SAN CASCIANO – Vasco Cinelli è sancascianese per eccellenza ed una vera e propria istituzione: quando arriva nelle stanze della Misericordia con la sua divisa giallo-azzurra, porta una ventata di buonumore.
“Sono nato il 29 dicembre del ’37 al Poggiale – racconta – e ho due fratelli: Mario del Bar Cinelli al Bardella e Franco, il mio gemello tutto diverso da me”.
“Anche il mio babbo e il mio nonno sono nati a San Casciano. Io, senza meriti, ho lavorato in tre posti diversi – continua Vasco – e passato 46 anni alla Misericordia. Ho iniziato al consorzio agrario del Tafi, come collaudatore dei mezzi”.
“Poi sono passato all’OMME del Nalbini Bruno in Via Kennedy – prosegue – e ho fatto il camionista per dieci anni. Per la Misericordia, ho vinto il bando di concorso nel ’69. Nel ’70 sono entrato per prova e nel ’71 mi hanno assicurato come dipendente”.
“Insomma – riassume – sono un mestierante di San Casciano e non ho mai lavorato al di fuori del paese”.
“In questo frattempo – prosegue – per 20 anni sono stato alla Misericordia 24 ore su 24. In quel periodo c’ero praticamente sempre: giorno, notte, mattina e sera! Sono andato in pensione nel ’96. Da allora, faccio comunque il volontario e ci sto dalle 7 fino al primo pomeriggio”.
“Come Fratelli della Misericordia, s’è vissuto il periodo del Mostro di Firenze ed è una delle cose che mi sono rimaste impresse, ma piĂą di tutte – precisa Vasco – c’è stato l’inizio della superstrada: negli anni ’80 non c’era il guardrail in mezzo e facevano tutti incidenti frontali. Le domeniche c’erano due o tre morti, soprattutto giovani che correvano la notte”.
Ci mostra le foto delle prime ambulanze, nella veste di vecchi furgoncini bianchi Volkswagen.
“Dopo – ricorda – l’andamento è andato lineare e a migliorare. Io sono il responsabile dei mezzi e quando sono arrivato s’aveva due macchine. Adesso ne abbiamo 38, tra auto funebri, Misericordia e Protezione Civile”.
“Prima s’era in pochi – aggiunge – e ora siamo tanti. Nel quotidiano siamo passati da tre persone a 150 e s’ha una media di 60-70 chiamate, mentre si stava anche due giorni senza. C’è nato due o tre bambini in ambulanza e le dialisi non c’erano. Oggi, si porta la gente e poi si va anche a riprenderla”.
“La Misericordia – tiene a dire – è davvero cresciuta in salute. Abbiamo tirato su anche gli ambulatori e si svolge veramente un servizio per il paese”.
Ma ancora, Vasco non è soddisfatto e tenta incessantemente di arruolare nuove leve. Ai ragazzi che temono di non farcela a sopportare i momenti difficili di un volontariato tanto importante, risponde col ricordo della sua prima notte in superstrada.
“Ci chiamarono – dice – perchĂ© una macchina era stata tamponata. Nei seggiolini dietro, purtroppo, era morto un bambino piccolo ed io avevo da poco una figliola”.
“Mi sono chiesto chi me lo facesse fare – confessa – e sono tornato a casa demoralizzato, ma sono ancora qui e, in fondo, penso anche d’aver portato del bene”.
Vasco è la memoria storica di quest’associazione ed attraverso di lei ha vissuto a stretto contatto la nostra comunitĂ : “Di sancascianesi – afferma – c’è rimasto poco. La gente non ti conosce nemmeno e dopocena ti salutano in due. Questi ragazzi mi dicono sempre: “Oh Vasco, ma se ti salutan tutti!”. Tu vedrai, sono 46 anni che sto in mezzo a questo paese!”.
“San Casciano, comunque, è migliorato tanto – sostiene – nell’amministrazione e nelle famiglie. Noi e il Tanini si fu tra i primi che si rifece casa al Bardella, perchĂ© all’epoca via Leonardo da Vinci era solo una viuzza di campo”.
Anche l’augurio di Vasco si concentra sulla realtĂ che rappresenta tanta parte della sua vita: “A questo punto – conclude – il mio piĂą grande desiderio è di veder sorgere la nuova sede della Misericordia ai Macelli. Per quel che ha fatto se lo merita di uscire da queste vecchie mura e di andare nel meglio posto possibile”.
“Vasco Cinelli Italia” è il modo in cui lo chiamano scherzando i suoi colleghi piĂą giovani.
Questo piccolo grande uomo sembra il nonno di tutti e contagia col suo entusiasmo le persone che lo circondano.
Pare non esaurire mai la sua energia, ha fretta di tornare al lavoro e si vede che vive questa dimensione con passione, come se gli spazi accanto alla chiesa facessero ormai davvero parte di lui.
Tra battute e risate fragorose, ci si dimentica che qui si lavora col dolore.
SarĂ che è il sorriso lo spirito piĂą giusto per affrontare le peggiori paure e che a tutte le etĂ , insieme ed uniti, il volontariato fa bene all’umore.
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