IMPRUNETA – Vino e terracotta, un legame che richiama all’antica Roma e prima ancora alla Magna Grecia. Il prezioso liquido, all’epoca appannaggio di pochi, veniva custodito in grandi anfore e spillato solo in determinate occasioni, spesso con il pretesto di rendere omaggio a qualche divinità.
Un paio di millenni dopo c’è chi ha ripreso in mano l’idea, attualizzandola e proponendola al denso mercato vitivinicolo. Italiano e non. Così, Impruneta da quattro anni è divenuta il centro di distribuzione mondiale di anfore e giare in terracotta, create appositamente per la vinificazione.
Autore di questo piccolo miracolo è Leonardo Parisi, proprietario della Ceramica Artenova, coadiuvato da alcuni collaboratori che lo hanno guidato dal terreno delle ceramiche artistiche con cui abbellire i giardini, a quello delle anfore con cui riempire le cantine.
Con ottimi risultati, a giudicare dagli assaggi dei vini di nove aziende, durante la giornata “La Terracotta e il Vino”, organizzata sabato 22 giugno presso l’azienda imprunetina. Realtà distanti da pochi chilometri, (Panzano) fino all’Australia, che hanno aderito all’innovazione ottenendo prodotti realmente interessanti.
Uno degli ideatori, Sergio Bettini, racconta al Gazzettino del Chianti come è nato il progetto: "Era il 2009, e l’azienda di Leonardo, pur avendo una storia e una qualità indiscutibili, soffriva come molte altre della crisi del settore. Insieme all’enologo Francesco Bartoletti, abbiamo pensato a coinvolgere la famiglia Parisi nella produzione di terrecotte per vino".
"Il risultato? Quattro anni dopo – dice Bettini – abbiamo richieste da ogni parte del mondo".
Georgia, Nuova Zelanda, Cile, Australia, Nord Europa, e anche la Napa Valley californiana, dove due decenni fa prese piede, in modo anche eccessivo, l’uso della barrique di rovere. Da cui la terracotta prende le distanze: "Uno degli aspetti più interessanti dal punto di vista prettamente enologico – si è detto nella mattinat di degustazione – è che la terracotta imprunetana ha una particolare propensione: favorisce l’ossigenazione del vino in modo equilibrato, ma soprattutto non cede particolari sentori come invece nel caso del legno. In questo modo il vitigno viene preservato nelle sue peculiarità organolettiche, che andranno a caratterizzare fortemente il vino".
Ottima idea, quella di una “semplice” azienda familiare che in una fase di difficoltà, invece di inseguire la quantità, ha puntato su qualità e innovazione, diventando una delle realtà oggi più conosciute dal panorama dei produttori di vino di tutto il mondo.
di Leonardo Pasquinelli
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