STRADA (GREVE IN CHIANTI) – Quella che Francesca invia al Gazzettino del Chianti è una toccante lettera-testimonianza di una persona che soffre.
Arriva da Strada in Chianti la descrizione delle sue giornate, della sua vita, che ha intrecciato per sempre una malattia rara, inguaribile.
Ve la riportiamo qui sotto, integralmente, inviando a Francesca il nostro augurio e ringraziandola di aver scelto il nostro giornale per condividere con tutti la sua sofferenza. Che però, in fondo, ha sempre una luca di speranza.
"Avrò avuto circa 16 anni quando ho iniziato a notare dei piccoli bozzolini all'inguine. Il mio medico ha pensato che si trattasse di una banale follicolite legata all'adolescenza, o qualche pelo incarnito. Per cui mi ha prescritto una crema antibiotica e, in effetti, i bozzolini sono spariti.
Fino a quando, a 40 anni, sono ricomparsi, ma un po' più grossi e più dolorosi. La crema di un tempo non faceva più effetto, mentre i bozzolini a poco a poco si estendevano anche all'altro inguine. Il dermatologo al quale mi sono rivolta non riusciva a capirne l'origine e così mi ha indirizzato a una clinica dermatologica.
Qui hanno subito fatto la diagnosi di acne inversa, o meglio, di Hidrosadenite Suppurativa al 1° stadio. Mi hanno detto che per questa malattia non c'è una cura e che si sarebbero mossi per tentativi.
Il primo è stato una radioterapia che aveva lo scopo di seccare le lesioni. In realtà, queste sono rimaste e, in più, il trattamento mi ha bruciato la pelle dell'inguine che, ancora oggi, è di colore violaceo.
Quindi, sono stata curata con pomate, farmaci immunosoppressori e anche chemioterapici. Ma senza nessun risultato. Anzi, la malattia andava sempre più avanti. Così ho deciso di informarmi su Internet e finalmente ho scoperto l'esistenza di un'associazione, Inversa Onlus che ho subito contattato e che mi ha prontamente sostenuta.
Presso questa associazione, i cui soci fondatori sono pazienti con questa patologia, ho trovato conforto e informazioni che fino a questo momento non avevo avuto neanche dai medici e ho saputo anche dell'esistenza di centri specializzati (Venezia, Ferrara, Pisa; Roma, Cagliari) .
Io mi sono rivolta a Venezia. Lì ho scoperto che la malattia, nel giro di un anno e mezzo, era ormai arrivata al 3° stadio, e sono stata dichiarata inoperabile dai medici che mi hanno vista ma potrei avere altri pareri se non fosse per me molto costoso spostarmi ancora.
Talvolta si può tentare di rimuovere chirurgicamente le cisti e i tessuti malati. Le mie lesioni , invece, sono state dichiarate troppo estese per essere operate, infatti interessano i glutei, l'osso sacro e le cosce.
Nel mio caso, ormai essendo la malattia cronicizzata, si formano in continuazione cisti che poi formano a sua volta delle fistole che buttano fuori continuamente pus, la mia pelle nelle parti colpite e tutta un cheloide, in questi punti il dolore è fortissimo e costante sembra quasi che a livello sottocutaneo tutto bruci, come fosse un fuoco sotto che provoca un’ ustione, oltre a compromettere seriamente la mia deambulazione.
Oggi, dopo 7 anni dall'esordio della malattia, sono costretta a vivere fasciata dalla vita fino alle cosce.
Convivo con dolori lancinanti che riesco a placare solo con l’uso di oppiacei fornitemi in quantità però insufficiente tanto da costringermi a rimanere a letto spesso e volentieri dal 20 al 30 di ogni mese.
Più volte ho chiesto ai medici preposti a farlo (che non sono gli specialisti di questa malattia) che mi fossero aumentati gli antidolorifici, ma come risposta ho ricevuto addirittura l’appellativo di “tossicodipendente” a causa dell’ignoranza (nel senso di non conoscenza) su quanto sia effettivamente dolorosa questa malattia per lo più sconosciuta alla stessa categoria medica. Conoscono il nome se lo conoscono , ma non la malattia .
Ovviamente la mia vita è cambiata. Ho perso il lavoro a causa della malattia, ero una sportiva, per 20 anni ho insegnato nuoto e giocavo a tennis , ora invece per me lo sport è un lontano ricordo, riesco a indossare solo leggins di cotone perché qualsiasi altro indumento mi dà fastidio, porto maglie lunghe per camuffare le fasciature.
Uno dei grossi problemi di questa malattia è il suo non riconoscimento e la sua classificazione, nessun riconoscimento di patologia cronica o rara equivale a dire nessuna esenzione per esami e farmaci e nessuna invalidità.
Le spese sono a carico del paziente, sia per accertamenti che per tutti i device incluse le medicazioni avanzate che comportano costi elevati.
Una persona affetta da Hs al mio stadio deve utilizzare garze di tessuto non tessuto, adatte al tipo di lesione che questa malattia provoca, costano circa 5 euro a scatola e nel mio caso me ne necessitano almeno due scatole al giorno, alcuni antibiotici, gli antidolorifici, e i detergenti per l’igiene quotidiana; a questo si sommano i costi del personale specializzato che dovrebbe eseguirle.
Abbiamo notevoli problemi anche per l'accesso alle terapie innovative (farmaci biologici) necessarie con esenzione e disparità tra una regione e l'altra.
La terapia del Dolore è ancora un tabù, spesso non viene nemmeno proposta al paziente perché non è preso in considerazione il fatto che l’HS è una malattia dolorosissima.
Anche l'acquisto di alimenti privi di lieviti che parrebbe siano più adatti a noi in quanto frenerebbero i processi infiammatori è totalmente a nostro carico ed invece in assenza di studi precisi e specialisti realmente interessati anche questo aspetto è trascurato, così come lo è quello psicologico.
Un recente studio svolto in collaborazione con il Laboratorio di culture organizzative e di consumo della Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano per valutare l'impatto psicologico della malattia e l'enpowerment del paziente, mette in evidenza che nell'80% dei casi la persona assistita non si sente arruolata dal centro a cui si rivolge. E' malato e solo.
L'HS (Hidrosadenite Suppurativa) insomma è una malattia sociale in quanto da ripercussioni anche sulla vita di relazione, sul lavoro e non ha alcuna tutela.
Per anni mi sono sentita sola, non compresa neanche dai medici che inizialmente mi hanno seguita, poi però cercando su Internet qualcosa sulla malattia, mi sono imbattuta su un Forum di Inversa Onlus (un’Associazione di pazienti affetti da Hidrosadenite Suppurativa) e mi si è aperto un mondo .
Ho scoperto che in Italia vi erano centri specializzati con medici che conoscono veramente questa malattia, ho scoperto che non ero la sola a soffrire quanto soffro, che non ero la sola a dover combattere sempre per riuscire ad ottenere qualcosa per la malattia (antidolorifici, invalidità civile, esenzioni e assistenza adeguata).
Il sapere che non sono la sola mi da la forza di andare avanti e cercare il più possibile di far conoscere anche come viviamo noi affetti da questa patologia sottovalutata da molti medici che si limitano a darle un nome e non vanno oltre lasciandoci soli nel nostro dolore.
Molti pazienti non hanno la forza di reagire a tutto questo e si ripiegano in se stessi , io per il momento ne ho le forze e farò di tutto perchè si senta anche la nostra voce e siano rispettati i nostri diritti di malati affetti da una grave patologia cronica e degenerativa dolorosissima quale è la nostra malattia.
La forza me la da costantemente l’associazione nella condivisione e nel sostegno.
Inversa Onlus si è fatta anche promotrice in Europa della nascita della Federazione Europea Associazione pazienti affetti da Idrosadenite Suppurativa (EFPO) per cercare di ottenere tutto ciò che è un nostro diritto avere. Giusi Pintori, la Presidente di Inversa Onlus ha ottenuto all'unanimità anche la presidenza europea.
Le priorità sono per noi consapevolezza scientifica e sociale e ricerca. Ma abbiamo necessità che se ne parli soprattutto per tutti coloro che ancora oggi brancolano nel buio senza aiuti e senza speranze. La speranza si crea con paziente lavoro così come la nostra associazione fa incessantemente da anni".
Francesca
di Redazione
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