SAN CASCIANO – Era il 15 febbraio del 2014 quando, all’improvviso, nella sua casa nella campagna intorno a San Pancrazio, veniva a mancare Giuliano Ghelli.
Artista, persona straordinaria, generosa, con i suoi colori che hanno disegnato la sua vita e tante vite attorno alla sua.
Un uomo che si era legato al nostro territorio; e con il quale il nostro territorio era legato: tanto che il Comune di San Casciano ha dato il suo nome al Museo.
Ripercorriamo così questo decennio senza Giuliano Ghelli (ma la sua arte lo farà vivere in eterno) insieme alla compagna, Sandra Stanghellini.
Sandra, 15 febbraio 2024, dieci anni senza Giuliano. Ma che… “senza” è?
“La parola “senza” non mi sembra appropriata. Sento Giuliano con me, lo ricordo sempre, dalle cose più comuni e banali a quelle più complesse, come le organizzazioni di mostre o eventi. Sento una presenza costante e credo che sia il suo amore che ancora mi guida e mi sostiene. La sua non è assenza, ma una presenza che si è trasformata. Giuliano è sempre accanto alle persone che hanno apprezzato la sua arte: è nei colori vivaci, nei tratti morbidi dei suoi soggetti e negli arcobaleni brillanti. Ci parla tutti i giorni attraverso le sue opere e per questo non saremo mai “senza” Giuliano”.
Dovesse raccontarlo oggi a chi non ha avuto la fortuna di conoscerlo, come lo racconterebbe?
“È difficile raccontare la complessità della sua persona. Mi vengono in mente solo una serie di aggettivi: buono, prima di tutto; intelligentissimo; curioso; generoso; umilmente colto; lungimirante e anche un po’ matto. Nessuna parola, però, renderà giustizia alla sua personalità così eccentrica ed estremamente sensibile. Per conoscere un artista, infatti, è necessario conoscere l’uomo. In lui coabitavano l’anima dell’artista fanciullo e quella di uomo profondo: due dimensioni nettamente separate ma che, all’occorrenza, lui sapeva far dialogare con grande equilibrio”.
Se le dicessimo (sappiamo che è difficile): ce lo racconti con un’immagine, un aneddoto…
“Al rientro dal “Festival dei Due Mondi” di Spoleto passammo davanti alla cattedrale di Santa Maria degli Angeli, e io gli chiesi di fermarci. Lo fece, anche se malvolentieri. Entrammo nella cattedrale deserta. Solo un frate giovanissimo, poco più di un ragazzo, percorreva veloce e a piedi nudi la navata centrale. Di fronte a noi apparve la Porziuncola: piccola, umile e illuminata da poche candele. Giuliano ebbe un trasalimento. Rimase impietrito da tanta bellezza e intravide l’essenza di un uomo come San Francesco nella sua semplicità. Io rimasi ammirata dalla sua capacità di stupirsi ancora mentre lui sussurrrò: “Francesco… la Porziuncola!”. Gli occhi diventarono lucidi per la grande emozione che stava vivendo. Non ho mai saputo decifrare quale fosse il suo rapporto con la religione. Non posso dire che fosse credente, tuttavia aveva una spiccata spiritualità che emergeva in piccoli gesti quotidiani e nelle attenzioni rivolte alla comunità”.
Quale, infine, l’eredità che Giuliano Ghelli lascia a questo territorio?
“Giuliano ci ha lasciato una generosità silenziosa, una presenza costante verso tutti, senza mai fare troppo scalpore. Di fronte a una richiesta di aiuto o di collaborazione, non si tirava mai indietro. Amava tanto andare nelle scuole, stare a contatto con i piccoli studenti, con una gran voglia di spiegare loro cos’è la creatività. La risposta entusiasta che riceveva dai bambini era la sola ricompensa che desiderava. Lascia, inoltre, un livello altissimo di professionalità, di dignità del lavoro, un’idea di arte che, in quanto mestiere, deve essere professionale. Era un artigiano della pittura. La sua eredità non è circoscritta ma è patrimonio collettivo, specialmente per i più giovani, è fondata sulla tenacia, determinazione, sull’ apertura mentale e una pacatezza che non era mai debolezza. Questi termini possono sembrare in contrasto tra loro ma in lui vivevano in modo così armonioso da renderlo una persona speciale”.
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