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venerdì 29 Marzo 2024
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    Foibe e esodo giuliano dalmata: “Qui a Bagno a Ripoli non si intitoli niente a Norma Cossetto”

    Potere al Popolo: "Siamo preoccupati proprio perché - anche qui a Bagno a Ripoli - pubblicamente è giunta una accondiscendente disponibilità a prendere in seria considerazione la richiesta della Lega"

    Come si può pretendere il ricordo di ciò che non si conosce?

    È questa la domanda che ci poniamo all’indomani della Giornata del Ricordo, all’indomani sopratutto della pretesa della capogruppo leghista nel consiglio comunale di Bagno a Ripoli, di prendere esempio da Firenze, ossia – in altre parole – intitolare qualcosa a Norma Cossetto, oltre ovviamente a celebrare con la necessaria devozione le vittime delle foibe, a suo dire paragonabili a quelle della Shoah e in genere, quelle ricordate nella Giornata della Memoria.

    Diffondiamo queste riflessioni, sinceramente preoccupati per ciò che negli scorsi giorni è avvenuto a Firenze appunto, dove un giardino è stato intitolato a Norma Cossetto, con tanto di plauso giunto all’amministrazione cittadina e del Quartiere, da associazioni neofasciste quali Casapound e Casaggì.

    Siamo preoccupati proprio perché – anche qui a Bagno a Ripoli – pubblicamente è giunta una accondiscendente disponibilità a prendere in seria considerazione la richiesta della Lega di Bagno a Ripoli, da parte di consiglieri della maggioranza di centrosinistra e della giunta.

    Ci sentiamo parzialmente rassicurati dal fatto che ancora una proposta vera e propria in merito la Lega locale non l’ha formulata; scriviamo questo quindi col fine principale di mettere in guardia l’amministrazione dal muoversi nella direzione indicata dalla destra.

    Accettare le richieste della Lega, vorrebbe dire assumere quale verità, la narrazione dei fatti occorsi a Norma Cossetto, diffusa da ormai quasi 80 anni, da parte della destra italiana, ma che nel nuovo millennio viene universalmente assunta non quale la versione faziosa che è, ma quale ricostruzione attendibile dei fatti avvenuti.

    Questo significherebbe commemorare racconti e non la storia; vivremmo questa eventualità con molto rammarico.

    Ci sentiamo quindi in dovere, esaudendo anche noi – almeno parzialmente – la richiesta della consigliera Frosali, di ricordare quegli eventi e in particolare la figura di Norma Cossetto, chiamata in causa a simbolo del martirio di persone infoibate per il solo crimine di essere italiane.

    Che cosa sappiamo, e quindi possiamo ricordare, di lei?

    Che nacque a Visinada, in Istria e veniva da una famiglia fascista. Il padre fu podestà della stessa cittadina nell’allora provincia italiana di Pola (fece in oltre parte della MVSN e fu uno dei 30istriani che partecipò alla marcia su Roma).

    Sappiamo che lei stessa fu convintamente fascista, lo testimonia l’adesione durante gli anni degli studi universitari che svolse a Padova, ai Gruppi Universitari Fascisti. Adesione che però, va riconosciuto fecero molti altri personaggi noti per aver poi scelto tutt’altro collocamento politico.

    La biografia di Norma Cossetto però pare interessare poco a cui vuole ricordarla, il che è abbastanza difficile da comprendere, però ci adeguiamo e veniamo velocemente a parlare del suo calvario.

    L’8 settembre 1943, l’Italia proclama l’armistizio, nasce la RSI e le zone del confine orientale viene annessa al Reich, ma (specialmente l’entroterra e le piccole città della costa) viene controllata per circa un mese – prima della definitiva occupazione nazista – dalle milizie partigiane jugoslave, in questo lasso di tempo la sorella Licia, testimonia di minacce e razzie subite dai partigiani; questo rimarca il fatto che i Cossetto erano tutt’altro che unicamente “colpevoli di essere italiani”.

    Se pare chiara la fede politica di Norma non dissimile da quella paterna, non si può dire lo stesso di ciò che è avvenuto tra il 26 settembre ed il 5 ottobre di quel 1943. Ci si trova infatti davanti a diverse versioni pesantemente discordanti l’una dall’altra, pur fornire dalle stesse persone.

    Queste discordanze iniziano già dalla partenza della Cossetto da casa: la sorella dichiara che Norma fu convocata al comando partigiano sito a Visignano, in una versione.

    In un’altra occasione testimonia che fu un partigiano italiano (“Giorgio” alcune testimonianze vogliono che l’abbia chiamato Norma vedendolo arrivare) a prelevarla in moto dalla casa di Santa Domenica; questa versione pare avvalorata dal fatto che alla scena avrebbero assistito alcune donne che vegliavano i figli che giocavano nei pressi dell’abitazione.

    La vicenda risulta ancor più difficilmente ricostruibile dal momento in cui la Cossetto, in mano ai partigiani (italiani e/o jugoslavi?) viene trasferita nella caserma dei carabinieri di Parenzo, ove viene interrogata una prima volta, per poi essere trasferita – a causa dell’arrivo dei nazisti in Istria, a Parenzo il 1º ottobre – nella più sicura, scuola di Antignana, adibita a carcere partigiano.

    Le violenze a cui si fa riferimento nelle ricostruzioni, sarebbero avvenute in questo luogo.

    A questo punto Norma Cossetto è una detenuta e quindi, pur volendosi sforzare ad’ammettere che effettivamente potesse non essere fascista, non si può comunque imputare ai partigiani di averla infoibata ritenendola una semplice italiana, di null’altro colpevole.

    La figura di Norma Cossetto però, al dilà del suo colore politico, viene ricordata per le già citate violenze che avrebbe subito durante la sua breve detenzione.

    Infondo pare che l’infoibamento sia qualcosa che da solo non avrebbe scosso poi tanto l’opinione pubblica (furono infatti altre due, le donne infoibate con Norma, ma di nessuna di esse si cura nessuno), così sin dall’inizio si è calcato la mano sul divulgare particolari sempre più macabri e precisi, sugli stupri e sulle sevizie che le sarebbero state inflitte.

    La certezza granitica che si ha rispetto all’effettivo accadimento della violenza riservata alla ragazza, vacilla se solo si analizza le fonti che le testimoniano.

    Nessuna è diretta intanto: la sorella ne parla attribuendo il racconto a un’anonima che dalle proprie finestre di casa (socchiuse) avrebbe visto che cosa stava succedendo nella scuola/prigione di Antignana, questa testimone però non appare nelle prime ricostruzioni che vogliono invece i suoi carcerieri catturati e interrogati, come relatori dell’accaduto.

    La testimone racconta alla sorella (in occasione del recupero del cadavere), di 17 partigiani che l’avrebbero torturata e violentata, mentre venne legata ad un tavolo per poi lasciarla agonizzante a invocare la madre e chiedere dell’acqua.

    La testimone vista la sua dichiarazione, non sarebbe stata difficile da trovare, qualora lo si fosse voluto, ma si è preferito prendere questa dichiarazione e diffonderla come verità, senza aver appurato la validità della fonte.

    Una fonte invece certa, è quella del maresciallo dei vigili del fuoco di Pola, Arnaldo Harzarich, il quale però fornisce due versioni assai discordanti l’una dall’altra, e che conseguentemente mettono in dubbio la verità di quanto raccontato dalla sorella (attribuito a questa anonima).

    Harzarich per la prima volta si calò nella foiba di Villa Sudani, il 9 dicembre 1943 (durante quindi l’occupazione nazista dell’Istria).

    In una sua versione dell’accaduto, parla di aver visto in cima alla catasta dei cadaveri, il corpo di Norma Cossetto, con le braccia naturalmente stese lungo i fianchi, nuda, che pareva dormisse, e che non presentava segni di violenze.

    Parla del recupero avvenuto il giorno successivo, rimarcando il fatto che non fosse affatto in stato di decomposizione il cadavere e che sopratutto anche tra gli atri presenti, vi era una sorta di timore nel toccare quel corpo che sembrava dolcemente dormiente.

    Un’altra versione di Harzarich parla di un cadavere sempre in buono stato di conservazione, ma che – innanzitutto – aveva le braccia legate con fil’di ferro, colpi di arma da taglio su varie parti del corpo (in particolare sui seni) e un pezzo di legno conficcato nelle parti intime.

    Un’ulteriore versione è quella di Giuseppe Comand, il quale nel 2017 raccontò di aver parlato con Harzarich, il quale gli avrebbe riferito di aver rinvenuto il cadavere di Norma Cossetto, appoggiata alla parete rocciosa (quindi non in cima alla catasta di salme) con gli occhi spalancati e quindi non apparentemente addormentata, legata e semi nuda anziché nuda; come invece riportano entrambe le versioni di Harzarich stesso.

    Versioni ancora più discordanti sono quelle della sorella, relativamente al momento del riconoscimento del corpo, a cui sostengono di aver partecipato altri parenti.

    In una col volto unica parte apparentemente non violata, in un’altra esso è tumefatto e quasi irriconoscibile; parla poi in una versione di sua sorella nuda, in un’altra afferma di averla potuta identificare grazie ad un golf tirolese e una camicia strappata sul petto, in una con le mani legate sul davanti, in una dietro, in un’altra non sono legate; in una le braccia e le gambe spezzate dalla caduta, in un’altra gli arti sono intatti…

    In merito poi alla logistica, sono molti gli storici che ritengono improbabile che queste violenze siano potute accadere: come si può facilmente comprendere, quelle erano giornate convulse, i partigiani erano con i nazisti alle calcagna. Mettersi a torturare, a violentare una prigioniera, voleva dire perdere delle ore che potevano fare la differenza tra la vita e la morte.

    Non proseguiamo, nel riportare le versioni dei fatti, ma invitiamo chi abbia interesse nel cercare di comprendere questa vicenda, a documentarsi, prima di utilizzare l’indubbia e triste fine di questa giovane, come una bandiera politica da utilizzare quale il più becero degli argomenti a disposizione.

    Insomma, concludendo questo lungo comunicato, speriamo quantomeno di aver messo a disposizione del consiglio comunale ripolese, un elemento che faccia riflettere chi propone di commemorare eventi di cui è evidente, sia praticamente impossibile conoscere lo svolgimento e dunque utilizzarli quale strumento di propaganda o esemplificazione di un determinato momento storico, vissuto da delle popolazioni.

    Potere al Popolo Bagno a Ripoli

    @RIPRODUZIONE RISERVATA

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