MERCATALE (SAN CASCIANO) – Ormai quella dei falsi carabinieri che chiamano, truffando le famiglie inventando situazioni che vedono coinvolti i loro familiari, è una vera e propria piaga.
E no, non dite (e neanche pensate) che “a me non potrebbe capitare”. E’ probabilmente il regalo più grosso che potreste fare ai truffatori.
Sono professionisti, sanno quello che fanno e quello che dicono. L’unico modo per combatterli è l’informazione, continua, e la tutela delle persone a noi care. Partendo (anche) da noi stessi.
Grande è anche l’impegno da parte dell’Arma dei carabinieri a scopo preventivo, con incontri e assemblee sul territorio.
Ma quando quel telefono squilla e dall’altro capo iniziano con la loro opera, spesso è difficile districarsi da quella che è una sorta di tela del ragno.
Ce la racconta, per filo e per segno, una donna che (purtroppo) ha subito la truffa nei giorni scorsi.
Lo fa perché, una volta di più, vuol cercare di mettere in guardia, dopo la sua esperienza. Che le è costata anche tanti ricordi di famiglia, per un valore di circa 10mila euro.
“Vivo nella campagna intorno a Mercatale – inizia il suo racconto la donna, che è venuta a trovarci nel nostro ufficio di redazione nel cuore di San Casciano – in una zona molto isolata. Ho 65 anni, e non mi ritengo comunque una sprovveduta. E invece è accaduto”.
Prosegue così: “Mi hanno chiamato di mattina, una voce maschile, senza inflessioni particolari. Si sono presentati come carabinieri di Firenze, della Stazione di Santa Maria Novella, dicendo che mio figlio aveva avuto un incidente con l’auto”.
“Il caso – continua – ha voluto che la sera prima mio figlio, che vive a Firenze e che solitamente va a lavorare con il motorino, mi aveva detto che sarebbe andato in auto. Il falso carabiniere mi ha comunicato che si era distratto con il telefonino e aveva investito un motociclista. Che era in ospedale, con gravi ferite”.
La tela è in fase di tessitura: “Mi ha detto che la sua famiglia, avendo 28 anni, aveva chiesto il processo per direttissima. Mio figlio rischiava molto: me lo hanno passato e una voce che non riuscivo a intuire bene, perché piangeva e sbraitava, si disperava. Il falso carabiniere diceva di calmarlo, di dargli da bere”.
Ci spiega meglio anche la tecnica del doppio telefono occupato: “Sono stata chiamata sul telefono di casa, ma mi ha chiesto il numero di cellulare perché diceva di sentire male. Io ho messo giù il telefono di casa, ma mi ha detto che doveva rimanere attivo per registrare la telefonata: così ha richiamato anche sul fisso, e con entrambi i telefoni occupati io non potevo in nessun modo contattare mio figlio”.
“E’ stata oltre un’ora – continua nel suo racconto – nella quale mi ha tenuto sempre in tensione, dicendo che avrebbe pagato l’assicurazione ma serviva un deposito precauzionale di 6mila euro. Non dovevo però andare in banca, ma raccogliere quel che avevo in casa. Avrebbe mandato un militare in borghese a prenderlo”.
“Ho visto che è arrivato un uomo con un furgone – ci dice ancora la donna – Al telefono ho detto che non poteva essere lui, e il falso carabiniere ha detto che no, era un altro. Ma poi mi ha bussato alla porta, l’ho anche seguito e ho visto che andava su quel furgone. Ma la voce intanto continuava a tenermi sulla corda, dicendo che il ragazzo ferito era stato operato, che c’era stata una emorragia, che la situazione si era aggravata, ripassandomi quello che doveva essere mio figlio. Sempre più disperato e indistinguibile, fra urla e pianti”.
Il falso militare in borghese prende oro e gioielli e riparte. La donna però è davvero in una stato di totale agitazione: “Ho preso l’auto e sono andata verso Firenze, verso il Tribunale. Lei non attacchi il telefono, mi diceva il falso carabiniere, fino a che non arriva in Tribunale. Io guidavo in modo automatico, pensavo a mio figlio che si era rovinato la vita. Una volta arrivata a Firenze ho ripreso il telefono in mano, e non c’era più nessuno: il numero? Da sconosciuto”.
“Così ho chiamato la Stazione dei carabinieri di Santa Maria Novella – e qui si svela tutto – Mi hanno detto subito che era una truffa, di chiamare mio figlio: che mi ha subito risposto, era a lavoro, ovviamente”.
“Sono subito tornata a San Casciano – conclude – e venuta subito a denunciare tutto quanto alla Stazione dei carabinieri di piazza Cavour: sento anche che a qualcuno a cui è accaduto si vergogna a denunciare. Ma non deve essere così. Purtroppo sono professionisti, sanno quel che fanno, ti fanno come… entrare in una parte. Da cui, se trovano una situazione favorevole (io vivo isolata, mio marito è morto da anni, mio figlio era andato per l’appunto a lavoro in auto quando di solito va in motorino) posso riuscire a circuirti”.
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