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sabato 7 Giugno 2025
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    Il grido di dolore della cooperativa Le Rose: “Se verremo chiusi sarà una perdita per tutto il territorio”

    "La proprietà dell’immobile (la Asl) ci ha intimato di “sgomberare cose e persone” entro 30 giorni con una lettera di tre righe. E ha tolto il trasporto a una ragazza che viene qui da 20 anni"

    LE ROSE (IMPRUNETA) – Siamo in molti nel nostro territorio a conoscere le attività delle cooperativa Le Rose, sulle colline imprunetine che “guardano” la Certosa.

    Cooperativa che da decenni ospita ragazzi diversamente abili, in percorsi di formazione, creatività, condivisione e comunità.

    Il suo grido di dolore (e di aiuto) è quindi un grido che ciascuno di noi deve ascoltare. Fare proprio e rilanciare. Per cercare, in tutti i modi, di scongiurare il peggio.

    “Giù le mani da Le Rose – dicono dalla cooperativa – Ci vogliono tempo e cura prima che una pianta diventi forte e rigogliosa. Trent’anni ci sono voluti alla cooperativa Le Rose per diventare quel luogo di creatività, bellezza e accoglienza che chiunque venga a trovarci può sperimentare”.

    “Un luogo – proseguono – che trent’anni fa era un cumulo di macerie e che la passione dei fondatori ha permesso che oggi venga chiamato Casa dai ragazzi e dalle ragazze diversamente abili che lo frequentano tutti i giorni. Una Casa che si è aperta al territorio proponendo laboratori, momenti di socializzazione, integrazione e cultura a tutti e tutte, sempre cercando di lanciare uno sguardo trasversale e inclusivo sulle diversità e l’emarginazione, convinti che, attraverso la valorizzazione e la cura, la diversità possa essere fonte di ricchezza e fertilità”.

    “Generazioni di bambini – dicono ancora – si sono nascosti nel tunnel e nel labirinto dell’Ortoarte e hanno danzato come pellerossa intorno ai Totem sparsi nel giardino che circonda la Casa, partecipando alle molteplici attività e ai laboratori creativi, artigianali ed artistici che la Cooperativa ha proposto negli anni”.

    “Tutta questa bellezza – annunciano – oggi rischia di morire. Un anno fa la proprietà dell’immobile (di cui paghiamo regolare affitto e il cui contratto terminerà nel 2027) ci ha chiesto di verificare lo stato della Casa perché intenzionata a portare a termine le ristrutturazioni che in passato anche noi avevamo più volte richiesto”.

    “Ci è sembrata un’occasione – riprendono – perché la Cooperativa potesse diventare ancora più bella e accogliente per i nostri ospiti. Mai avremmo pensato che dopo dieci mesi la proprietà dell’immobile ci avrebbe intimato di “sgomberare cose e persone” entro 30 giorni dalla ricezione dell’avviso, una lettera di tre righe che non proponeva nessuna alternativa e non si faceva carico delle ricadute che la chiusura della struttura avrebbe comportato per gli ospiti”.

    “Noi, che da trent’anni conosciamo e lavoriamo con gli ospiti della cooperativa e con le loro famiglie – ammoniscono – siamo invece consapevoli del rischio che l’interruzione dei servizi offerti dalla cooperativa comporterebbe sulla tenuta dell’equilibrio socio-psicologico e sull’andamento terapeutico degli ospiti e dei loro familiari. Senza contare che il territorio verrebbe privato di un servizio che molto avrebbe ancora da offrire anche nei prossimi anni”.

    “La situazione che proviamo a sintetizzare – argomentano – risulta ancora più drammatica se consideriamo che la proprietà dell’immobile è proprio l’ente che dovrebbe occuparsi della salute di tutti: la Asl. Per scongiurare la chiusura dopo Natale ci sono stati proposti verbalmente dall’ Asl alcuni interventi e miglioramenti da apportare alla struttura che la Cooperativa ha provveduto a sostenere a sue spese”.

    “Ma anche questo non è bastato – informano – a evitare che la Asl ci inviasse un ulteriore ultimatum per il 7 aprile, giorno in cui i suoi rappresentanti si sono recati in Cooperativa per chiedere la riconsegna delle chiavi. Di fronte al nostro diniego la loro risposta è stata quella di sospendere le rette e il trasporto di una delle nostre ospiti, che da un giorno all’altro si è trovata impossibilitata a recarsi in Cooperativa”.

    “La comunicazione – accusano da Le Rose – è arrivata alla famiglia la mattina stessa dell’inizio della sospensione, proprio mentre la ragazza aspettava con fiducia la macchina che da più di venti anni la accompagna in Cooperativa e che non sarebbe mai arrivata”.

    “Ci sembra infine crudele – rilanciano – che questo intervento avvenga dopo più di un anno di pandemia, un anno difficile per tutti in particolare per i soggetti più deboli ed indifesi e per le loro famiglie che vivono questo periodo complesso in cui sono chiusi tutti i centri di socializzazione con maggiore disagio. La minaccia che stiamo subendo è quella che vengano sospese tutte le rette e i trasporti dei nostri ospiti se non lasceremo la struttura”.

    “Noi – dicono ancora – siamo più che disponibili a trovare una soluzione a questa impasse e a lasciare l’immobile temporaneamente, anche riducendo – pur non senza difficoltà – le nostre attività, ma solo quando verranno definiti in maniera chiara costi, tempi e destinazione d’uso futuro della struttura. Questi punti però ad oggi non sono mai stati discussi e valutati, e noi sentiamo la responsabilità di dare voce agli ospiti delle Rose per difendere e garantire anche in futuro la loro presenza in Cooperativa”.

    “Chiediamo sostegno e aiuto alle amministrazioni pubbliche – concludono – che hanno potuto verificare negli anni la ricchezza e la passione del nostro lavoro e facciamo appello alla sensibilità della Regione Toscana sui temi della disabilità e dell’inclusione affinché vengano attivati tutti gli strumenti atti a scongiurare una chiusura di questo patrimonio. Le Rose sono una risorsa del territorio e della comunità, se verranno chiuse avremo perso qualcosa tutti e tutte”.

    @RIPRODUZIONE RISERVATA

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