 23 luglio 2018 n. 19509).
Il diritto al risarcimento è escluso solo quando il datore di lavoro riesce a dare la difficile prova dell’assunzione da parte del lavoratore del cosiddetto “rischio elettivo” mediante una condotta abnorme, dettata da finalità personali e non lavorative, e quindi del tutto imprevedibile.
La stessa consolidata e costante giurisprudenza libera il datore di lavoro da ogni responsabilità solo se e quando riesce a fornire la difficile prova dell’assunzione da parte del lavoratore del cosiddetto “rischio elettivo”.
Il “rischio elettivo” consiste in un qualsiasi comportamento volontario del lavoratore non attinente all’attività lavorativa tale da costituire una deviazione, arbitraria e dettata da finalità personali, dalle normali modalità di svolgimento dell’attività lavorativa comportante rischi diversi rispetto a quelli derivanti dal lavoro.
Il “rischio elettivo” si caratterizza per la simultanea presenza di alcuni elementi identificativi, puntualmente individuati dalla giurisprudenza quali:
a) la presenza di un atto volontario ed arbitrario, cioè illogico ed estraneo alle finalità produttive e aziendali;
b) la direzione di tale atto alla soddisfazione di impulsi meramente personali;
c) l’assenza di un nesso di derivazione con lo svolgimento del lavoro, con conseguente esposizione del lavoratore ad un rischio diverso.
Il cosiddetto “rischio elettivo”, dunque, non può in alcun modo essere confuso con la colpa.
La colpa, si è detto, sussiste in caso di comportamento del lavoratore meramente negligente, imprudente o imperito, e non basta ad escludere la responsabilità del datore di lavoro; il cosiddetto “rischio elettivo” invece discende da un comportamento abnorme, dettato da finalità personali e non lavorative, e quindi del tutto imprevedibile, che esclude ogni responsabilità del datore di lavoro perché, in sostanza, interrompe ogni nesso di occasionalità tra infortunio e rapporto di lavoro.
Per fare un esempio, è stato ritenuto riconducibile a “rischio elettivo” l’infortunio riportato da una manovale che, per esibizionismo, è saltato giù da una piattaforma aerea anziché utilizzare le scale.
Quanto eventualmente riconosciuto dall’INAIL costituisce un mero indennizzo e non copre assolutamente in modo integrale i danni subiti.
Le somme eventualmente pagate dall’INAIL al lavoratore infortunato sono un mero indennizzo, non compensano interamente tutte le conseguenze negative, patrimoniali o non patrimoniali, che un lavoratore può subire a causa di un infortunio.
A seguito di un infortunio il lavoratore può riportare, in particolare, le seguenti tipologie di danno:
– un danno non patrimoniale biologico/alla salute di carattere temporaneo o permanente;
– un danno non patrimoniale cosiddetto esistenziale laddove in conseguenza dell’infortunio veda ridotta o esclusa la possibilità di dedicarsi ad attività extra-lavorative (relazioni personali con parenti o amici; pratica di un certo sport o hobby, etc. …) cui invece era solito dedicarsi prima;
– un danno patrimoniale derivante dalla perdita della cosiddetta capacità lavorativa specifica, ovvero dalla perdita o dalla riduzione della possibilità di continuare a svolgere il medesimo lavoro con conseguente perdita della connessa occasione di guadagno.
E’ possibile ottenere un risarcimento a seguito di una mera trattativa con l’assicurazione del datore di lavoro, senza dover necessariamente far causa.
Stante il consolidato orientamento della giurisprudenza, di cui ho detto, decisamente favorevole al lavoratore, spesso è sufficiente, con il necessario ausilio di un professionista medico legale, formulare una precisa ed argomentata richiesta di risarcimento danni al datore di lavoro affinché questi attivi la propria assicurazione, e si giunga in tempi rapidi ad una trattativa, e infine ad un accordo.
E’ possibile quindi che il lavoratore possa conseguire un risarcimento senza dover necessariamente avviare una causa innanzi al Giudice del Lavoro.
Lo Studio Legale Casciano-Guerrini ha la propria sede principale a Firenze, in Via del Gelsomino n. 3 e una sede secondaria, ove si riceve solo su appuntamento, a Greve in Chianti, località Panzano, Via de' Macelli 1.
Info e contatti degli Avvocati a Panzano – 0552335544.
CONTENUTO SPONSORIZZATO
di Redazione
© RIPRODUZIONE RISERVATA