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venerdì 19 Aprile 2024
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    La San Casciano che iniziò a vestirsi… da “Paolo e Gisella”. Dove l’abbigliamento è storia

    Un negozio simbolo del paese e di Borgo Sarchiani, che inizia da lì. L'incontro con Beatrice, Elisabetta e Stefano

    SAN CASCIANO – San Casciano, coi pezzi di memoria che oggi non ricordiamo, si trova in negozi che sembrano solo negozi, ma che sono in realtà la vetrina di una storia più lunga, custodita come merce preziosa da chi la prosegue con orgoglio.

     

    È il caso del negozio di abbigliamento delle figlie e del genero dei "famigerati" Paolo e Gisella: Beatrice ed Elisabetta Razzi e Stefano Magazzini.

     

    "È uno dei più vecchi di San Casciano – afferma Stefano – ed è alla sua terza generazione. Io sto con la mia moglie dal 1985 e i finesettimana ero qui dentro per vederla, così è diventato una seconda casa. Nel '98, le donne hanno cominciato a moltiplicarsi e riprodursi, così mi sono buttato e molta gente già mi conosceva. I suoceri sono andati in pensione e da 18 anni si continua stoici".

     

    "Il paese mi sembra poco cambiato – prosegue – Forse ultimamente c'è un po' meno vita perché esigenze e tempi sono diversi. Prima si stava più fuori, ora si sta più in casa alla televisione o al computer".

     

    Stefano è originario di Montespertoli, quindi vede da esterno i cambiamenti di San Casciano: "È un posto dove si vive bene – continua – nonostante le problematiche più comuni. Ho un bellissimo rapporto con tutti. Mi hanno adottato, sicché sono riconoscente ai Sancascianesi. Mi piacciono sopratutto la partecipazione e anche lo spirito evidenziato dal Carnevale Medievale. Le polemiche per il rumore le trovo esagerate, perché le manifestazioni ci fanno bene e tengono qui i nostri giovani".

     

    "Il mio augurio – conclude – è di poter mantenere il paese così com'è più a lungo possibile, soprattutto per quanto riguarda il sociale. Spero che diventi sempre più bello e che non si trasformi mai in dormitorio".

     

    Le sorelle Razzi portano avanti la memoria storica dell'attività dei genitori: "Io sono nata nello scatolone dei jeans – interviene Elisabetta – tra i Levi's, i Wrangler e le Fruit. Quest'azienda è stata tirata su con sudore e sacrifici dalla mia mamma e il mio babbo e anche se il mestiere è cambiato un monte non ci si lamenta. Prima in paese non c'era nulla. L'offerta era minima e la domanda alta. Fa piacere che un negozio sia ancora aperto dopo tanti anni. Per noi è una grande soddisfazione".

     

    Come già detto, "Paolo e Gisella" è soprattutto parte di una storia che tanti sancascianesi (pensiamo soprattutto a quelli di "importazione") rischiano di non conoscere e profuma di arti e di artigiani come tante delle botteghe che si affacciano su Borgo Sarchiani.

     

    Stefano definisce il ferramenta Giorgio Torricelli (pochi giorni fa l'anniversario della sua comparsa) il "Sancascianese di Mestiere" per eccellenza e ci mostra orgoglioso la poesia che Giorgio ha dedicato alla nostra antica strada dei mestieri, incorniciata con cura ed esposta nel locale. Recita: "Di fronte a tutti, roba da pazzi, ci sta il nostro capitano, Paolo Razzi".

     

    È Beatrice a raccontarci delle origini del negozio dei genitori: "Al piano di sotto – spiega – c'erano le stalle dei cavalli perché il mio nonno girava col calesse. I contadini c'avevano i telai e le cose le facevano da sé. Prima vendeva i filati, poi con l'industrializzazione passò alle stoffe, che scambiava con uova, acquai di pietra e così via. Il babbo fece la gavetta. A circa 16 anni andò a Prato per un praticantato da uno che faceva coperte e tessuti per il Vaticano… roba pregiata. Poi alla maggior età tornò a casa con una delle prime macchine, e allora girava con quella per vendere le stoffe come il nonno".

     

    "È tanta la soddisfazione di portare avanti il lavoro – tiene a dire Stefano – e quando Paolo e Gisella sono usciti dalla società ci è sembrato un vanto mantenere l'insegna. Il negozio è conosciuto da tanti, sia dentro che fuori dal Chianti".

     

    "Di San Casciano – afferma Beatrice – mi dispiacciono il degrado e l'inciviltà che vedo per la strada dei Chischi e nel parcheggio ex-Stianti. Per il futuro mi auguro l'amor proprio, il voler bene al paese e che la gente cerchi di consumare di più su San Casciano, capendo che  è fortunata perché tanti clienti di fuori si lamentano di non avere negozi mentre quassù c'è tutto".

     

    "Una cosa che mi emoziona tanto – interviene Elisabetta – è vedere i bambini che venivano nei carrettini comprare le prime giacche. A lavorar qui si diventa un po' psicologi e si raccoglie tante confidenze della gente".

     

    "Il mio babbo è in pensione da tanto – sorride Beatrice – eppure lo rammentano ancora per il suo modo di vendere. Per ottenere il risultato ne diceva di tutte e sempre con fare scherzoso".

     

    Anche la tradizione del sorriso Razzi è stata continuata egregiamente, mantenendosi genuina e spontanea al cento per cento.

     

     

    di Martina Mecacci

    © RIPRODUZIONE RISERVATA

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