SAN CASCIANO – Ogni paese ha le sue leggende e soprattutto i suoi nomi famosi. A San Casciano abbiamo il globetrotter di tutte le squadre di pallone. Tra le storie che lo vedono protagonista, quella dei mille gol in pista al campo sportivo e la sua innegabile capacitĂ di talent scout in ogni vivaio, di giovani donne e calcistico.
“Mi sento Sancascianese di mestiere – spiega Fabio Bennati – perchĂ© sono nato qui senza nemmeno arrivare all’ospedale. SicchĂ© sono proprio sancascianese di sangue. Lavoro a Firenze, ma sono sancascianese d. o . c.!”.
L’avventura calcistica nelle squadre del territorio si avvia per Fabio all’etĂ di 12 anni: “Quando ho cominciato io – racconta – non era come ora, che iniziano da piccolissimi. Io ho iniziato dagli Esordienti e addirittura mi mettevano nelle squadre di sopra. Ho fatto tutte le categorie successive e a Mercatale si vinse il campionato. Poi mi sono rotto i legamenti e ho cominciato il calcio a 5 con Samuele Corsi e Fabio Fusi. Ho provato tanti altri sport, ma il calcio ce l’ho nel sangue e non l’ho mai abbandonato”.
“Negli amatori – prosegue – mi sono proprio divertito”. Ha giocato nell’Arci di Angelo Sorbi ed Andrea Salvini, col quale ha avuto un rapporto calcistico e un’intesa “mondiali”. L’anno scorso è stato allenatore del G. S. Misericordia in coppia con Marco Calosi.
“Calcisticamente – confessa – il mio ricordo migliore è il periodo dai Giovanissimi alla fine degli Allievi, con gli allenatori Matteucci, Leoni e Busoni. Lavorativamente, da quando ho cominciato a lavorare al pubblico, ma soprattutto quando ho scoperto il mondo immobiliare in cui mi ero lanciato per caso e che invece è stato una vera svolta”.
“Di lavori ne ho fatti tanti – continua – cominciando da Nello come cameriere e poi come pellettiere a Mercatale. Poi sono stato dal Parri, dove si facevano scatole per il vino di legno e di cartone. Successivamente ho fatto il corriere, ho lavorato all’Italiana Immobiliare e poi da Rolando Nesi. Dopo ho fatto di nuovo il cameriere, a La Fattoria di Tavarnelle. Ora sono a Firenze, alla Team Statuto Immobiliare”.
“Prima – ammette Fabio – il gioco del calcio era molto piĂą tecnico. Ora si basa sulla velocitĂ e sul fisico e secondo me è piĂą brutto da vedere. Noi si giocava fuori, mentre adesso i ragazzini entrano al campo veramente da piccoli. Questo accade sia per bisogno economico delle societĂ , sia perchĂ© i genitori hanno meno tempo da dedicare ai figli e li mandano subito a fare sport”.
In queste partite negli spazi fuori dal campo, è nata la leggenda del “re della pista”, secondo la quale Fabio avrebbe fatto ben mille gol all’interno dello spiazzo riservato al ballo liscio e ai tavoli della Pizzeria.
“Per quanto riguarda la dimensione amatoriale – procede – prima era organizzata meglio ed era molto bella. Si iniziava piĂą tardi, ma si smetteva anche dopo e si giocava per passione del calcio, non perchĂ© non si sapeva che fare. Ora la maggior parte dei ragazzi smette prima, anche se sono bravi. Vivono l’impegno amatoriale come passatempo e lo affrontano con poca serietĂ ”.
“Di San Casciano – sostiene – mi piacciono la centralitĂ , il clima e il fatto che è differente dagli altri paesi anche a livello di vita. Non è nĂ© troppo paese, nĂ© troppo di piĂą. Abbandonarlo mi resterebbe difficile”.
“Quand’ero ragazzino – ricorda – la vita a San Casciano era troppo bella e andavi a Firenze proprio per vedere un pochina di cittĂ . Penso soprattutto alle feste paesane dove c’era un altro sapore rispetto ad oggi, che però non credo si sia perso solo qui. Di sicuro è successo gradualmente: ti fermi un attimo e ti accorgi che è cambiato qualcosa”.
“Anche i Sancascianesi sono diversi – aggiunge – soprattutto per quanto riguarda i ragazzi giovani. Si è seguito il mutamento generale, che si vede alla stessa Festa de L’UnitĂ , oppure alla Casa del Popolo. Fin da piccino, sono sempre riuscito a interagire con tutte le generazioni, a stare bene con tutti e a parlare con persone di tutte le etĂ ”.
“Di questo paese non cambierei niente – conclude – perchĂ© deve seguire le orme del tempo. Mi piacerebbe tornasse come lo ricordo, ma so anche che sarei egoista e non sarebbe giusto, perchĂ© non reggerebbe la botta col resto del mondo. Non rimpiango di tornare a 20 anni, ma riconosco che mi mancano quelle cose lì e questa sorta di sapore che un po’ si è perso. Mi auguro che San Casciano rimanga se stesso, perchĂ© anche se è cambiato mantiene il suo gusto che spero resista per sempre”.
Proprio in queste leggende di sorrisi e nella saggezza dell’autoironia sopravvive il sapore di buono che ha fatto la storia della nostra comunitĂ e che accompagnerĂ sempre i ricordi di ognuno di noi.
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