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giovedì 28 Marzo 2024
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    Giulio Bencistà lo racconta al Gazzettino: storie, aneddoti, persone

    Nella scuola ci ha passato ben 62 anni. Giulio Bencistà racconta tutto questo periodo, passo passo, in un libro-diario che parte dalla sua infanzia e finisce negli anni in cui ha diretto l'istituto comprensivo di Greve.

     

    Preside lo è stato per 31 anni passando per Tavarnelle, Figline, Montespertoli, Firenze per tornare poi a lavorare per lungo tempo nella sua Greve. “Se dovessi dire che cosa ha segnato di più il mondo della scuola in tutti questi anni direi il '68 – spiega Bencistà – ero professore di lettere alle medie allora. Con la nascita del tempo pieno l'organizzazione è molto cambiata. In positivo, perché i bambini invece di essere in giro hanno avuto la possibilità di stare a scuola, ma anche in negativo. Mi attirerò delle critiche ma credo che negli anni la preparazione degli insegnanti il cui numero è triplicato nella scuola, sia peggiorata. Un problema che tira in ballo l'università senz'altro”.

     

    Si ricorda con affetto gli anni in cui si trovava davanti alla cattedra, tra i quaderni, riconoscente ai suoi insegnanti per quanto ha imparato. Racconta di quando è stato studente lavoratore ante litteram: “Facevo l'insegnante di educazione fisica negli anni universitari. Con il diploma delle magistrali allora era permesso. Sono stato insegnante precario per cinque anni, ho fatto il concorso e poi son partito per fare il militare. Solo dopo quel periodo ho preso l'abilitazione per diventare insegnante di lettere. Son stato professore per 9 anni, 31 li ho passati da dirigente scolastico”.

     

    L'autobiografia nasce per una passione della scrittura, ma prima di questo libro l'ex preside ha pubblicato ricerche storiche e a tema scolastico, che richiedevano uno stile ben diverso da quello del diario, destinato in realtà a un ristretto gruppo di amici e conoscenti e non alla commercializzazione.

     

    Ricco di aneddoti, fatti e riferimenti a persone conosciute durante tutti i 62 anni scolastici, il libro di Bencistà passa dal citare i nomi dell'infanzia a rarefare con iniziali e appellativi i personaggi delle sue storie più attuali. Quelli a cui sono destinate le descrizioni più curiose, a volte maliziose, che, se la diffusione del libro fosse più capillare, non mancherebbero di infarcire i pettegolezzi di paese.

     

    Come il commento sulla supplente criticata dai genitori di “essere più brutta” con i propri figli durante l'orario della mensa, “Oddio, bella non era, ma c’era proprio bisogno di dirglielo in faccia?”, scrive l'autore del diario della vita scolastica grevigiana. Un collaboratore è chiamato “il professor Signorsì” e di una insegnante il preside confessa: “Molti dei problemi che ho avuto in quel periodo in buona parte mi sono stati provocati dalla B.”

     

    Di una fidata custode dice che “qualcuno scambiava la sua vivacità per strafottenza”. Ma nel libro tanti sono anche gli apprezzamenti ai colleghi come quella professoressa di francese: “ In classe era assai brava, nelle riunioni creativa ed equilibrata e in ogni momento bellina e di gentile aspetto come il Manfredi di Dante Alighieri” a cui si aggiunge un altro tocco di malizia: “Sul colore dei capelli, trattandosi di una donna, è meglio non pronunciarsi”.

     

    Il dirigente scolastico racconta le difficoltà più acute che ha dovuto superare, molte legate ai casi sollevati da articoli di giornali, altre legate alle supplenze tra tante situazioni paradossali come la storia della supplente che parte in macchina per raggiungere Panzano e si accorge che la strada da percorrere era troppa proprio il primo giorno del suo servizio “si attaccò al telefonino, rinunciò alla supplenza e se ne tornò a casa”.

    di Lisa Baracchi

    © RIPRODUZIONE RISERVATA

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