Non consento di essere etichettato come un ultra ambientalista fanatico, inferocito contro qualsiasi minuto torto fatto alla natura.
Ciò che ho visto, fotografato, e commentato senza nessun riguardo per nessuno, è quello che è.
Non sono interessato a colpire l’azienda operatrice del taglio, e neppure la proprietà.
# “Taglio boschivo sopra a Lamole: se davano fuoco… facevano minor danno”
# La parola all’esperto: “Quel bosco nelle foto è stato sottoposto a un taglio regolare”
Non sono interessato manco a colpire l’amministrazione, tanto meno per logiche politiche.
Il mio interesse è sollevare l’attenzione su quello che, se non esposto subito, si promuove per diventare drammatico e irreparabile.
Non si può parlare di economie green, di salvaguardia dell’ambiente, di natura e turismo ambientale, per poi togliere le fondamenta a supporto a tutto ciò.
Tagliando bosco in un’accelerazione di ritmo tale da azzerare il patrimonio in tre anni.
Comprendo che il bosco rappresenti un’economia per il proprietario, e magari in alcuni casi anche per le comunità, ma le cose cambiano, il mondo cambia.
Era un’economia l’amianto, era un’economia il DDT, e tanti dottori ne hanno difeso a spada tratta la contestazione.
Non è il mondo di trenta anni fa.
Non è il bosco di trenta anni fa.
E quel lavoro è una cosa inguardabile e umiliante, sopratutto per ogni chiantigiano che ha avuto modo di vedere quei boschi prima.
Se le regole consentono, ad un certo punto, si cambiano le regole.
Marco Cappelletti
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